Medienheft, 27.11.2006
La situazione attuale Internet ha per il terrorismo internazionale molteplici funzioni: serve alla promozione, ad intimidire, al reclutamento di nuovi simpatizzanti e adepti. E ancora è ideale per il networking e per l’organizzazione di attacchi terroristici.
Nel suo nuovo libro Terror on the Internet l’esperto di terrorismo Gabriel Weimann esamina gli aspetti dell’attuale situazione e descrive le prossime sfide del terrorismo post moderno.
Raggiungere il massimo effetto destabilizzante con il minimo sforzo, questo è da anni il motto del terrorismo, ma solo negli ultimi decenni, grazie ai mezzi di comunicazione di massa questo risultato è stato raggiunto.
La ‘Jihad elettronica’ al prezzo di un collegamento ADSL? Non è certamente esagerato affermare che i media on line hanno rivoluzionato la propaganda terroristica, rendendola più veloce, più economica, anonima e soprattutto globale.
L’immagine di un piccolo gruppo di terroristi nascosti nelle caverne afgane, occupati, sotto la guida di un uomo barbuto, ad ammassare armi ed a tramare piani e strategie per la guerra santa, appartiene al passato. Una rete terroristica intelligente come quella di Al-Qaida funziona molto di più come gruppi di molte persone, ancor più con differenti facce, che possono mettersi in contatto via e mail, partecipare ai forum ed accedere a tutti i mezzi messi a disposizione dal www. Proprio internet, il più democratico ed incontrollabile di tutti i mezzi di comunicazione, ha trasformato il terrorismo in un’impresa in franchising libera dalle gerarchie, nella quale chiunque voglia provare può mutilare o uccidere come meglio crede (German news magazine Der Spiegel).
La tesi che la comunicazione virtuale sia, fra le altre cose veramente diventata un centro di raccolta per il terrorismo internazionale è dimostrata dagli studi, durati molti anni, del professore di comunicazione Grabiel Weimann e del suo collaboratore dell’Università di Haifa in Israele che recentemente sono stati raccolti in un libro Terrore nella rete: la nuova Arena, le nuove sfide. Nel libro il professore descrive il Cyberspazio non solo come il luogo ideale di incontro per tutti i sostenitori di una causa terroristica i quali possono incontrarsi, scambiarsi informazioni a tutte le ore , ma anche per professionisti di raccolta fondi per reclutare, indottrinare strumentalizzare per i loro perfidi scopi nuovi soci, perfino donne e bambini. Grazie alla sua struttura decentralizzata e all’offerta di piattaforme multimediali sulle quali scrittura, grafica, audio e sequenze di immagini possono essere associate in modo elementare, Internet si propone, secondo Weimann, come la nuova Arena per qualsiasi tipo di attività terroristica.
Le ricerche di Weimann danno l’impressione che i terroristi abbiano trovato nella rete un mezzo di comunicazione adatto ad intraprendere la loro guerra psicologica circa la conduzione di una guerra Da qui la lunga lista dei modi in cui i terroristi usano la rete per la loro causa, a cominciare dal «data mining», per esempio, una semplice e facile collezione di dati utili, come gli orari di tutti i mezzi di trasporto pubblico, carte con possibili obiettivi terroristici (centrali nucleari, porti, edifici pubblici); il «networking», tipo comunicazione con differenti organizzazioni terroristiche attraverso le e-mail o le chat, l’accesso a istruzioni e manuali on line, fino a scaricare video, libretti, manuali su come costruire bombe. In poche parole tutti i mezzi che il velocissimo progresso tecnologico degli ultimi anni ha prodotto è a disposizione in qualsiasi luogo dei terroristi e per di più, gratis a domicilio!
Weimann ritiene addirittura possibile, via internet, la concreta pianificazione, il coordinamento e l’esecuzione degli attentati e ci dà alcuni impressionanti esempi. Nel dicembre 2003, tre mesi prima degli attentati bomba di Madrid nei quali rimasero uccise 201 persone e 1240 ne furono ferite, su un sito web di Al-Qeada, Global islamic Media, circolavano informazioni dettagliate sul modo di agire dei terroristi. Nel documento on line non solo era menzionato lo scopo dell’attentato, costringere le truppe USA a lasciare l’Iraq, ed il possibile bersaglio, la Spagna, ma l’autore del testo, a quanto pare un membro del Media Committee for the victory of the iraqi people (Mujaheddin Service Centre), proponeva addirittura le imminenti elezioni spagnole come momento perfetto per agire, descrivendo come mettere in ginocchio la Spagna, ritenuta l’anello più debole della coalizione degli eserciti di occupazione in Iraq. «È necessario trarre il massimo vantaggio dalle prossime elezioni in Spagna nel marzo del prossimo anno. Noi pensiamo che il governo spagnolo non possa tollerare più di due, massimo tre esplosioni dopo le quali, sotto la pressione popolare, il governo dovrà dimettersi ritirare le truppe dall’Iraq» (pag. 134).
