La stampa in balia della tempesta: 5 leggerezze autolesioniste

26 Febbraio 2008 • Editoria, Etica e Qualità • by

Werbewoche Nr.4, 2008

Probabilmente la stampa specialistica liquiderà l’accaduto con una notizia di poche righe, soprattutto perché il fatto è avvenuto a molti chilometri di distanza: per la terza volta in tre anni il Los Angeles Times, uno dei più importanti e autorevoli giornali a livello internazionale, ha perso il proprio direttore. Scontratosi duramente con il management dell’azienda per ottenere risorse idonee al lavoro della propria redazione, ha purtroppo avuto la peggio.

Non solo in California le poltrone dei direttori sono diventate degli scomodi sedili eiettabili  dai quali i giornalisti di successo vengono espulsi da un momento all’altro. Si tratta di un segnale d’allarme  diffuso e, al tempo stesso, di un indicatore di debolezza del settore.
Un segnale d’allarme che mette in luce quanti tagli nel personale siano stati fatti nella redazione e quanto l’atmosfera possa essersi infervorata. Il giornale sembra essere diventato un business come un altro e gli investitori sono sospettati, e non a torto, di voler solo incassare i profitti senza impegnare i propri fondi a lungo termine in un settore che sembra destinato al declino.
Questo causa qualche perplessità perché, attualmente, nel settore giornalistico nessuno è in grado di fare previsioni, e tanto meno di dire se e come tra dieci anni i giornali di qualità saranno ancora fonte di guadagno. Evidentemente questo sentimento è motivo di panico anche tra i leader più consumati, portando ad atteggiamenti fortemente autolesionistici:

  • La leggerezza n. 1 è stata quella di offrire on-line “a costo zero” tutto quello che nella stampa tradizionale  si vorrebbe vendere a caro prezzo. Immaginiamo cosa accadrebbe se la Coca Cola regalasse il suo intruglio nelle moderne bottigliette di plastica e lo stesso prodotto nelle bottiglie di vetro subisse un aumento. È la stessa procedura adottata da tutti quegli editori che mettono in rete “a costo zero” i propri contenuti, quando nel contempo cercano di trarre profitto dalla carta stampata distribuita secondo i canali tradizionali. Nel settore giornalistico si è riconosciuto troppo tardi il valore del proprio marchio svendendolo con la messa in rete dei propri contenuti per paura della concorrenza di Microsoft, Google & Co.
  • La leggerezza n. 2 è stata quella di inondare il mercato con prodotti gratuiti. In questo modo, inizialmente, sono stati fatti enormi guadagni anche in Svizzera (20 Minuten), mentre gli imitatori (Cashdaily, heute, .ch e News) arrancano. Il risultato globale è il danneggiamento delle testate più qualitative che, per ironia della sorte, spesso appartengono allo stesso editore. Il mercato pubblicitario non è illimitato e non sono solo i lettori del Blick a passare ai giornali gratuiti. Probabilmente ognuno di noi, di tanto in tanto, allunga la mano verso un giornale gratuito, risparmiando così quel paio di franchi di cui le redazioni che offrono prodotti di maggior qualità avrebbero tanto bisogno.
  • La leggerezza n. 3 è la conseguenza inevitabile delle prime due: dove mancano i fondi per investire nel lavoro dei propri giornalisti, le porte vengono spalancate ai servizi gratuiti del mondo delle PR. Le pubbliche relazioni integrate nella parte redazionale minano tuttavia la credibilità giornalistica riducendo così gli investimenti degli inserzionisti – che allo stesso tempo intuiscono di poter raggiungere migliori risultati comunicativi attraverso le pubbliche relazioni.  Gli editori si sono resi conto con ritardo che grazie ai „prodotti accessori“ si possono fare ottimi affari, tanto quanto si sono accorti in ritardo del valore di mercato dei propri giornali. In ogni caso, meglio tardi che mai.
  • La  leggerezza n. 4 è il fatto di pubblicizzare senza ritegno, e persino nella parte redazionale, il proprio marchio e i propri prodotti. Così i giornali perdono credibilità … in particolare agli occhi dei lettori intelligenti.
  • La leggerezza n. 5 è stata, ed è tutt’oggi, quella di saccheggiare le redazioni fino all’osso. Amputando la carne sana, le redazioni muoiono dissanguate. Così qualità e credibilità giornalistiche vengono nuovamente danneggiate – favorendo la leggerezza n. 3.

La tragicomica vicenda del Los Angeles Times consiste nel fatto che il direttore in questione, da totale estraneo al settore qual era, aveva indicato al proprio giornale, in modo quasi visionario, la via di uscita dalla crisi. Stiamo parlando di Mark Willes. Colui che, provenendo dal settore alimentare, disponeva di scaltre idee di marketing che avrebbero potuto salvaguardare la grande nave dal cadere in balia delle onde ed evitare così di danneggiare l’integrità del giornale. Anziché essere ascoltato, è stato offeso dalla propria redazione e dagli avversari, per poi essere privato del proprio mandato. Oggi Willes è in pensione e vive alle Hawaii. Attenderà con ansia il momento in cui a Los Angeles, ma forse anche in Europa, si deciderà di attingere alle sue idee invece di sbarazzarsi di un direttore dopo l’altro.

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