Finanza e politica a braccetto anche nei media

21 Febbraio 2012 • Giornalismi, Giornalismo sui Media • by

Vendere l’Italia come un prodotto e vendere un prodotto come fosse l’Italia: quello che fino a qualche tempo fa sarebbe sembrato un paradosso conquista invece il campo mediatico italiano negli ultimi mesi. Se già dalla scorsa estate le prime pagine di cronaca politica sono diventate indistricabili dall’economia, la visita del premier Mario Monti negli Stati Uniti rappresenta forse il livello più estremo – mediaticamente parlando – di questa sintesi di linguaggi e prospettive. E mentre le banche vengono interpellate di frequente dalla stampa come protagoniste delle vicende politiche europee, d’altra parte proprio sui media una banca, la Unicredit, utilizza i valori e i simboli nazionali per attirare investimenti. Un capovolgimento di prospettive e un matrimonio di linguaggi che conferma ancora di più quanto le dinamiche finanziarie e quelle politiche siano interconnesse – questo mettono in scena i media.

 

PRODOTTO ITALIA

 Non sono passate molte settimane da quando, come descritto in una analisi pubblicata a dicembre su Ejo, la costruzione mediatica mainstream ha cominciato ad impostare un frame interpretativo ben preciso. Un Paese in difficoltà e la necessità di sacrifici sono stati ribaditi in numerosi editoriali sui giornali italiani, costruendo un meccanismo narrativo paragonabile a quelli dei momenti di guerra. In particolare il discorso costruito dai due quotidiani mainstream, la Repubblica e il Corriere della Sera, si è incentrato sulla criticità del momento e sulla situazione di emergenza nazionale. Difficoltà e criticità che rendono apparentemente inspiegabile, ma che in realtà si pongono in continuità, con la rappresentazione del viaggio del premier italiano negli Stati Uniti, capace secondo i giornali di sedurre in pochissimo tempo politica e mercati. Dopo “Salva Italia” e “Cresci Italia”, i quotidiani italiani battezzano implicitamente il “Vendi Italia”. I toni encomiastici sono dilaganti, a tal punto che Enrico Mentana, votato nelle ultime settimane al ruolo di grillo parlante dei media italiani, l’11 febbraio nel tg serale di La7 parla di segnali preoccupanti per i mezzi di informazione italiani. Dopotutto la stampa americana non ha dato grande risalto all’incontro di Monti con Obama, segnala il conduttore, e la copertina di Time rilanciata dai giornali del Belpaese non è che l’edizione europea del settimanale statunitense. Ma questi appaiono particolari trascurabili (e trascurati) da parte della maggioranza dei quotidiani italiani.

Federico Rampini per Repubblica descrive sin dal titolo Monti come un eroe: “Il Professore nella fossa dei leoni”. Da una parte,  la difficoltà della “missione” e quindi il valore della sua riuscita, la “sintonia intellettuale” Monti-Obama, la unicità dell’impresa (di sedurre la finanza) “in cui mai si erano cimentati i predecessori”, incapaci “tanto di parlare l’inglese quanto di proporre contenuti”. Dall’altra, la natura della missione: convincere gli investitori globali, “vendere il proprio sistema Paese” (“in senso buono”, tiene a precisare l’inviato). Ancora più sbilanciato sul versante degli elogi è l’articolo di Vittorio Zucconi “Il Professore che piace all’America”. Il Corriere della Sera come da tradizione è più moderato nei toni, perlomeno su Twitter: il direttore Ferruccio De Bortoli il 10 febbraio mattina esprime disappunto per l’enfasi data dai media alla visita di Monti in Usa e chiede “maggiore sobrietà”. Sulla carta, ad ogni modo, anche il Corriere parla di riassetto delle relazioni tra i due Paesi e mette in evidenza le nuove aperture di credito. Una perifrasi, quella delle aperture di credito, che sintetizza bene l’ambivalenza della credibilità politica e di quella finanziaria, che nella rappresentazione mediatica recente sembra ormai appiattita verso un unico significato. Se a dicembre la legittimità del governo Monti si basava sulla sua presunta competenza nel traghettare l’Italia fuori da una crisi economica, a febbraio gli elogi al premier si costruiscono sulla sua capacità di “sedurre” i mercati e perfino (parola di Rampini) di “vendere” il sistema – Paese.

VALORE ITALIA

Un meccanismo di significazione inverso ma a suo modo coincidente con quello appena visto è stato utilizzato dalla banca Unicredit per la sua pubblicità diffusa qualche settimana fa attraverso televisioni e giornali. Nello spot video una giovane donna si arrampica su un asse portabandiera per sistemare una bandiera italiana avvolta su se stessa. La scena si svolge tra grattacieli e uffici. “Se sentite il bisogno di azioni concrete, partecipate alla campagna di ricapitalizzazione Unicredit”, recita la voce narrante, mentre i passanti che assistono al dispiegamento della bandiera applaudono entusiasti. Il passaggio logico che traina lo spot è chiaro: le azioni concrete sono volte a salvare la banca e, attraverso questa, il Paese. Non a caso nella pubblicità cartacea figurano semplicemente le due bandiere, quella italiana e un’altra con il logo della banca,  una sull’altra. Una sovrapposizione di immagini ma anche una connessione semantica inversa e analoga a quella vista nella prima parte dell’analisi. Se Monti in America ha “venduto” il prodotto Italia alla finanza, in questo caso invece è la finanza a utilizzare il sentimento nazionale per “vendersi” ai suoi potenziali investitori ovvero gli italiani. Lo scambio dei valori – monetari e patriottici – non fa che ribadire la connessione fra economia e politica nella rappresentazione che la società dà di se stessa attraverso i media. E nonostante questo appiattimento di significati confonda molti e lasci perplessi altri, la conclusione è abbastanza evidente: piaccia o no, sui media di oggi l’ambivalenza tra aperture di credito politiche e valori della finanza è ormai una costante.

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