Citizen journalism, giornalismo partecipativo o collaborativo, le etichette si spendono, ma nella sostanza significa creare le condizioni affinché l’informazione possa trovare spazi aperti nei confronti di persone che operano a un livello complementare o satellitare all’informazione primaria. In questi anni più piattaforme e iniziative sono nate sul filone di questa nuova tendenza. Basti ricordare Spot.us negli Stati Uniti o iniziative locali come YouCapital. Tutte hanno il pregio di proiettare il giornalismo in dimensioni diverse da quelle sinora prodotte dall’editoria tradizionale. Il citizen journalism non sostituirà la forma primaria di giornalismo, piuttosto può candidarsi a essere una forma di espressione aperta a persone che vogliono partecipare a un processo di condivisione delle informazioni creando le premesse perché internet possa ampliare gli spazi di discussione. Come dire, dei media sociali dedicati a promuovere e amplificare l’informazione, senza filtri.
Fare in modo che iniziative di questo tipo trovino una sostenibilità economica è tutt’altro che semplice. O sono iniziative non profit sostenute da organizzazioni esterne, come accade talvolta negli Stati Uniti, o sono iniziative che si affidano allo spontaneismo partecipativo. Queste ultime hanno però vita breve se non trovano un sistema che possa renderli indipendenti e autonomi economicamente. Esiste come sempre il problema di trovare la piattaforma corretta che possa automatizzare la pubblicazione dei contenuti, trovare, in definitiva, la modalità attraverso la quale gestire gli interventi dei citizen journalism con efficienza ed efficacia, cercando di fare emergere la qualità.
Una di queste iniziative è Blottr, lanciata nel Regno Unito nell’agosto dello scorso anno e ora, grazie a un finanziamento di 1 milione di sterline, in espansione con nuove presenze in Francia (dal 12 ottobre) e Germania (dal 24 ottobre). Secondo quanto riferito da Journalism.uk sono più di mille i cittadini che partecipano alle attività di Blottr, per lo più giornalisti non professionisti e blogger che ricevono un compenso stabilito in base al numero di click che ottiene la storia pubblicata. Blottr mira a un’ulteriore espansione. L’obiettivo è essere presenti in 50 città diverse di 10 differenti paesi.
In UK la copertura dell’informazione è garantita in otto città – Birmingham, Bristol, Cardiff, Edinburgh, Leeds, Leicester, London e Manchester – e il sito totalizza 1,4 milioni di visitatori unici al mese, con una crescita media mensile del 20%. Questo, almeno, è quanto affermato da Jerry Boston, uno degli autori dell’iniziativa. Analizzando il sito Blottr.com ci si accorge però che lo stile di molte notizie presentate è quello classico delle agenzie e il contributo dei citizen journalist limitato a contributi personali alla storia proposta dallo staff del sito.
La migliore caratteristica di Blottr è essere stato sviluppato secondo criteri partecipativi, ciascuno può intervenire portando informazione supplementare a quanto già pubblicato, in definitiva una piattaforma integrata che sembra essere la re-intepretazione di Facebook in stile giornalistico.
Ma la debolezza di un sito come Blottr, alla pari di altre iniziative che si ispirano al citizen journalism, è quella di avere una informazione poco strutturata. D’altra parte se il palinsesto delle notizie si basa sullo spontaneismo partecipativo il rischio è quello di scadere in un labirinto di informazioni poco o per niente organizzate.
L’idea più avvincente è creare delle comunità che si riconoscano nelle notizie pubblicate. Un percorso sul quale Blottr sembra già avere creato delle possibili prospettive di sviluppo. I numeri di accesso, superiori al milione di visitatori, sono una potenziale garanzia sulla sostenibilità dell’iniziativa.