Continua il percorso di analisi delle principali testate europee. Dopo aver analizzato, in ordine cronologico di pubblicazione, Il Sole24Ore, Le Monde, El Pais ed in ultimo il Financial Times, questa settimana vengono esaminati i risultati e le motivazioni di uno dei quotidiani generalisti più autorevoli a livello internazionale: il The Guardian.
Quasi un anno fa il quotidiano anglosassone annunciava la strategia per il futuro prossimo venturo riassumendola in “digital first”. Un cambio in termini di filosofia di approccio e di organizzazione teso a trasformare la media company da una basata sulla carta stampata ad una la cui filosofia, e pratica, si fonderà, appunto sul digital first.
Scelta guidata dall’analisi dei comportamenti dei lettori che sono sempre più transmediatici, multipiattaforma, consultando diverse volte nell’arco della giornata la stessa fonte informativa utilizzando device, supporti diversi: dal tablet alla carta passando per pc e smartphones.
Non solo digital ma anche, o forse soprattutto, open è la filosofia del Guardian. Una filosofia progettuale open testimoniata concretamente in questo lasso di tempo dalla scelta di di rendere noto pubblicamente il piano editoriale giornaliero del quotidiano coinvolgendo i lettori sia in termini di feedback rispetto alle scelte che di suggerimenti delle tematiche da pubblicare, l’attivazione di Newsdesk Live, blog che in tempo reale, in stile live blogging, informa il lettore sulle motivazioni delle scelte editoriali effettuate e lo coinvolge chiedendogli il proprio contributo al riguardo e culminata nell’open weekend recentemente organizzato dal The Guardian in cui non a caso è stato diffuso proprio il decalogo del giornalismo partecipativo.
Strategia impostata da un lato ad una ottima SociAbilità e dall’altro lato alla ricerca sempre più evidente e pronunciata di elevati volumi di traffico tesi a monetizzare l’edizione online del giornale. Mire espansionistiche di internazionalizzazione a tutto campo perseguite con la versione dedicata specificatamente agli USA, dalla quale riceve un traffico, un numero di visite rilevante.
Si tratta di una strategia che potrebbe avere fondamento su larga scala, perseguita anche da altri oltre al The Guardian come il The New York Times con l’edizione indiana o El Pais verso l’America Latina, senza dimenticare la globalizzazione dell’Huffington Post, presto anche in Italia, che attualmente però è ben distante dal generare i risultati attesi come testimonia il pesante crollo dei ricavi sin qui registrato, ulteriormente confermato dalle difficoltà che anche oltreoceano paiono simili.
Se certamente l’area digitale è in grado di dare un contributo al recupero contributivo del giornale, sin ora, così come per il Mail Online, si tratta di una goccia nell’oceano che complessivamente fornisce un apporto davvero modesto senza riuscire a creare revenues significative ad oggi.
Difficile dire se si tratti solamente di avere finanziariamente le capacità di attendere tempi migliori, di reggere l’onda d’urto o se sia il modello del quotidiano generalista a non reggere più. Il caso del francese Le Monde sembra testimoniare la possibilità effettiva di ristrutturare i giornali generalisti e tornare ad ottenere profitti ma allo stato attuale rappresenta l’eccezione e non la regola. Sicuramente si tratta di operare anche sia sulle logiche di remunerazione che sulle forme di proposta della comunicazione online per poter effettivamente far quadrare i conti.