Troppo acritici? Troppo politici? Troppo faziosi? Un’ampia ricerca della Fondazione Otto Brenner ha mostrato come i giornali e media online tedeschi hanno trattato la crisi dei migranti e ha fornito spunti interessanti per spiegare le ragioni della spaccatura tra il pubblico e gli organi di informazione. Secondo i risultati dello studio, le testate esaminate si sarebbero per lo più concentrate sull’élite politica e avrebbero affrontato il tema con un tono troppo didascalico.
Il ricercatore Michael Haller ha esaminato, in collaborazione con il suo team e l’Istituto di informatica dell’Università di Lipsia, la copertura della crisi dei migranti in un processo di studio che si è svolto su diversi livelli. La ricerca ha toccato, ad esempio, l’“intensità” (frequenza e ampiezza), il “tipo” (contesti e rappresentazioni), gli “attori” (persone e organizzazioni citate nei testi) e il “punto di vista” (cronaca e commenti) di 35mila articoli che coprivano il tema “crisi dei migranti in Germania”. A questo scopo, i ricercatori hanno ricostruito gli eventi tra febbraio 2015 e marzo 2016, identificandone dieci di particolare rilevanza e analizzando gli articoli a essi dedicati. In un secondo momento, invece, sono stati valutati anche gli articoli di commento puri ed è stato anche ricostruito e analizzato il ciclo della notizia del termine “Willkommenskultur” (“cultura dell’accoglienza”), centrale nel dibattito tedesco sul tema. Lo studio è stato pubblicato online sotto forma di rapporto di quasi 200 pagine.
I media e gli eventi
Per ricostruire gli eventi fondamentali, sono stati esaminati i contenuti sul tema migranti di tre media tedeschi: il notiziario televisivo Tagesschau, Spiegel Online e il sito web Tagesschau.de. Nella prima metà del 2015, il notiziario televisivo ha trattato il tema, in media, ogni tre giorni (da 10 a 12 volte al mese). Anche la panoramica annuale dei contenuti delle due piattaforme online mostra che fino a luglio il numero di pubblicazioni era al di sotto delle 100 al mese, ma è salito poi esponenzialmente a 546 (Spiegel) e 590 (Tagesschau.de) nel mese di agosto. L’andamento del numero di servizi è poi diminuito nuovamente nel corso dell’anno (351/357 a settembre, 209/227 a ottobre). Secondo Haller, questo andamento mostrerebbe “in primis la bassa importanza iniziale data al tema e, in seguito, la drammaticità degli eventi e dei conflitti a loro connessi”.
I ricercatori ipotizzano che i numerosi legami tra gli eventi analizzati e la loro pluridimensionalità potrebbero spiegare il lavoro di selezione troppo debole svolto dalle redazioni e, di conseguenza, il potenziale sovraccarico informazionale sul tema ai danni delle audience. Questo avrebbe sopraffatto il pubblico e la sua percezione selettiva, infine, potrebbe avere influenzato anche il suo atteggiamento. Per capire come la percezione del pubblico sia stata condizionata, Haller e i suoi collaboratori hanno analizzato la copertura mediatica in modo ancora più dettagliato.
Ricostruzione e analisi degli eventi principali
In primis, tutti gli avvenimenti sono stati associati ai news value della “vicinanza”, del “conflitto” e alla percezione dei destinatari. Dopo questo processo sono stati identificati dieci eventi principali: una content analysis di 1687 articoli a loro dedicati e pubblicati da Frankfurter Allgemeine Zeitung, Süddeutsche Zeitung e Die Welt ha mostrato come siano stati prevalentemente articoli di cronaca e di commento a trattare questi fatti. Solo circa il 4% dei testi era infatti discorsivo (per esempio interviste) e solo circa il 6% era composto da autentiche ricerche e/o formati narrativi (per esempio reportage). Al contrario, quasi il 20% dei testi era vicino al genere del commento.
Lo studio ha osservato che, tra quelli citati negli articoli analizzati, due attori rilevanti su tre appartenevano alla politica istituzionale. Il 43% di questi parlava addirittura come portavoce della Repubblica, mentre il 20% rappresentava invece un’istituzione politica estera. Degli attori attribuibili a un partito specifico (pari a un terzo delle personalità rilevanti), più di un quinto era espressione di uno dei tre partiti al governo. Questi risultati sono stati confermati anche da quanto emerso dagli editoriali e dai commenti: anche in questo caso il 70% delle persone rilevanti apparteneva all’élite politica. Il secondo gruppo di attori più importante (9%), invece, era composto dal settore giudiziario (polizia, procuratori, tribunali, avvocati). I gruppi di sostegno e i volontari hanno costituito solo circa il 5% degli attori principali.
