J.D. Lasica, giornalista, blogger ed esperto di social media, lo definisce una «creatura sfuggente» e afferma: «Chiunque sa che cos’è la partecipazione in rete, ma quando questa si può considerare giornalismo?… Il confine tra il giornalismo e la pubblicazione personale è molto labile grazie agli strumenti che rendono possibile per chiunque pubblicare e riportare notizie».
D’altra parte c’è chi crede davvero nel giornalismo partecipativo online e vi investe le sue risorse. Con successo. È il caso di Carlo Revelli e Joel de Rosnay, rispettivamente fondatore e co-fondatore di AgoraVox , il «Primo quotidiano online in Europa scritto dai cittadini » disponibile in lingua francese e inglese. Secondo loro la nuova tendenza dell’informazione, quella del futuro è proprio il citizen journalism, il giornalismo dei reporter di strada che scrivono sui nuovi giornali nati dal modello del social network.
Nata in Francia nel marzo del 2005, oggi AgoraVox è una fondazione indipendente con sede in Belgio che vanta un milione di visite al mese, 35.000 cittadini reporter, in gran parte europei e 40mila euro di raccolta pubblicitaria al mese. A dare spunto al progetto – così Revelli racconta sul suo sito – è stata la catastrofe dello Tsunami del 2004 e l’eco che essa ha avuto su internet grazie alle testimonianze, alle informazioni e alle immagini inviate dalle persone colpite e coinvolte in prima linea. Questo gli ha fatto comprendere che tutti, non solo i giornalisti formati e dedicati, possono ormai essere fonti di informazione.
Sulla scia del successo di questo primo progetto a breve ne seguirà un altro: AgoravoxItalia . Come e perché ce lo racconta Francesco Piccinini, Project manager e ideatore insieme a Carlo Revelli.
Come nasce e perché Agoravox Italia?
«AgoraVoxItalia nasce per tre ragioni. Nasce per volontà del fondatore di AgoraVox, Carlo Revelli. Nasce dalla volontà di portare in Italia lo stesso progetto editoriale che in Francia ha consentito di dare voce ai cittadini. Nasce, infine, da un incontro tra me e Carlo, da una visione comune del ruolo dell’informazione e dei problemi che la affliggono».
Sarà uguale al sito francese o ci saranno delle novità?
«Graficamente sarà completamente differente, mentre la politica editoriale sarà la stessa. La nostra politica editoriale è tutelata dalla nostra scelta di essere diventati una Fondazione indipendente volta a tutelare l’eterogeneità dei contribuiti e la libertà di parola.
AgoraVoxItalia presenterà alcune innovazioni tecnologiche, come la versione per cellulare o la possibilità di realizzare il proprio carrello di articoli in formato PDF da stamparsi e leggersi con calma ».
Che cos’è il giornalismo partecipativo o di prossimità?
«È il giornalismo dei cittadini per i cittadini. Il «lettore 2.0», oggi, non può e non vuole essere escluso dal dibattito pubblico: produce contenuti letti o visti da migliaia d’utenti, gli stessi che s’informano attraverso i media tradizionali; accede e condivide informazioni in tempo reale, documentando, a volte, quello che nessuna agenzia riuscirà a documentare. Il lettore 2.0 non partecipa al giogo dicotomico tra media mainstream e web celebrato dagli addetti ai lavori; il suo unico obiettivo è comunicare, completare la notizia, dare il suo punto di vista su avvenimenti che, spesso, osserva in presa diretta.
L’informazione oggi, pertanto, non può prescindere dai contributi degli utenti, sempre meno lettori passivi, sempre più occhi critici della notizia; per dirla con le parole di Dan Gilmore – giornalista, blogger ed esperto di nuovi media: «assieme, i miei lettori ne sanno più di me in merito a qualsiasi argomento».
Non vogliamo privilegiare un punto di vista, un’inquadratura, per dirla in termini cinematografici, della realtà, vogliamo che più punti di vista aiutino a capire quello che succede. Non vogliamo un’informazione di parte ma più parti che costruiscono un’informazione ».
Cosa differenzia Agoravox dal classico quotidiano on-line o cartaceo?
«Agora Vox intende raccogliere i contributi dei cittadini, con l’obiettivo di mettere on-line, sotto lo stesso cappello, le immagini degli scontri di Chiaiano, le testimonianze delle persone e le dichiarazioni ufficiali: aggiungere alla notizia, non togliere. Fornire ai lettori-autori un luogo ordinato di confronto; un giornale fatto dagli utenti che stabiliscono, da soli, le proprie priorità.
Non esistono, per noi, notizie più o meno importanti, l’informazione non deve essere materia inerte perché assume forza solo quando è letta. La notizia da secondo sfoglio può essere tale per chi impagina ma non per chi legge».
Chi scrive su AgoraVox?
