L’Ejo getta le fondamenta di una Doctoral School

4 Ottobre 2013 • Giornalismi • by

In un giorno autunnale di settembre un gruppo di accademici si è riunito in Potsdamer Platz a Berlino per discutere di cosa potrebbero fare per proteggere il futuro del giornalismo. Potsdamer Platz è stata uno dei maggiori punti di incontro in Europa ed è parsa da subito una location perfetta per far incontrare ricercatori e professori da tutto il continente per discutere alcune idee e la possibilità di fondare una Doctoral School dello European Journalism Observatory. L’idea alla base del progetto è quella di proporre un approccio multidisciplinare e comparativo ai media studies, producendo ricerca rilevante anche per l’industria dei media da diffondersi tramite l’Ejo in modo da raggiungere i giornalisti e gli accademici potenzialmente interessati.

Si tratta di un approccio originale che mette i professionisti direttamente in contatto con gli accademici di cui sono oggetto di studio. Rasmus Kleis Nielsen, professore associato di comunicazione all’università di Roskilde (Ruc) in Danimarca e Research Fellow del Reuters Institute for the Study of Journalism all’università di Oxford, ha esposto durante il workshop i suoi pensieri sull’importanza di questa iniziativa. “Gli studi sul giornalismo sono una scienza. Come scienziato, non ho un ruolo attivo nel successo o nel fallimento del giornalismo”, ha detto Nielsen a Berlino. “Ma gli studi sul giornalismo sono anche una scienza sociale. Come tali, non si occupano esclusivamente della disinteressata ricerca della verità, ma hanno anche a che vedere con gli affari umani. Abbiamo una parte attiva nel modo in cui i giornalisti vedono se stessi, su come il giornalismo come affare umano si svilupperà”, ha proseguito Nielsen, aggiungendo che “qualunque siano le motivazioni, la maggior parte di noi in questa stanza accetta che il giornalismo, nel bene e nel male, con tutti suoi limiti, beneficia, almeno nelle democrazie occidentali, la democrazia stessa”. L’Ejo vuole fare tutto quanto è in suo potere per fare in modo che questo tipo di giornalismo sopravviva. Nielsen è anche convinto che buona parte del lavoro svolto dai media studies in lingua inglese si muova sulla convinzione che, con ogni probabilità, “tutto il mondo finirà per assomigliare agli Usa”. L’evidenza di ciò, ha concluso Nielsen, “è almeno discutibile”.

L’Ejo si concentrerà su un approccio comparativo ai media studies, sollevando questioni strutturali che possano aiutare a vedere le varie direzioni che il giornalismo sta seguendo in diversi paesi. Per dare vita al progetto, Stephan Russ-Mohl, professore di giornalismo e media management all’Università della Svizzera italiana e padre fondatore dell’European Journalism Observatory, ha lanciato una nuova collaborazione con Susanne Fengler, professoressa dell’Erich Brost Institute for International Journalism dell’Università di Dortmund e Robert Picard, docente del Reuters Institute di Oxford. Il primo evento di questa joint venture è stato la conferenza – che si è tenuta a Berlino il 18 e 19 settembre scorsi -, organizzata con il supporto della Daimler and Benz Foundation che ha offerto ospitalità presso la Haus Huth, unico palazzo di Potsdamer Platz sopravvissuto ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e attuale sede della Daimler Contemporary Art Collection.

I giovani ricercatori hanno messo sul tavolo nuove ricerche e nuove metodologie, presentando diversi paper. Ad esempio, si è discusso di come WikiLeaks stia cambiando la definizione stessa di giornalismo e della possibilità che il quotidiano tedesco Bild abbia ottenuto qualche beneficio economico dal suo scoop che ha portato alle dimissioni del Presidente Christian Wulff. La Doctoral School dell’Ejo vorrebbe finanziare giovani ricercatori e i loro progetti di ricerca per un massimo di tre anni, arco di tempo in cui i dottorandi dovranno ottenere il loro PhD. I partecipanti potranno lavorare presso le istituzioni partner ma potranno anche avere supervisione e tutoraggio dall’interno del network dell’Ejo, partecipando attivamente anche a conferenze, workshop e seminari.

“L’obiettivo è quello di costruire un nuovo linguaggio nel linguaggio degli studi sul giornalismo e quello dell’analisi economica e trovare una nuova prospettiva di ricerca, combinandoli”, ha dichiarato Susanne Fengler durante la conferenza berlinese, aggiungendo: “nella pratica mediatica, l’economia influisce in modo forte sul modo in cui il giornalismo funziona, ma nella ricerca sul giornalismo c’è senza dubbio un gap. Certo, esiste il campo di ricerca sull’economia dei media, ma noi vogliamo studiare la pratica giornalistica da una prospettiva economica. Pensiamo che questa doctoral school possa essere un’esperienza unica. Creerebbe nuovi campi interdisciplinari, nuovi modelli di business, nuovi canali di distribuzione e, speriamo, un modello sostenibile di qualità giornalistica”.

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