Così è giunta anche in Germania. E chissà perchè ora sembra fare più paura, almeno a giudicare dall’eco mediatica che sta suscitando in tutta Europa, in particolare tra gli addetti al settore. Anche alle nostre latitudini, in Svizzera come in Italia. Forse perchè abituati a vedere il paese della Signora Merkel come la potenza econonomica dell’Unione europea sorprende apprendere che la crisi della carta stampata non fa sconti e non guarda in faccia nessuno, neanche i grandi gruppi editoriali tedeschi. La cancelliera in primis che lo scorso fine settimana ha spezzato una lancia in favore dei giornali promettendo di incentivare e sostenere progetti futuri legati al cartaceo innescando un vero e proprio dibattito politico sul futuro dei media negli ambienti politici tedeschi. E improvvisamente tutti sembrano essersi resi conto della drammaticità e dell’urgenza della situazione: secondo il presidente della Repubblica Federale Joachim Gauck i media sarebbero dinanzi a importanti cambiamenti, secondo il capo del partito tedesco FDP, Philipp Rössler, gli editori dovrebbero affrettarsi a comprendere e soddisfare le nuove esigenze dei lettori.
Qualcuno forse, dovrebbe fare presente ai signori politici come Gauck che i cambiamenti dei quali parlano sono già in atto da tempo e hanno già provveduto a mietere vittime illustri altrove. Ora semplicemente è il turno della Germania e se davvero si voleva intervenire bisognava agire prima, molto prima. Ma forse sarebbe stato comunque inutile.
Naturalmente fa impressione e preoccupa apprendere a distanza cosi ravvicinata dell’ insolvenza della “Frankfurter Rundschau” che dopo la Süddeutsche Zeitung, la Frankfuter Allgemeine Zeitung e la Welt è il quotidiano più letto, cosi come dello stato di insolvenza dichiarato dall’agenzia di notizie dapd, della chiusura del foglio serale di Norimberga Abendzeitung andato in stampa l’ultima volta il 29 di settembre e la chiusura del magazine cittadino Prinz di casa nella regione della Ruhr con edizioni a Colonia, Dortmund, Lipsia, Berlino e Amburgo. Senza contare che tutto questo significa anche il licenziamento per 60 giornalisti.
Fino alla notizia che ha ricevuto più attenzione di tutte, dell’ultima edizione del Financial Times Deutschland prevista per il 7 di Dicembre. Un giornale nato nel 2000 che in realtà non ha mai scritto cifre in nero e non ha mai trovato il suo posto sul mercato tedesco. Un giornale nato alla soglia di quelli che ancora erano tempi buoni per i giornali ma non abbastanza robusto per reggere i tempi critici che sono seguiti pochi anni dopo. Oltre al fatto, come dichiarato dall’editore Gruner + Jahr, che con la chiusura del FT, sono a rischio 300 collaboratori.
Contenuti a pagamento per tutti
Ora tutti corrono al riparo. Qualche settimana fa Wolfgang Blau responsabile di “Zeit Online” presto al Guardian diceva, con parole in realtà assai scontate, che i giornali oggi hanno una chance solo se non vedono internet come un nemico.
Forse per questo il Wall Street Journal tedesco non ha neanche contemplato l’edizione cartacea ed è partito subito “digital only”.
Mentre il colosso Axel Springer lavora a nuove strategie digitali e va a segno nel terzo trimestre 2012 registrando nel settore dei media digitali i ricavi più alti all’interno dell’azienda.
Mathias Döpfner, CEO di Springer, spinge da tempo gli altri editori a non proporre più contenuti gratuiti online. Anche l’edizione online della Welt infatti a inizio 2013 sarà a pagamento. A metà 2013 seguirà anche la Bild con un modello a pagamento proprio.
Stessa musica anche per la Frankfurter Allgemeine Zeitung e la Süddeutsche Zeitung entrambe alla ricerca di un efficace modello di pagamento.
L’editore della FAZ Frank Schirrmacher, mette però in guardia dal cercare l’unica via d’uscita nella rete dalla quale per ora hanno tratto profitti solo Facebook, Amazon, Apple e Google.
Panta rei: la fine delle notizie
In questa panoramica è interessante la visione di Sascha Lobo sullo Spiegel. A suo parere dietro la crisi della carta stampata ci sono molto più del web e delle difficoltà economiche. È il concetto stesso di notizia a essere in crisi, dice Lobo, perchè oggi l’articolo statico non lo legge più nessuno. Le notizie sono ormai un processo in divenire, “Panta rei” (tutto scorre come un fiume) un flusso e un movimento continuo che ha bisogno di aggiornamenti costanti che non possono trovare espressione sulla carta cosi fisica, immobile e statica.
Per questo secondo il giornalista tedesco fanno bene quei giornali cartacei che si allontanano dal concetto di riportare semplicemente le news e puntano invece sull’approfondimento e l’analisi, aiutano a contestualizzare le informazioni, a comprendere il processo delle notizie.
Cosi fa l’Economist e cosi fa lo Spiegel Online dove gli articoli vengono costantemente aggiornati, approfonditi e integrati. E spingendosi oltre Lobo afferma “Forse la crisi dei giornali è piuttosto una crisi delle notizie tanto offline quanto online: è la fine della cronaca statica”.