Werbewoche Nr. 20, 22.05.2008
Non vogliamo credere di venire imbrogliati proprio quando ci viene offerto qualcosa gratis. Quanto tempo ancora prima che gli editori dei quotidiani e delle riviste spiegheranno queste relazioni?
Ciò che non ha un costo non ha valore. Questa visione è ampiamente diffusa, tuttavia poco influente sulla nostra vita quotidiana. “The cost of Zero Cost”, tradotto liberamente il costo del costo zero, è il titolo del terzo capitolo di un libro che non è indirizzato in modo particolare a pubblicitari ed esperti di marketing né a giornalisti e responsabili di case editrici, e la cui lettura sarebbe tuttavia caldamente consigliata a tutti coloro che sono attivi nel campo dei media che ancora si meravigliano del successo che riscuotono i giornali gratuiti.
L’ autore ci spiega che “la sensazione di benessere in cui ci troviamo quando riceviamo qualcosa gratuitamente non è un segreto”: la tariffa zero non rappresenterebbe un “premio”, quanto semmai “una fonte di entusiasmo irrazionale fortemente dominata dalle emozioni”.
Mettendoci di fronte allo specchio, Ariely ci spiega questo meccanismo. “Comprereste qualcosa se il suo prezzo subisse una riduzione da cinquanta a venti cent? Forse. Comprereste ciò se il suo prezzo da cinquanta cent venisse ridotto a due cent? Forse. Lo prendereste se invece di pagarlo cinquanta cent, vi venisse offerto gratuitamente? Scommettiamo che…”
Non basta. Ariely attraverso gli esperimenti mostra quanto male sappiamo fare i conti e quanto spesso le offerte gratuite si dimostrano essere dei cavalli di Troia. Ad esempio quando al supermercato compriamo tre barattoli di passata di pomodoro anche se abbiamo bisogno solo di due, perché il terzo ci viene dato gratuitamente, oppure quando andiamo al museo di domenica per non pagarlo a prezzo pieno e perchè poi ci arrabbiamo per il fatto che altre persone ci ostacolano la vista delle opere esposte. Lo stesso accade quando per avere un gelato gratis rimaniamo in fila per mezz’ora, senza pensare a quanto più sensatamente potremmo utilizzare tutto quel tempo.
Per analogia si deduce che i giornali gratuiti ci rubano del tempo prezioso. Ci viene offerto del giornalismo a basso costo, costretto dalla necessità. Da un punto di vista strettamente economico l’offerta redazionale spesso si riduce a una pubblicità. Non si sa mai chiaramente cosa di questo giornalismo alla fine sia pubblicità (indiretta) e cosa sia PR.
La magia della tariffa zero è spiegata da Ariely come conseguenza della paura latente di una perdita. Quando qualcosa costa denaro, temiamo di poterci rimettere qualcosa, invece di vedere lo scambio commerciale come un “arrichimento”.
Difficilmente quando riceviamo qualcosa in apparenza “gratuito” ci viene in mente che veniamo imbrogliati.
Quanto ci vorrà finché le case editrici di quotidiani e periodici che vogliono vendere i loro prodotti nonostante la concorrenza, spesso anche interna, di giornali gratuiti, spiegheranno queste relazioni? Probabilmente è già troppo tardi.
A questo proposito è interessante notare come temi di cui non si parlava più da tempo siano stati recentemente rispolverati alla conferenza internazionale nel quartier generale di Yahoo! nella Sylicon Valley dove 150 esperti si sono incontrati per discutere del futuro del giornalismo. Ad esempio la questione dei micro pagamenti con i quali tramite un singolo click del mouse si ha accesso a dei servizi in internet a pagamento immediato – un sogno per chi produce questi software – è un argomento che da 15 anni viene ciclicamente ripreso e dibattuto nelle conferenze.
“Journalism that matters” era il Leitmotiv dell’evento. Per i precursori del giornalismo on line però, l’idea che le prestazioni delle redazioni potessero avere un costo per l’utente di internet era tabù. Una partecipante alla conferenza ha detto chiaramente di accedere gratuitamente alle informazioni in internet sin da quando era bambina e ora non “riuscirebbe più ad immaginarsi di dover pagare qualcosa per questo servizio”. Così si rimane con l’aspettativa ormai diffusa che qualcuno verrà a saldare il conto. Finora i costi erano coperti dalle inserzioni pubblicitarie, che però trova rapidamente forme più intelligenti per comunicare i suoi messaggi, senza partecipare al finanziamento del giornalismo ad alto costo. Tutto questo avviene grazie alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia di posizionare la pubblicità in internet in modo preciso e mirato per i destinatari e anche perché le redazioni a corto di personale hanno dato troppo spazio alle PR.
Traduzine: Mariangela Baglioni