E’ frivola secondo The Economist. Silenziosa, stando a guardare le homepage dei quotidiani italiani che domenica pomeriggio hanno tralasciato o relegato in fondo l’argomento. Rumorosa, seguendo invece i quotidiani francesi che si sono attrezzati di streaming per le manifestazioni di piazza, di sondaggi a spron battuto e di notizie dell’ultimo minuto per starle dietro al meglio. La campagna elettorale per la prossima elezione presidenziale francese, comunque la si racconti, rimane inestricabilmente legata al mondo dei media. Anzitutto perché l’informazione fa l’elezione, per semplificare quanto emerge da autorevoli studi di settore.
INFORMAZIONE E VOTO
Sul rapporto biunivoco tra pratiche di informazione e comportamenti elettorali la bibliografia è vasta. Per ciò che riguarda lo specifico contesto francese però, è utile rispolverare uno studio elaborato dal Centre de recherches politiques di Sciences Po su direzione di Pascal Perrineau nel 2007, l’anno delle precedenti presidenziali. Nel capitolo “Médias et recherche d’information politique”, Arnaud Mercier rileva innanzitutto che i più interessati alla politica continuano a essere consumatori voraci di informazioni. Confrontando il caso francese con quello di altri Paesi europei, lo studioso trova anche che la Francia si caratterizzi per una mancanza di fiducia sia nella politica che nei programmi di informazione politica stessi. Ma di quale informazione stiamo parlando? Sempre nel 2007 Thierry Viedel illustra, dati alla mano, quali sono i canali mediatici più utilizzati per formare la propria opinione politica oltralpe. In “Les électeurs et les médias”, Vedel non ha dubbi: è senz’altro la televisione la prima fonte di informazione politica per i francesi. Il 58% della popolazione utilizza questo come medium privilegiato, seconda è la radio con il 17%, mentre la combinazione televisione-radio convince il 28% dei francesi. La stampa quotidiana nazionale è il punto di riferimento solo per 10 su 100 di loro. E se il livello di formazione, l’età, il profilo sociologico e politico degli individui corrispondono a pratiche differenti, la conclusione generale rimane quella per cui la televisione fa da regina.
E INTERNET?
Nel 2007 Vedel considerava la tv il medium di riferimento per la campagna elettorale presidenziale allora in corso. Gli altri media avevano un ruolo accessorio, e internet non costituiva un’eccezione alla regola. Cinque anni dopo si potrebbe pensare che il panorama si sia ribaltato, o che comunque il piatto della bilancia dei media più utilizzati per la formazione delle preferenze politiche sia oggi più indulgente con il web. Tuttavia alcuni indizi fanno pensare che non stia andando così. Il 21 marzo il magazine online specializzato Le Journal du Net pubblica in esclusiva un sondaggio realizzato da Lightspeed Research. E la conclusione non è granché dissimile da quella del 2007: la tv rimane il medium di riferimento, mentre internet non gioca un ruolo di rilievo neppure in questa campagna elettorale. Lo dicono i dati espressi nella ricerca: tra le fonti di informazione più gettonate in questa tornata, la televisione sta in vetta con il 72%. La stampa, intendendo in questo studio come un unico insieme la versione cartacea e quella online, viene consultata dal 37%, mentre i social media conquistano un misero 1 per cento a testa, ex aequo per Facebook e Twitter. E qui il ragionamento prende anche un’altra strada: non solo la televisione continua a essere il principale bacino di informazione, ma d’altro canto la stessa politica non riesce ad attecchire sui nuovi media. Perché, dice il sondaggio di Lightspeed, i siti web dei partiti politici o i twitter e post dei candidati vengono consultati rispettivamente dal 12% e dal 5%. La televisione rimane indubbiamente la fonte di informazione ritenuta più affidabile, seguono stampa e radio, mentre il web resta inchiodato agli ultimi scalini della classifica.
TEMPO REALE
Se il panorama di consumo mediatico può sembrare monolitico, soffermiamoci allora su alcune tendenze recenti che ci aiutano a cogliere sul piano qualitativo uno slittamento in favore del cambiamento. Un fattore degno di interesse riguarda infatti la capacità di uno dei media tradizionali, la stampa, di utilizzare i nuovi strumenti. Navigando sulle versioni online dei principali quotidiani francesi, tra i quali Le Monde, Le Figaro, Libération, è possibile osservare uno sforzo di adattamento ai tempi e ai linguaggi del web per raccontare la campagna elettorale. Anzitutto assume un ruolo rilevante la dimensione dell’immagine, cosicché i quotidiani attingono di frequente ai video. A questa componente si aggiunge la capacità di raccontare la campagna elettorale in diretta: le piattaforme streaming hanno consentito per esempio ai grandi quotidiani di “portare a casa” del lettore le manifestazioni di piazza dei candidati domenica 15 aprile. E se non bastasse, a corroborare l’effetto di senso della realtà in presa diretta, Le Monde aggiunge in basso all’home page i riquadri con gli aggiornamenti minuto per minuto, mentre Libération commenta in chat in diretta i raduni di Place de la Concorde e di Bois de Vincennes. La narrazione in tempo reale della campagna elettorale è uno dei pezzi forti dell’online, e a fare da apripista in questo ambito è stato, tra gli altri, l’Huffington Post (oggi presente anche in Francia) con le presidenziali americane del 2008. OffTheBus, esperimento di citizen journalism dedicato alla campagna elettorale, aveva contribuito ad attirare lettori e aveva mostrato il potenziale del web nell’informare minuto per minuto, chilometro per chilometro. Oggi, in questa campagna elettorale francese, anche i quotidiani più agé cercano di imparare la lezione dei giornali nativi digitali, ricorrendo al blogging, allo streaming, ai social media. E se la carta cambia, chissà che alle prossime elezioni il web possa prendersi la rivincita persino sulla tv.