Message, Nr. 1, gennaio 2007
Il nuovo governo italiano vuole frenare il potere mediatico dell’ex-premier Silvio Berlusconi. Vincere il rapporto simbiotico tra media e politica non è però impresa facile.
«L’Italia non è più una Repubblica democratica», ha commentato il magnate dei media ed ex-presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a proposito della nuova legge del ministro delle telecomunicazioni Claudio Gentiloni, che induce ad una svolta nella politica dei media in Italia.
Il governo Prodi ha reagito con una proposta di legge che mette in discussione il duopolio RAI-Mediaset e permette un sistema televisivo pluralistico. Si prevede così una apertura del mercato televisivo e l’entrata di nuove offerte.
Già prima del 2009 Berlusconi e la RAI saranno costretti a trasferire una delle loro tre reti sul digitale. Le frequenze liberate saranno poi proposte dalla commissione di vigilanza a nuovi offerenti. Dal 2012 in Italia si trasmetterà esclusivamente sul digitale.
Come e in che misura il presidente del Consiglio Berlusconi ha offeso il diritto in vigore lo dimostra la multa di 14,3 Milioni di Euro alla rete statale: Alfredo Meocci non avrebbe potuto ricoprire la carica di direttore generale della RAI, che invece grazie a Berlusconi ricoprì dal 2005 al 2006. La commissione di vigilanza ha constatato l’esistenza di un conflitto di interesse dovuto all’incarico precedente di Meocci come commissario della stessa commissione di vigilanza, che gli avrebbe impedito di divenire direttore generale della RAI per i successivi quattro anni. Per il capriccio di Berlusoni di mettere uno dei suoi uomini ai vertici della RAI, oggi si batte cassa per il pagamento del canone. Intanto l’ex-presidente del consiglio non demorde, anzi, lamenta attraverso le sue reti televisive che contro di lui ed il suo impero mediatico sia in atto una cospirazione.
Una prospettiva esterna ed una interna: due nuovi libri sui media italiani
- Martin Hambueckers: Arrivederci Berlusconi. Medienpoltische Verflechtungen in Italien seit 1945. Konstanz: UVK-Verlag, 354 Seiten, 19,19 Euro. Silvio Berlusconi è il protagonista dell’inchiesta sulla politica dei media in Italia condotta da Martin Hambuecker ma non è l’unico attore centrale di quest’opera. Il ruolo di primo attore Berlusconi deve contenderselo con coloro che negli anni 80’ lo hanno aiutato a salire al potere e a costruire il suo impero, in particolare l’ex-presidente del Consiglio Bettino Craxi e il suo partito.
In ultima analisi però, secondo l’autore, ciò che ha potuto determinare l’ascesa di Berlusconi è stato il sistema politico e mediatico. Ogni cosa è interdipendente: Berlusconi è stato e non è solo il co-fondatore del sistema mediatico, egli ne è anche il prodotto, il vincitore e la vittima.
Il nuovo governo di centrosinistra riuscirà a porre fine al rapporto simbiotico tra politica e media?
Hambueckers è convinto che riuscirà ad ammorbidire il duopolio RAI-Mediaset e a frenare il potere mediatico di Berlusconi. Ma rimane scettico in merito alla radicale soluzione del problema.
Il libro indaga cause, motivi e attori che in Italia hanno permesso la nascita di una così fitta e ingarbugliata rete di conoscenze tra politica, media ed economia: l’autore delinea il quadro di un sistema di comunicazione nel quale non è mai esistito un tipo di giornalismo che potesse agire da “quarto potere”, come quello americano.
La ricetta vincente di Berlusconi, in questo sistema di coordinate, è stata una perfetta strategia di marketing unita a rapporti eccellenti e ben coltivati con la politica. La mancanza di una regolamentazione politico-giuridica del sistema mediatico lo ha portato a diventare l’uomo più influente d’Italia.
Hambueckers si è avvalso di numerose fonti italiane e ha intervistato studiosi dei media e della politica. Ciononostante, la scelta da lui condotta rimane evidentemente unilaterale come del resto la rappresentazione della situazione italiana vista dal di fuori, che risulta spesso più critica che non da una prospettiva interna. - Enzo Biagi: Quello che non si doveva dire. Milano: Rizzoli, 2006, 318 pagine, 18.00 Euro. Una eccezione – con i suoi 86 anni, gransignore del giornalismo italiano e critico impavido del sistema politico e mediatico – è data da Enzo Biagi che nell’aprile del 2002 si vide costretto a salutare i suoi spettatori.
Il suo programma ‘Il Fatto’ nel quale, sera dopo sera, sul primo canale RAI commentava i fatti del giorno, nonostante gli alti ascolti, venne cancellato dalla programmazione. Ciò che Berlusconi desiderava, lo otteneva. Enzo Biagi venne cacciato – così come altri noti giornalisti.
Oggi, con questa pubblicazione, Biagi si riprende parte della sua libertà di stampa e di opinione: Quello che non si doveva dire è una raccolta di storie e fatti che avrebbe voluto raccontare in trasmissione in questi ultimi 5 anni. Le storie parlano degli sviluppi politici e sociali dell’Italia a partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla guerra in Irak e il delitto di Mafia di Francesco Fortugno in Calabria.
Una vergogna, secondo Biagi, che oggi la televisione si interessi solo agli indici di ascolto – di etica e morale nessuna traccia.
Naturalmente anche Biagi scrive di Berlusconi, la cui sconfitta elettorale ha atteso con grande impazienza. Ora spera che la RAI possa tornare agli standard qualitativi di una rete pubblica. Un passo in questa direzione è stato fatto: alla fine del 2006 gli è stato offerto un nuovo posto in RAI.
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