Il Corriere del Ticino, 16.08.2006
Neanche 25 anni fa un libro dell’esperto americano di media Ben Bagdikian destò grande clamore in tutto il mondo. Lo studioso preannunciava che un paio di grandi aziende avrebbe presto avuto l’assoluto controllo su ciò che avrebbe «visto e sentito l’americano medio». Sosteneva che le piovre dell’industria dei media avrebbero influenzato il flusso delle informazioni non solo negli Stati Uniti bensì a livello internazionale. Per il libro era stato scelto un ingegnoso titolo a doppio senso: «The Media Monopoly» – che richiamava da un lato il famoso gioco di società, dall’altro l’idea di monopolio.
Da allora nel settore dei media il gioco del ‘Monopoly’ si è evoluto in maniera vertiginosa, ma la previsione di Bagdikian si è avverata solo in parte.
Come illustrato dai ricercatori tedeschi Lutz Hachmeister e Günther Rager nell’ultimissima edizione del loro compendio sui 50 maggiori gruppi editoriali nel mondo, sono stati soprattutto i grandi – come d’altronde prevedeva Bagdikian – a ingrandirsi ancora di più: i primi dieci nella classifica sono infatti riusciti quasi a triplicare i profitti nel giro di nove anni (dal 1995 al 2004) accrescendo gli utili da 70 a 170 miliardi di euro, mentre complessivamente, per i 50 maggiori gruppi editoriali il volume d’affari è «solo» raddoppiato.
Occorre tenere conto che il monitoraggio include anche gli anni nei quali l’industria dei media, una volta infranti i sogni della new economy, è andata incontro alla sua più grande crisi. Le tre maggiori aziende editoriali Time Warner, Walt Disney e Viacom hanno mantenuto le loro posizioni ai vertici – così come l’azienda australiana di Rupert Murdoch News Corporation. Mentre le più grandi aziende europee, ovvero Bertelsmann e Vivendi, sono retrocesse dal secondo al quinto, ovvero dal settimo al nono posto.
Mediaset, il colosso televisivo dell’ex capo del governo italiano Silvio Berlusconi, è progredito dal 35° al 29° posto. Le aziende tedesche – con le eccezioni di Bertelsmann e della radiotelevisione pubblica ARD – occupano solo gli ultimi posti: la Springer AG, finita sulle prime pagine dei giornali tedeschi per l’intenzione di acquistare Pro Sieben Sat. 1, si colloca al 44° posto, perdendo ben sedici posizioni. Burda, Holtzbrinck, il gruppo WAZ e Pro Sieben Sat. 1 fanno da fanalino di coda.
Nella lista non appare più la Microsoft, per «mancata produzione di contenuti». E per la stessa ragione Google non figura ancora tra i primi 50. Solo cinque imprese giapponesi rappresentano il mondo asiatico. Bagdikian aveva ragione prevedendo un rafforzamento dei colossi del settore, ma sbagliava nel prevedere un oligopolio. Nessuno dei 50 maggiori gruppi editoriali del settore è riuscito infatti a conquistare posizioni di predominio assoluto. Ed è verosimile che nel prossimo futuro la situazione non cambierà.
Lutz Hachmeister/Günther Rager: Wer beherrscht die Medien? Die grössten Medienkonzerne der Welt. Verlag C. H. Beck, München 2005.