E’ proprio vero che queste elezioni presidenziali francesi segnano un punto di svolta per l’Europa? Per ciò che riguarda la stampa e i media in genere, possiamo dire che stavolta viene chiamata in causa una opinione pubblica europea? Alcuni indizi lasciano pensare che le cose stiano proprio così, ma la partita è ancora tutta da giocare.
Europa 2005 “à rebours”, torniamo indietro di sette primavere. E’ il 29 maggio 2005 e i francesi vanno alle urne in occasione del referendum sulla Costituzione europea. Lasciando da parte le elezioni per i membri dell’Europarlamento, si tratta di una occasione unica per i cittadini d’oltralpe per esprimersi in merito al progetto europeo e al suo avanzamento. Quale momento migliore per verificare la formazione di una opinione pubblica davvero europea? Ma se sfogliamo gli archivi del 2005 e prendiamo in considerazione i più autorevoli quotidiani francesi ed anche britannici e italiani, scopriremo che l’occasione è in gran parte andata persa. Fuori dalla Francia, il Times si concentra sulle dinamiche interstatali, o tutt’al più mette a confronto due modelli di Europa: quello inglese contro quello francese. I ragionamenti sul bilanciamento tra potenze hanno la meglio sulla costruzione di una identità europea. Il Daily Telegraph si concede anche la riproposizione di antichi stereotipi antifrancesi. Fa ancora più riflettere ciò che avviene sulla stampa francese, direttamente coinvolta nell’appuntamento elettorale. Il Nouvel Observateur con la voce di Jacques Julliard parla apertamente di un voto motivato dalla politica nazionale. L’autorevole Le Monde sottolinea il ruolo della vittoria del “no” alle urne come sanzione negativa per la classe dirigente nazionale.
Certo, le ragioni del malcontento vengono ricomprese poi in una dimensione europea, come fa Pierre Rosanvallon sempre su Le Monde. Ma persino in una elezione europea come questa, dire che il dibattito dell’opinione si sia realizzato sulla base di una identità e di un coinvolgimento europei sarebbe quantomeno azzardato.
FRANCIA 2012: L’ENJEU Arriviamo quindi agli ultimi giorni di campagna elettorale prima che il ballottaggio consegni alla Francia il suo nuovo Presidente. Sette anni dopo quel “no” alla Costituzione, in una elezione nazionale, paradossalmente l’enjeu, la posta in gioco, si rivela molto più ampia. Alcune parole chiave del discorso politico si riflettono anche sulla stampa: demondializzazione, euro, Europa, equilibrio e patto budgétaire, rigore, globalizzazione, frontiere. Frontiere appunto: valichi linguistici che contribuiscono come un fermacarte a segnare i confini tra le parti politiche, ma che stipulano anche un linguaggio condiviso e il dominio per il dibattito dell’opinione. Il campo della discussione e della decisione politica appare quindi europeo: i riverberi si percepiscono chiaramente anche sulla stampa italiana. Sergio Romano sul Corriere e Bernard Guetta su Repubblica convergono in fondo sulla stessa tesi: le presidenziali francesi sarebbero il segno di una Europa che somiglia sempre più agli Stati Uniti, cioè a uno Stato federale. Una ipotesi che fino a qualche anno fa non convinceva i politologi, i quali come Panebianco osservavano una Unione “strano animale”, né confederazione né Stato federale, un unicum insomma. Ma “oggi tutto succede”, scrive Guetta il 30 aprile su Repubblica, “come se i dibattiti di uno degli Stati dell’Unione, la Francia, avessero influenzato tutti gli altri, come se l’Europa fosse già diventata un insieme politico (…) Ne siamo ben lontani ma è verso questo orizzonte che la Francia e le sue presidenziali hanno fatto avanzare l’Unione”.
PARLARE DI EUROPA Di Europa si parla quindi, nei discorsi elettorali, sulla stampa francese e per riverbero su quella italiana. Si tratta di un avanzamento eccezionale come scrive Guetta? Se si osserva il fenomeno per la rappresentazione che la stampa costruisce, gli indizi positivi sono molti, e fanno ancor più scalpore se confrontati con ciò che si muoveva sul fronte dell’opinione nel 2005, lo abbiamo visto. Mancano però alcune precisazioni per cogliere le dimensioni della questione. Sulla stampa il processo di integrazione sembra seguire ondate cicliche. Anche nell’estate 2011 – lo abbiamo visto su Ejo – c’era chi ventilava una accelerazione nel processo, come Jean Quatremer, che su Libération titolava “Comment la crise grecque a fédéré l’Europe”. La crisi aveva fatto esplodere l’annoso dibattito: più o meno Europa? Un anno dopo, le elezioni francesi sulla stampa paiono far discutere su quale Europa. Ma se già nel 2011 in piena crisi avevamo visto come la dinamica tra potenze, e in particolare il gioco polemico tra Francia e Germania, occupava ampiamente i tempi della discussione, la fase attuale non è per certi versi differente. In fin dei conti, come ci ricorda il termine “Merkozy” coniato proprio sulla stampa, le scelte di Francia si rivelano determinanti per tutta Europa anche e soprattutto perché la dimensione europea è stata finora fortemente segnata dagli equilibri intergovernativi, fra Germania e Francia in primis. La opinione pubblica che parla il linguaggio dell’Europa, di una identità comune e di una narrazione propria, deve ancora venire, sempre se verrà.