Presto la professione di critico musicale non esisterà più

15 Febbraio 2013 • Giornalismi • by

Se in passato a scrivere di musica, teatro e architettura, erano profili specifici e preparati ora, per lo meno negli USA, ad occuparsi di tutti questi generi è il singolo giornalista. Una tendenza che mette a repentaglio la qualità del giornalismo e della critica nelle pagine culturali dei giornali. Di questa situazione ne ha parlato con noi la giornalista Anne Midgette, caporedattrice della critica di musica classica del The Washington Post (WP), in occasione del Seventh Cartagena International Music Festival tenutosi dal 5 al 13 gennaio in Columbia.

Midgette, una dei conferenzieri ospiti del seminario sponsorizzato dal Ministero della cultura colombiano e organizzato dalla New Foundation of Journalism of Gabriel Garcia Marquez (FNPI), è convinta che in ogni giornale ci dovrebbe essere uno spazio ben distinto dedicato alle riflessioni sulla musica, in cui si trovino riassunti gli annunci, i resoconti e la critica di ogni genere musicale. Tale spazio dovrebbe essere redatto da giornalisti specializzati che sviluppino articoli sia di musica classica che leggera. Attualmente negli Stati Uniti la critica musicale non è di qualità soddisfacente perché i giornalisti e i reviewers, che se ne occupano, non sono esperti del settore. La critica musicale sui giornali e i loro siti web è semplicemente una copia di quello che viene trasmesso dalle agenzie di stampa.

I concerti non vengono recensiti

Midgette paragona il giornalismo musicale al giornalismo sportivo. Per ogni tipo di sport ci sono giornalisti distinti, che scrivono delle gare e delle partite, del côté business (in quale squadra andrà il tal giocatore, quanto viene pagato e cose simili), e si sviluppano e raccontano storie dei vari protagonisti. Le stesse tre colonne portanti dovrebbero essere rappresentate nel settore del giornalismo che si occupa di cultura e arte. Negli ultimi anni nel settore del giornalismo artistico tutto è stato tagliato tranne i ritratti degli artisti, ovvero articoli biografici che introducono un artista in particolare. Per esempio se un certo artista arriva in città per dare un concerto, nel giornale viene pubblicata una sua biografia per stimolare i lettori ad andare al suo concerto, ma successivamente il concerto non viene recensito. La critica musicale asserisce che così facendo si spegne l’interesse dei lettori, che non potranno mai sapere se il concerto è stato buono o meno. Midgette aggiunge che in America gli editorial boards fanno affidamento sul materiale già pronto e diffuso, senza la minima idea di come sarà il concerto. Una eccezione alla regola si osserva nel settore della musica leggera. In questo caso, quando il musicista arriva in città, un membro della redazione viene spedito per riferirne, anche se non è detto che il giornalista sia un esperto di musica pop.

Il The New York Times, secondo la giornalista, sarebbe l’unico giornale dove il lavoro di giornalista musicale sia un incarico full-time, mentre al WP , per sviluppare la sezione dedicata alla musica ci si avvale di giornalisti specializzati ma free-lance. In molti giornali non vi è addirittura nessun articolo di musica. La professione del giornalista d’arte ha subito una totale metamorfosi. Alcuni suoi amici, un tempo giornalisti di musica classica, ora devono scrivere anche recensioni di teatro, arte in generale e architettura.

Il critico è un reporter

C’è una grossa differenza tra il giornalismo musicale e la critica musicale: “ I reporter musicali raccolgono fatti concreti e scrivono storie reali, non possono esprimere la loro opinione nell’articolo, mentre al contrario ai critici musicali viene richiesto di esprimere la loro opinione, di valutare per esempio quale orchestra sia buona e quale cattiva e i pro e i contro dell’esecuzione. Gli autori della critica d’arte pensano con spirito critico ma non applicano un criticismo dettato dalla cattiveria.” Midgette rassicura che nonostante le differenze si tratta di giornalismo in entrambi i casi.

Nella descrizione che lei fa del profilo del giornalista d’arte sono elencate molte attività: le interviste, lo studio delle informazioni, gli incontri con i direttori artistici al fine di acquisire notizie sulla stagione, gli incontri con i musicisti o con i direttori di orchestra, per scoprire dettagli sui budget, l’offerta di un blog per i lettori, l’ascolto regolare di CD, la visione dei film significativi del momento, una riflessione costante da cui scaturiscano idee per nuovi articoli e, per concludere, la segnalazione di novità musicali. “Ai giornalisti d’arte viene richiesto di coprire uno spettro molto ampio. C’è più lavoro di quello che si riesce a fare. Inoltre è una grande responsabilità. Al momento scrivo di Vivaldi, subito dopo mi occupo della posizione attuale di un’ orchestra americana, contemporaneamente, se a Washington sta succedendo qualcosa di importante in campo musicale, voglio essere la prima a scriverne.”

Una storia da raccontare

Sia il giornalista musicale che il critico musicale, devono essere in grado di riconoscere e raccontare una storia. “ Nel caso del critico, la sua opinione è la storia, poiché è lui che vive l’esperienza del concerto ed è a sua discrezione come raccontarlo”. La giornalista enfatizza che questo tipo di articolo sarà sempre di tipo soggettivo e personale. Anzi, sostenere il mito che il giornalismo di critica è obbiettivo, pregiudicherebbe la professione. “Naturalmente è possibile scrivere articoli puramente descrittivi, ma se questi non sono accompagnati da un’opinione, al lettore rimane da sapere se il concerto sia stato di livello più o meno buono.”

Per la giornalista del WP sentirsi dire “la sua recensione mi è piaciuta ma io sono di tutt’altro parere” é il miglior complimento che possa ricevere.  Invece di dire ai miei lettori cosa pensare, il mio intento è quello di aiutarli a formare una propria opinione personale, che ha come base la mia recensione.” Per quel che riguarda il futuro della sua professione Midgette è pessimista  “Dubito che fra 15 anni  esista ancora”.

 Traduzione dall’ articolo originale pubblicato sul sito EJO lettone a cura di Alessandra Fillippi.