«Chiunque, siamo aperti a qualsiasi contributo, dal giornalista professionista al cittadino comune. Chiunque può diventare reporter per AgoraVox, a prescindere dai suoi orientamenti politici, religiosi, sociali, culturali o economici. In egual misura la redazione è assolutamente eteroclita. Crediamo che questa differenza di profili apporti ricchezza all’informazione ed al dibattito. Per questo lasciamo che tutti gli articoli siano commentabili».
C’è una redazione? Come è composta?
«Vista la specificità di AgoraVox la redazione non riproduce quella di un giornale «tradizionale» ma è composta da redattori indipendenti, che hanno richiesto di farne parte, e da una redazione ristretta di professionisti. Tutti i moderatori votano gli articoli in funzione della loro pertinenza, della loro attualità e, soprattutto, della loro originalità. Oltre al filtro effettuato dai moderatori, AgoraVox spinge verso un processo d’intelligenza collettiva per verificare le informazioni pubblicate.
Questo processo si basa sul commento e sul voto dei lettori».
Come avviene il processo di produzione della notizia? Ci sono dei criteri di qualità?
«La politica editoriale di Agora Vox è di pubblicare notizie d’attualità su avvenimenti o fatti oggettivi e, nella misura del possibile, inediti. Siamo sicuri che gli internauti sono capaci di trovare e fornire informazioni che sono, spesso, inaccessibili. Pubblichiamo il 75% circa degli articoli che ci vengono sottoposti. Non ci sono criteri di qualità ma certamente un articolo non deve avere un contenuto razzista, pedo-pornografico, né incitare all’odio o alla violenza ».
40 mila euro di pubblicità al mese. Come è possibile?
«Il sito francese fa un milione di visitatori ed è il secondo medium più citato su internet dopo Le Figaro…
È quanto riceviamo dalla pubblicità in base alla nostra audience… Sono i numeri standard della pubblicità on line».
Da tempo si legge ormai che il web minaccia la carta stampata, soprattutto perchè molta della pubblicità dal cartaceo si trasferisce su internet. Eppure Carlo Revelli in un’intervista dice: «il giornalismo partecipativo è complementare ai media tradizionali, non è una minaccia ma un’apertura democratica». Può spiegarci questa affermazione?
«Giornalismo diffuso, citizen journalism, giornalismo di prossimità non sono in contrasto con il giornalismo professionale. Un cittadino che documenta, con la sua telecamera, quanto accade sotto il suo palazzo non è in «competizione» con il giornalista che passa le ore in redazione, che scava, investiga, cerca informazioni, per fornire al lettore il «perché» di quello che ha visto e documentato. Non siamo in competizione, siamo le due facce della stessa medaglia, siamo due facce della notizia ai tempi del Web 2.0».
Quando sarà online AgoraVox Italia?
«Da oggi siamo on line in versione beta chiusa, chiunque faccia richiesta può testare il sito in anteprima (www.agoravox.it). Al momento ci sono circa 150 bloggers, giornalisti, web editor e cittadini che hanno l’account. Apriremo al pubblico da settembre».
Pensa che avrà lo stesso successo che ha avuto finora in Francia?
«Su questo devo chiederle scusa ma sono napoletano e scaramantico e pertanto non faccio previsioni…».
Dunque da questa intervista sembra tutto molto chiaro. Il giornalismo online è fatto dai cittadini per i cittadini, persone che non hanno una formazione giornalistica. È bottom-up, dal basso verso l’alto. Globale, di diffusione immediata. Collettivo. Multimediale. Democratico e garante di libertà di espressione. Ma è giornalismo? Si avvale di quegli strumenti di verifica, di quel sapere e di quella pratica che contraddistingue i giornalisti e le redazioni dei quotidiani?
O semplicemente è qualcosa che assomiglia, è complementare ma in fondo per natura diverso, perché proprio di un supporto digitale e non cartaceo?
Ognuno di noi non può che farsi la sua personale opinione, magari proprio navigando in internet sui siti di informazione e non.
Poi, saranno il tempo e l’evoluzione della rete e della comunicazione multimediale a fare il resto.
- Aprire al commento dei lettori il proprio sito attraverso videochat, blog o forum di discussione (cosa che fanno ormai quasi tutti i più importanti quotidiani – ad. es. il Corriere della Sera con le rubriche «Italians » di Beppe Severgnini e «Media Blog » di Marco Pratellesi.).
- Implementare gli articoli e le informazioni di giornalisti professionisti con i contributi degli utenti, sempre però sottoforma di commento esterno.
- Giornalismo «open source» ovvero la richiesta da parte del giornalista al reporter di strada di fornire, verificare, implementare le informazioni a sua disposizione integrandole poi nell’articolo finale.
- Aprire al contributo dei lettori il proprio blog (vedi Blogosfere , blog professionale di informazione: http://blogosfere.it)
- Creare un vero e proprio sito di giornalismo partecipativo in cui i contenuti vengono filtrati, corretti e verificati come nel caso europeo di Agoravox (www.agoravox.com), oppure americano di My Missourian.com (http://mymissourian.com), creato e gestito da studenti, o WestportNow (http://www.westportnow.com), un sito indipendente.