Sì, le coincidenze esistono. E spesso sono felici. L’Osservatorio europeo di giornalismo è nato in modo apparentemente casuale: grazie all’intuizione, ma forse sarebbe meglio parlare di una sensazione, che due sconosciuti, con un background professionale che più diverso non si potrebbe, ebbero simultaneamente. Uno era un professore tedesco, di chiara fama nel mondo germanico e anglosassone, abituato a osservare il giornalismo dall’alto della Scienza accademica. L’altro era un giornalista ticinese, sbocciato alla Gazzetta Ticinese e al Giornale del Popolo e poi emigrato al Giornale di Milano alla scuola di Indro Montanelli, abituato a vivere la professione sul terreno, sia in redazione che come inviato nei grandi eventi internazionali. Era il 2004. Possibilità che i due si incontrassero poche, di sviluppare progetti assieme ancora meno. Ma c’era l’Usi e l’allora presidente Marco Baggiolini conosceva sia il professor Stephan Russ-Mohl, nel frattempo arrivato a Lugano da Berlino, che il sottoscritto.
Fu Baggiolini, parlando con l’uno e con l’altro, ad accorgersi che entrambi coltivavano lo stesso sogno, la stessa ambizione, quella di un istituto di giornalismo capace di costruire un ponte tra due mondi che si osservavano senza mai incrociarsi, quello accademico molto autorevole ma troppo spesso in ritardo sulle grandi tendenze dei media e quello del giornalismo, frenetico e appassionato, ma incapace di osservarsi in modo distaccato e critico per correggere i propri difetti. E poi un secondo ponte tra le diverse culture giornalistiche svizzera, italiana, anglosassone, germanica. E un terzo ponte tra il giornalismo ticinese e quello internazionale nell’affrontare le grandi sfide della multimedialità, dell’editoria digitale che già si profilava all’orizzonte.
Stephan ed io ci incontrammo e, increduli, ci accorgemmo che avevamo avuto la stessa idea simultaneamente. E all’unisono decidemmo subito di chiamarlo Osservatorio europeo di giornalismo. E fummo fortunati di beneficiare dello straordinario e signorile sostegno della Fondazione del Corriere del Ticino, trasmessoci dapprima dalla Signora Matilde Bonetti Soldati e dal dottor Amilcare Berra, poi anche da Fabio Soldati e da Federico Foglia. Ecco, l’Osservatorio nacque così. Per una coincidenza, anzi una catena di coincidenze. Da allora di strada ne ha fatta tanta, sviluppando sia il legame con il Ticino che l’apertura verso il mondo. Abbiamo organizzato workshop e conferenze a Lugano, portando alcuni dei più bei nomi del giornalismo italiano, svizzero e anglosassone e ci siamo affermati a livello internazionale. L’Osservatorio europeo di giornalismo oggi viene declinato in dieci lingue e ha stabilito partnership strategiche con Istituti e università prestigiose come il Reuters Institute di Oxford, l’Erich-Brost Institut di Dortmund, Medienhaus di Vienna, la Scuola di giornalismo e comunicazione dell’Università dell’Oregon.
Partecipa a progetti di ricerca internazionali e a grandi convegni, ma mantenendo sempre uno strettissimo rapporto con l’Usi, che resta il cuore dell’Osservatorio. L’attuale presidente Piero Martinoli non ci ha mai fatto mancare il suo incoraggiamento, cosi come, dalla fondazione, il segretario Albino Zgraggen e le aule dell’Università si sono trasformate in una fucina di studenti e giovani dottorandi, che regolarmente si aggregano al nostro istituto, portando entusiasmo, idee, contributi e avendo la possibilità di mostrare il proprio valore, nonché di partecipare a pieno titolo alle nostre attività sia a Lugano che all’estero.
Ma soprattutto l’Osservatorio europeo di giornalismo, a distanza di dieci anni, si accorge che la sua missione è tutt’altro che esaurita. Oggi i giornalisti e le case editrici devono affrontare sfide epocali, affascinanti ma difficili, in cui il nuovo mondo digitale convive con quello tradizionale, che richiedono prontezza di riflessi e continui aggiornamenti. I ponti sono apprezzati, la ricerca di nuovi orizzonti professionali, di soluzioni innovative a problemi strutturali mai come ora richiesta. E parallelamente cresce il bisogno di osservatori competenti, che non hanno certo la pretesa di offrire soluzioni miracolose ma che si propongono di informare e di trasmettere conoscenza con onestà intellettuale.
Lo spirito dell’Osservatorio è rimasto quello degli albori, così come l’altro valore che da sempre accomuna Stephan, il sottoscritto e i tanti collaboratori – da Cristina Elia a Natascha Fioretti passando per Colin Porlezza e Giovanni Zavarit – che si sono avvicendati al nostro fianco: la fiducia incrollabile nel giornalismo di qualità e indipendente, che sa essere coraggioso e al contempo autorevole. Un giornalismo di cui una società sana e davvero democratica non potrà mai privarsi e che non ci stancheremo mai di difendere.
Speciale 10 anni di Ejo:
“Osservando il quarto potere”, di Stephan Russ-Mohl
Articolo pubblicato originariamente sul Corriere del Ticino l’1 Marzo
Photo credits: Università della Svizzera italiana
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