Il Corriere del Ticino, 27.4.2006
Tuttavia per Berlusconi non vale lo stesso pretesto che invocò Schröder a suo tempo, cioè colpevolizzare i media per la propria caduta politica. Questa non l’avrebbero bevuta nemmeno gli stessi seguaci del premier italiano. Chi come Silvio Berlusconi ha avuto il controllo delle sei reti televisive più importanti del paese ed è azionista di maggioranza della più grande casa editrice, difficilmente può cadere in balia dei giornalisti. Berlusconi ha compiuto il capolavoro, giocarsi la maggioranza nonostante la sua supremazia mediatica ed una debole opposizione, per poi arrivare ad accusare il proprio Ministro degli interni di brogli elettorali. Ci sono ulteriori somiglianze tra Berlusconi e Schröder: entrambi avevano la fama di grandi comunicatori. Entrambi, uno in veste di cancelliere mediatico, l’altro nei panni di magnate e premier, hanno giocato con i media in maniera populistica e arrogante. E alla fine entrambi hanno perso.
Durante la campagna elettorale italiana non c’è stata gaffe che Berlusconi abbia perso occasione di fare. Ricordiamo ad esempio quando Lucia Annunziata in veste di giornalista televisiva ha posto a sua maestà delle domande critiche e Berlusconi è corso rabbioso fuori dagli studi televisivi davanti alla telecamera accesa. I giornalisti non hanno avuto bisogno di essere contro Berlusconi. È stato sufficiente fare il loro dovere di cronisti e riportare come il premier, esibizione dopo esibizione, andava screditandosi di fronte ai media.
Si può dunque assumere che Berlusconi alla fine sia caduto nella stessa trappola in cui cascò Schröder, come altri politici e militari prima di loro. Nei conflitti – nelle campagne elettorali come in guerra – entrambi gli schieramenti considerano i media ostili. Ricercatori americani nel campo dei media lo definiscono «hostile media phenomenon». In ogni caso, eccetto per i giornali di partito, per i media non è mai saggio schierarsi. Significherebbe allontanare quella parte del proprio pubblico che la pensa diversamente intralciando il proprio successo commerciale – una prospettiva che nei paesi latini stenta a diffondersi rispetto ai paesi di lingua francofona e anglofona.
Sarà avvincente vedere quale sarà il seguito. Diversamente da Schröder, Berlusconi ha accumulato tanti milioni e non si vedrà certo costretto a rimettersi nelle mani di Putin o di Ringier. È invece molto probabile che, come in precedenza accadde per Helmut Kohl e Giulio Andreotti, diventi oggetto di scandalo. Aspettiamo e vediamo, dopo la caduta del monumento, cosa ci riserva la giustizia italiana liberata dal suo bavaglio, insieme alla collaborazione di quei media di cui Berlusconi non ha il controllo. Forse l’acquisto di una casa in Svizzera è il primo indizio della sua intenzione di sottrarsi a tutto questo. Nel frattempo ci auguriamo che i capobranco della politica possano trarre esempio dall’ Inter: un po’ di spirito sportivo nel ruolo del perdente donerebbe senz’altro ai Berlusconi e Schröder del nostro tempo.