Per un periodo di sette anni Gabriel Weimann ha meticolosamente raccolto e catalogato una grande quantità di materiale terroristico web, materiale che è stato sistematicamente analizzato sia rispetto ai gruppi cui era destinato, sia al suo contenuto retorico.
Ed è sulla base di questi empirici risultati che Weimann, ex Senior Fellow del rinomato United State Institute of Peace di Washington, conclude che Internet è diventato lo strumento per la realizzazione di molti dei recenti attacchi terroristici e non c’e ragione di credere che la sua importanza debba, in un prossimo futuro, diminuire. Anzi, analizzando i risultati dell’analisi di Weimann, basata su diverse metodologie, risulta un’inquietante tendenza. Negli ultimi anni, a dimostrazione che vi è stata una vera esplosione dei siti web creati e gestiti da gruppi terroristici, essi sono incredibilmente aumentati: da 12 nel 1998 agli attuali 4800 nel 2006. E questi certamente non sono controllati solo dalle cellule di Al-Qaeda. Inoltre, se alcuni anni fa solo la metà delle 37 organizzazioni terroristiche riconosciute come tali dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti usavano la rete, nel 2004 tutte ne facevano uso, e alcune con diverse piattaforme nello stesso tempo.
Come indicato dal titolo del libro di Weimann, la presenza allarmante su internet di Al-Qaeda, Abu-Sayyaf, Eta, Hamas e Compagnia è una vera grande sfida per i politici , così come per i media, soprattutto per quanto riguarda i futuri provvedimenti per la lotta al terrorismo; tuttavia questo aspetto è trattato piuttosto superficialmente nel libro di Weimann. Anche un esperto come lui (il suo libro è il sesto sull’argomento terrorismo e media) non sembra fornire molte risposte alla soluzione dei più importanti problemi. Per esempio, come le società democratiche possono combattere il terrorismo senza rinunciare alla legalità. Questo però non può essere troppo criticato perchè la realtà ha dimostrato che qualsiasi tentativo di controllo o censura su internet si è rivelato inutile, il caso della Cina non è che l’eccezione che conferma la regola. Di qui la mancanza di soluzioni e la relativamente scarsa attenzione di Weimann al problema.
Tutto ciò può generare dei dubbi sui benefici della nostra spesso celebrata era liberale, basata sulla completa libertà di espressione, digitale o meno. Tuttavia, e questo è il messaggio che Weimann, attraverso la sua analisi, vuole trasmettere: non si può cadere nell’ossessiva sindrome di sorveglianza, tipo il Patriot Act degli USA. Il prezzo da pagare in termini di diritti civili sarebbe troppo alto: i media possono però collaborare nell’opporsi al terrorismo, rinunciando ad inutile sensazionalismo, non offrendo una piattaforma mediatica ai deliranti messaggi dei loro rappresentanti. È questa una scelta professionale sulla quale molti giornalisti dovrebbero riflettere.
I moderni mercenari del terrore amano la vastità e l’incontrollabilità della rete e una larga parte dei futuri crimini organizzati farà inevitabilmente uso di questo potente mezzo. I difensori della nostra società devono però essere consapevoli del fatto che, almeno fino che non sarà trovata una nuova ricetta per combattere il terrorismo, si deve usare la rete come la usano loro, ma in modo più intelligente, più tecnologicamente astuto e più efficace, perché è un fatto che anche i più esperti cyberterroristi prima o poi lasceranno qualche traccia ed internet non sarà il luogo per nascondersi per sempre. E l’apparente tallone di Achille della rete si trasformerà in un’arma a doppio taglio ed i terroristi , secondo Weimann, potrebbero essere sconfitti con le loro stesse armi. Weimann a tale proposito descrive (p.188 e seguenti) i tentativi coronati da successo del FBI di controllare attività sospette fra gli utenti di specifici computer network, per esempio le transazioni di carte credito, o prenotazioni di voli, con speciali strumenti, cosiddetti Sniffer, come il programma Carnivore ed altri simili.
Se questi tentativi si riveleranno efficaci nella lotta al terrorismo non è contemplato nella presentazione condotta da Weimann, ma sembra plausibile.
Finora non c’è stata alcuna manifestazione di isteria di massa, dopotutto nessuno degli apocalittici scenari che si erano paventati, come lo spegnimento a distanza di impianti nucleari, o un online-breakdown del sistema finanziario mondiale, si è fortunatamente verificato. Dobbiamo tutti però, compresi i ricercatori dei media, monitorare continuamente il flusso dell’informazione terroristica perché come dice Weimann «There is a real war going on in ciberspace but it is invisible to most of us» («c’è una vera e propria guerra in corso nel cyberspazio, invisibile alla maggior parte di noi»).
Questa è una ragione in più per raccomandare il libro di Weimann come testo di riferimento a quanti sono interessati all’argomento.