I reali protagonisti, profughi o migranti, sono stati attori principali solo in circa il 4% dei testi. In questo senso, l’analisi conclude che “il principio di qualità giornalistica di riferire in modo neutrale e obiettivo” non viene osservato per almeno il 50% dei contenuti mediatici analizzati. “Soprattutto, si è riferito della posizione di un politico in un modo che esprime giudizi di valore e, nel caso di rappresentanti dell’opposizione, anche in modo spregiativo”, si legge ancora nello studio.
Risultati per singoli media
Uno sguardo sui singoli media mostra, però, chiare differenze nella copertura dei migranti: il quotidiano Welt, ad esempio, ha trattato il tema nel modo più esaustivo e presentando una varietà di attori. Si nota inoltre che, rispetto alla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), Welt si è prevalentemente astenuto dall’esprimere opinioni: “nei suoi commenti, invece, sosteneva in modo più marcato una posizione opportunistica, in alcuni casi anche neoliberale, trascurando il discorso sui diritti umani”, spiega Haller nel report.
Il quotidiano Faz ha adottato più spesso una posizione scettica o critica nei confronti della politica migratoria. La sua cronaca, invece, è stata piuttosto obiettiva e neutrale.
Süddeutsche Zeitung è stato il giornale a pubblicare più spesso articoli provenienti dai luoghi d’interesse e reportage sulle violenze da parte di gruppi d’estrema destra. Il reporting sull’élite politica è invece avvenuto piuttosto di frequente (29%) da una prospettiva di superiorità e onniscienza. Dallo studio emerge, inoltre, che i fatti avvenuti durante la notte di Capodanno 2015/6 a Colonia hanno segnato un cambiamento nell’approccio alle notizie: nel primo quadrimestre 2016, ad esempio, il tono degli articoli si è fatto più prudente e scettico ed è stato dato anche complessivamente meno spazio alle parole della politica.
Per quanto riguarda i contenuti di opinione, la ricerca ha analizzato qualitativamente anche quelli apparsi sul tabloid Bild, tra la fine di luglio e inizio ottobre 2015, con un totale di 136 articoli di commento identificati. L’attività di commento più intensa è stata riscontrata presso Faz, quella più debole presso Welt e Bild. E anche in questo caso è emerso come gli editorialisti dei quattro media principali si siano focalizzati per lo più sull’élite politica.
Willkommenskultur
Il termine che ha dominato durante il periodo analizzato e che ha avuto un ciclo della notizia molto ripido è stato “Willkommenskultur”. Per questo ambito sono stati analizzati anche 85 giornali regionali, per un totale di 26mila articoli. Di questi, 17mila sono stati analizzati con l’ausilio del text mining e i risultati hanno mostrato come i media regionali, toccando questo tema, spesso abbiano riportato solo le parole di una delle parti coinvolte. Infatti, nel 2015 sono apparsi il doppio di testi monologici, rispetto a quelli dialogici o discorsivi. “Stando ai nostri risultati, nei quotidiani la narrativa attorno alla ‘Willkommenskultur’ è stata trasmessa prevalentemente ‘top-down’ come un obbligo di norma con tonalità moralistiche”, osserva Haller parlando di questi risultati.
Eco mediatica
Lo studio di Michael Haller e dei suoi collaboratori ha generato un’ampia eco mediatica in Germania perché i media hanno tratto conclusioni troppo severo dallo studio. Il quotidiano Zeit, ad esempio, ha infatti pubblicato un articolo sullo studio intitolato “Studio della Fondazione Otto Brenner rivela che i media hanno fallito trattando la crisi dei migranti”. Questo tono è stato prontamente ripreso da altre testate, come la rivista online Telepolis, che ha riassunto lo studio dicendo che i giornali avrebbero agito più da educatori dei cittadini che da osservatori critici e che questo approccio pedagogico avrebbe influenzato l’informazione.
In realtà, non si può dire che lo studio rappresenti una bastonata per i media. Haller è riuscito piuttosto a formulare una possibile spiegazione per la generalmente constatata perdita di fiducia da parte del pubblico nei confronti dei media. A emergere è come la conformità dei media con le élite politiche e il tono in parte giudicante, in una fase di sovraccarico informazionale, avrebbero influenzato gli atteggiamenti dei lettori.
Questo studio è disponibile per intero come Pdf sul sito della Fondazione Otto Brenner. Articolo disponibile anche in tedesco, traduzione a cura di Georgia Ertz.