Scrivere, fare domande, elaborare inchieste, è diventato pericoloso anche a latitudini prima impensabili. Questo è il risultato dell’indagine condotta dall’Osservatorio Ossigeno 2010*, un rapporto completo ed esaustivo che fotografa quanto anche in Italia, fatte le dovute proporzioni, la professione del giornalista sia oggetto di pericolosi attacchi. E non ci riferiamo alle leggi all’esame dell’Esecutivo italiano che tanto fanno discutere, niente “legge bavaglio”, qui si parla della possibilità di morire per aver compiuto il proprio mestiere. Il rapporto, presentato recentemente al Circolo della Stampa di Milano, si focalizza su centinaia di giornalisti che, negli ultimi due anni, ha ricevuto pesanti minacce, pressioni, intimidazioni di ogni genere, fino alle più gravi che, tutt’oggi, costringono molti colleghi a vivere sotto scorta.
Le dimensioni del fenomeno in Italia parlano da sole: almeno 12 giornalisti sotto scorta, 78 casi di minaccia censiti, 23 di questi investono intere redazioni, coinvolgendo oltre 400 giornalisti.
Chiaro, i numeri registrano solo chi ha denunciato il fenomeno ma il timore è che questo “tumore” sia molto più vasto. A farne le spese maggiori, per giunta, sembrano essere quei cronisti free-lance, precari, isolati pure dal resto della redazione. Il rapporto Ossigeno segnala che 52 colleghi tra quelli che hanno sporto denuncia hanno un lavoro stabile, 18 precario e ben 8 sono liberi professionisti o free-lance. Le aggressioni fisiche sono state 13 con 15 danneggiamenti alle cose. I casi di minacce ed intimidazione, verbali e fisiche, sono state 34 con 16 denunce legali. Per molti di questi si va dalle auto bruciate ai proiettili recapitati nelle redazioni quando non teste di animali, insomma tutto ciò che occorre per imprimere una sentenza di morte. Dalle carte emergono lettere di minacce inquietanti, come quelle rivolte al giornalista Sandro Ruotolo e per le quali la Digos di Roma sta indagando. Ruotolo non ha un servizio di scorta e dai suoi racconti traspare una certa preoccupazione, che comunque non gli impedisce di continuare a fare il proprio mestiere e di raccontare l’Italia a modo suo.
Atri colleghi hanno la scorta ma il potere di penetrazione di messaggi fin troppo chiari sembra inarrestabile. Sempre il rapporto cita l’esempio di Rosaria Capacchione, la giornalista de Il Mattino di Napoli sotto scorta da tempo per le numerose minacce subite dai Casalesi. Lo scorso 11 febbraio – attesta il rapporto 2010 – durante la presentazione di un libro alla libreria Feltrinelli di Napoli, è stata avvicinata dal cugino del superlatitante Antonio Iovene che le ha contestato alcuni articoli scritti un anno prima su un altro congiunto «eccellente», Riccardo Iovene, arrestato assieme all’autore della strage di Castelvolturno, il boss Giuseppe Setola, nel gennaio del 2009. Oltre alla scorta – conclude il racconto – in libreria erano presenti decine di persone, carabinieri graduati e il magistrato italiano Raffaele Cantone.
Lirio Abbate non gode di più fortuna, autore di numerose pubblicazioni di grande diffusione in Italia sui legami mafia-politica, soprattutto di un volume intitolato “I Complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlmamento”. La sua capacità di fare inchieste e di “scovare” elementi oscuri gli è valsa una bomba sotto la sua auto a Palermo nel settembre 2007. Da quel tentativo si è passati a minacce sventate e riportate su lettere anonime giunte nelle redazioni presso le quali Abbate lavora. Questi sono solo tre esempi eclatanti in uno scenario molto più ampio che ha il denominatore comune in bravi colleghi impegnati giornalmente a raccontare i fatti. Sicilia, Calabria e Campania sono spesso balzate agli onori delle cronache per il controllo che alcuni gruppi criminali operano su una parte del territorio ma dalle associazioni dei giornalisti arriva forte il segnale che anche all’ombra della Madonnina le cose non vanno bene.
Anche nel Nord Italia si insinua lentamente un comportamento inaccettabile nei confronti della categoria, soprattutto, evidenziano i giornalisti, a danno di coloro facilmente individuabili, cronisti magari in testate minori, corrispondenti in piccole porzioni di territorio, conosciuti dalla gente. Non sempre, come detto, si viene raggiunti da buste di minacce. Ci sono altri deterrenti come le preventive richieste di risarcimento, la gogna politica nel caso l’oggetto delle inchieste siano gli amministratori politici sul territorio. Taluni denunciano addirittura l’impossibilità di intervistare questo o quel rappresentante delle istituzioni, irritato con loro per alcuni articoli apparsi sui media. Poco lusinghieri nei confronti loro, poco inclini ad assecondare linee o programmi amministrativi.
Ben vengano dunque rapporti come quelli stilati da “Ossigeno per l’informazione“, l’Osservatorio della Federazione nazionale stampa italiana e dell’Ordine dei giornalisti. E’ un modo per rendere noto e amplificare quanto sta accadendo a molti colleghi senza risparmiare pure una proposta al legislatore: l’ipotesi di reato per ostacolo all’informazione, dal momento che quest’ultima è sancita dalla Costituzione italiana. Censure e minacce – secondo l’osservatorio – dovrebbero entrare con urgenza nell’agenda della politica italiana.
* Se non dovesse aprirsi la pagina il link diretto allo studio dell’ Osservatorio Fnsi-Ordine Giornalisti sui CRONISTI SOTTO SCORTA E LE NOTIZIE OSCURATE, è questo:
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