Corriere del Ticino, 09.02.2011
A una settimana dalla nascita di The Daily , il primo quotidiano digitale per iPad, lo abbiamo chiesto in un’intervista a Guido Romeo, science editor di Wired Italia
Niente carta, niente inchiostro, niente spese di spedizione. Piuttosto una grafica da urlo, degna delle migliori riviste patinate, fotografie, audio e video ad alta definizione, 100 pagine al giorno di contenuti di qualità, navigazione intuitiva e veloce, informazioni condivisibili sui social network, possibilità di interagire e commentare, collegamento a link esterni. Si chiama The Daily, è il primo quotidiano che nasce digitale, pensa digitale e si legge solo sull’iPad. O meglio si tocca, si ascolta, si scorre, si guarda, si commenta, si condivide, in una esperienza immersiva totale che rivela un nuovo modo di raccontare fatti e storie. Ad un lettore che non è più tale, ma diventa un consumatore e un fruitore di notizie e di più mezzi di comunicazione riuniti in un solo medium. Il quale nulla vuole avere in comune con il suo più vecchio fratello cartaceo. Anzi, mira ad esserne l’alternativa nel prossimo futuro.
Murdoch, ottant’anni il prossimo marzo, punta a vendere «milioni di copie» del giornale e di renderlo – nel lungo termine- un progetto sostenibile grazie ad un 50% delle entrate date da abbonamenti e l’altro 50% dalla pubblicità. Nell’immediato però, a fare da traino saranno in particolare gli abbonamenti. Significa, secondo Peter Preston del Guardian, arrivare ad avere almeno 650.000 abbonati. Non certo uno scherzo. Ma il tycoon, si sa, è ambizioso. Anche se, smaltita la sbornia della novità del primo momento, a una settimana dal lancio arrivano puntuali le prime critiche. A non piacere sono soprattutto i contenuti: troppo leggeri, aggiornati con poca frequenza, mancano storie di inchiesta, reportage di approfondimento, giornalismo di qualità. John Gapper del Financial Times fa un esempio molto concreto: «Ho appena scaricato l’edizione di lunedì 7 febbraio per accorgermi che contiene solo 4 articoli su temi e notizie nuove. Due di questi sono sul Superbowl, il terzo è a proposito della difficoltà di vendere grandi abitazioni e l’ultimo è un video di Jimmy Fallon, un attore americano che viene ripreso mentre scuote veemente la testa e fa ondeggiare i capelli».
Anche questo, secondo molti, è un problema: troppi video ed effetti speciali, poco testo. In un format per altro, che per quanto pretenda di essere lontano dal tradizionale giornale cartaceo, in realtà gli somiglia molto già solo per la sua suddivisione in sezioni: notizie, opinioni, intrattenimento, sport.
Dunque davvero il Daily di Murdoch è la risposta giusta del giornalismo ai nuovi tempi, modi e consumi digitali, oppure è una bella vetrina tecnologica tutta luce e sfavillii con poca sostanza? E soprattutto è un modello esportabile in Europa?
Lo abbiamo chiesto a Guido Romeo, per diversi anni giornalista de Il Sole 24 Ore oggi science editor per la rivista «Wired Italia» del gruppo Condè Nast, il primo, un anno fa, a sbarcare su iPad negli Stati Uniti con alcuni dei suoi prodotti editoriali. Tra questi la rivista Wired USA considerata «la Bibbia di Internet».
Come è andata?
«Wired USA è stato talmente innovativo da arrivare prima della tecnologia dell’iPad, tanto da dover poi adattare il prodotto al sistema di Jobs. Ed è stato quello che ha venduto di più come applicazione per iPad. Però sia Wired USA che ha fatto numeri strepitosi nelle sue prime due edizioni, sia Vanity Fair, in capo poi a 4 mesi hanno avuto una caduta molto forte di venduto sull’applicazione. Un segnale positivo che indica come ci fosse molta attenzione, ma anche negativo perché dimostra come non ci fosse valore aggiunto nell’edizione per iPad rispetto a quella cartacea».
Nel caso del The Daily, visto che non c’è un cartaceo di partenza, è un discorso diverso?
«Certamente è più furbo. Murdoch come mossa editoriale ci ha sicuramente azzeccato investendo relativamente pochi soldi: 30 milioni di dollari, infatti, per un gruppo come News Corp. che ha 36 miliardi di fatturato, non sono un grosso problema».
Dunque promette bene?
«È una sperimentazione, bisogna capire che è una sperimentazione, non è la forma definitiva. Anche per i contenuti bisogna aspet- tare e vedere come evolvono, per ora ci sono tante idee. L’altro indicatore sono i numeri positivi delle vendite dell’iPad, nel senso che i tablet sono destinati a esplodere, a crescere esponenzialmente. Al Ces di Las Vegas (importante fiera tecnologica) sono stati presentati un sacco di tablet diversi, anche meno costosi dell’iPad che renderanno il mercato molto più diversificato».
