Come non perdersi dentro al Datagate

30 Gennaio 2014 • Media e Politica • by

Fare ordine, chiudere cerchi. Coprire giornalisticamente il Datagate significa questo, districarsi tra analisi, fonti, articoli e documenti di difficile interpretazione per via dei contenuti specialistici e le difficoltà che la segretezza dei materiali originali porta con sé. Difficile al momento dire se, anche alla luce di queste complessità, delle rivelazioni di Edward Snowden si sia effettivamente scritto a sufficienza e se il coverage dei media abbia portato la gravità della questione all’attenzione dei cittadini, oltre il cerchio degli addetti ai lavori. Buone argomentazioni e analisi semplici, contrarie a quanto detto invece da Dan Gillmor recentemente, farebbero propendere per il no.

Fabio Chiusi è uno dei pochissimi giornalisti italiani che ha seguito il caso Datagate in modo sistematico ed è ora autore di un ebook da poco pubblicato, “Grazie Mr. Snowden” (realizzato con il Messaggero del Veneto e Valigia blu, scaricabile qui), in cui l’affaire sorveglianza globale viene compresso, smontato e rimontato cronologicamente, in modo sistematico e analitico. Nelle 190 e più pagine del libro tutto il caso prende forma in modo chiaro ma senza facili semplificazioni e viene mostrato da una pluralità di prospettive, compresa quella italiana. Proprio in Italia, uno dei paesi più colpiti dalla sorveglianza della Nsa, a lungo e sistematicamente la stampa – salvo alcune lodevoli eccezioni – non è riuscita a dare alla questione l’impatto di cui i cittadini necessitavano per farne un vero argomento di dibattito a livello di opinione pubblica. Il Datagate è avvenuto ma, timore di chi scrive, è passato come una questione “tecnologica” e di “spionaggio” relativa alle élite diplomatiche e non a grandi fette della popolazione, nonostante i dettagli dell’impatto del Datagate fossero già stati rivelati, insieme ai 46 milioni di metadati raccolti nel nostro paese tramite il programma Boundless Informant. Questioni rispetto alle quali la politica ha potuto non fornire alcuna risposta credibile e sostanziale, grazie anche a una stampa che ha per lo più rinunciato a fare da watchdog come avrebbe dovuto.

L’ebook di Fabio Chiusi spiega con dovizia di particolari i dettagli del Datagate, le sue diverse ramificazioni in programmi dai nomi oscuri come Prism, XKeyscore o Hemisphere, le alleanze tra la Nsa e Gchq e gli altri servizi e la – quantomeno – accondiscendenza delle aziende tech della Silicon Valley. Le fonti sono citate esplicitamente e con un mare di link che fanno del testo un punto di partenza per ripercorrere, dalle fonti originali, tutto il Datagate dal 6 giugno del 2013 a fine anno. Ma oltre a questo, nel libro ci sono anche interessanti spunti per il dibattito, ancora in corso, su cosa il Datagate abbia significato per il giornalismo. Snowden, erroneamente definito in continuazione “talpa” dalle testate italiane, con le sue rivelazioni ha anche costretto questa professione a una nuova riflessione che ha portato a galla nuove sfide e altrettanti pericoli, a cominciare dal rapporto con la giustizia e lo stato, rapporto ora forse stravolto dal pugno duro di Obama contro i whistleblower (oltre a Snowden, bisogna ricordare, tra le altre, le vicende di Chelsea Manning e Jeremy Hammond), il caso Miranda e quella domanda assurda – “lei ama il suo paese?” – rivolta ad Alan Rusbridger in un tribunale inglese, in relazione proprio al lavoro del suo giornale sui documenti di Edward Snowden.

Per affrontare anche questa riflessione, sicuramente più piccola rispetto a quella globale che interessa tutti i cittadini connessi alla rete, è opportuno sviluppare una corretta consapevolezza di quello che la tempesta Datagate abbia significato e significherà per il futuro di Internet. Questo ebook ha il merito di fornire i dati – i fatti – necessari a stimolare ulteriormente questa riflessione. In gioco, c’è una bella fetta di come intenderemo la libertà di espressione da qui in avanti.

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