Corriere della Sera: scontro aperto tra direzione e redazione sull’organizzazione del lavoro
Difficile governare un processo di cambiamento nelle organizzazioni editoriali che sopravvivono all’eredità della carta stampata. E’ oggi scontro aperto al Corriere della Sera, dove l’Assemblea dei giornalisti ha indetto due giorni di sciopero per rispondere a quello che il Comitato di Redazione definisce un attacco contro tutele e regole del lavoro. Nella sostanza, il direttore Ferruccio De Bortoli afferma che l’impianto di regole pensato nell’era del piombo sia un ostacolo all’innovazione e alle modalità di produzione multimediale e multicanale che devono oggi essere soddisfatte. In altre parole significa affermare che il contratto dei giornalisti professionisti è anacronistico e inacettabile, non più allineato alla sostenibilità di una nuova informazione.
Ecco i punti salienti della lettera inviata da De Bortoli alla redazione del Corriere:
- “Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione.
- Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti.
- Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti.
- Non è più accettabile l’atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv.
- Non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione I pad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere della Sera.
- Non è più accettabile la riluttanza con la quale si accolgono programmi di formazione alle nuove tecnologie.
- Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi.
- Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa di una professione che ogni giorno fa le pulci, e giustamente, alle inefficienze e alle inadeguatezze di tutto il resto del mondo dell’impresa e del lavoro”
Continua De Bortoli, “L’elenco, cari colleghi, potrebbe continuare. E’ un elenco amaro, ma sono costretto a farlo perché, continuando così, non c’è più futuro per la nostra professione. E, infatti, vi sfido a contare in quanti casi sulla Rete è applicato il contratto di giornalista professionista”.
Regole, vincoli, non più sostenibili, dice De Bortoli. La professione è radicalmente cambiata. In un mercato che deve necessariamente confrontarsi con un numero variabile di piattaforme di diffusione dei contenuti il contratto giornalistico non rende possibile un’organizzazione del lavoro coerente con i nuovi modelli editoriali.
Nuove iniziative editoriali che nascono in rete ritengono sotanzialmente inapplicabili alcune regole che tuttora sono valide all’interno di realtà più strutturate e sindacalmente più protette. Lettera43, nuovo giornale elettronico fondato e diretto da Paolo Madron, che decollerà online nel mese di ottobre, è per esempio organizzato con una redazione di 20 giornalisti, quasi tutti sotto i 30 anni per i quali è previsto un contratto di collaborazione rescindibile con un preavviso di tre mesi. (Leggi l’ineressante intervista a Daniele Sensini a.d. di Leetera43, pubblicata su Affari Italiani).
Quanto accade al Corriere è un sintomo delle difficoltà che incontra il processo di trasformazione che deve traghettare l’industria editoriale a un nuovo modello di organizzazione del lavoro. Come affermava Macchiavelli in un passato sempre presente,
E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene. La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, parte dalla incredulità delli uomini; li quali non credano in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza
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