Numeri alla mano, l’iPad quanto ha venduto?
«In un anno l’iPad ha venduto 30 milioni di device, molto di più del Kindle della Amazon che ne ha venduti 10 milioni. Quindi l’effetto è andato, il device multifunzione piace. E la scommessa di Murdoch sul Daily è giusta e proporzionata, non si è impiccato con gli investimenti e i prezzi sono estremamente interessanti. Certo bisogna vedere cosa ci riserva sulla lunga distanza».
Infatti, è un discorso sostenibile sul lungo termine?
«Ho parlato con molti colleghi e diversi amici che lavorano per le testate di Murdoch e credo che le abilità dei loro manager permettano di rendere sostenibile qualsiasi prodotto. Penso che per i numeri che sono stati presentati, sia un progetto sostenibile, soprattutto per il discorso della pub- blicità e dei nuovi formati che offre. In un certo senso rappresentano davvero l’innovazione più interessante. Lo scoglio maggiore fino adesso è stato capire come vendere la pubblicità su questi tablet. Murdoch ha il vantaggio che disponendo di un grosso gruppo e avendo predisposto tanti formati diversi per la pubblicità, anche se forse un po’ invasivi per il prodotto editoriale, riuscirà sicuramente a vendere i suoi spazi e a far quadrare i conti».
Chi comprerà il Daily?
«Murdoch con questo progetto si rivolge a una generazione di nuovi lettori, i “nativi digitali” che non provengono dal quotidiano di carta e non hanno pregiudizi nei confronti del prodotto digitale. Bisogna vedere se questa si tradurrà in una sua forza, e dunque i conti torneranno, oppure se sarà una debolezza perchè i “nativi digitali” comunque non hanno l’abitudine di leggere il quotidiano, oppure sono abituati a farlo gratuitamente. Certo a 99 centesimi è come se fosse gratuito».
Dall’Europa, per ora, l’applicazione del Daily per iPad non è accessibile…
«Qui si entra nel campo delle questioni più tecniche e anche più congiunturali. Cioè il fatto, per esempio, che in Apple in questo momento, e visti i problemi di salute non si sa per quanto ancora, manchi Steve Jobs che potrebbe fare “l’evangelist” su questo tipo di cose. Se si riuscisse a fare un’operazione tipo quella che Jobs fece per lanciare l’iPhone, questo prodotto decollerebbe. Resta quindi da capire quanto in Apple ci sia la forza di evolvere senza di lui. Il problema di iTunes o dell’Apple store digitale poi è quello che manca una edicola vera e propria per vendere un tipo di applicazione come quella del Daily».
È pensabile un Daily per il contesto europeo?
«Nel contesto europeo francamente il problema sono la frammentazione linguistica e le ridotte dimensioni del mercato. Noi lo vediamo in Italia perché abbiamo guardato a questo tipo di progetti e, per quanto i numeri di vendita di tablet e iPhone siano interessanti, i numeri francamente non ci sarebbero e si avrebbe un prodotto per tanti piccoli mercati. Potrebbe essere un discorso interessante per la lingua spagnola ad esempio, perché ci si potrebbe rivolgere a tutto il mercato sudamericano».
Ma lei si abbonerebbe?
«Non ho l’iPad altrimenti mi abbonerei. Anche se sono un lettore fuori campione perché sarei motivato da una curiosità professionale».
I PUNTI DI FORZA
Quali sono i principali punti di forza di The Daily? Ecco un breve elenco:
– non è gratuito ma quasi: costa 14 centesimi al giorno, 1 dollaro a settimana, 40 dollari l’anno;
– ha costi di realizzazione modesti: 30 milioni di dollari di investimento iniziale e costi di mantenimento stimati intorno ai 500.000 dollari a settimana;
– vanta uno staff di 120 giornalisti professionisti guidati da Jesse Angelo, fedelissimo di Murdoch, proveniente dal New York Post;
– si rivolge al mercato e al pubblico americano, in particolare ai giovani, i cosiddetti «nativi digitali» che non leggono il cartaceo e sono abituati ad informarsi gratuitamente;
– ha un sito www.thedaily.com per condividere e rendere accessibile una parte dei contenuti anche in rete ed essere visibile agli internauti che non hanno l’iPad.
– Ideatori e fautori dell’impresa sono due attori di prim’ordine del panorama mediatico e tecnologico attuale: il tycoon di razza Rupert Murdoch, proprietario dell’impero News Corporation, e la Apple di Steve Jobs, lontano dalle scene per qualche tempo a causa dei suoi problemi di salute.
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