Per ora. Sono stati momenti concitati quelli che hanno preceduto l’annuncio del primo Papa sudamericano. Alle 19.06 la fumata bianca, pochi secondi dopo la notizia sui social media, il tempo di organizzare layout e edizioni speciali e l’immagine del comignolo campeggia sulle testate online, poi l’annuncio della diretta live. Un’ora dopo il nome del nuovo pontefice argentino di origine Piemontese fa il giro del mondo: Jorge Mario Bergoglio Una bella emozione per chi ha seguito da vicino quella che è la prima elezione papale al tempo dei social media. Dall’emittente americana ABC, al Guardian, alla Süddeutsche Zeitung, alla stampa italiana, i media di tutto il mondo hanno seguito il ritiro del conclave e l’elezione papale con un’assoluta dedizione, attenzione e partecipazione, dimenticando per un attimo persino Grillo e il Movimento Cinque Stelle. Tra le mille previsioni in pochi, ad esempio il Vaticanista Andrea Tornielli su La Stampa, avevano pensato ad un Papa argentino, il primo Papa extraeuropeo, che con inflessione dolce e morbida salutasse Piazza San Pietro con uno spontaneo “Buonasera” portando via, in un attimo, quella distanza che Papa Ratzinger era riuscito a mettere tra sè stesso, la Chiesa ed il resto del mondo. In particolare tra sé e i media che al pontefice non ne hanno mai perdonata una cogliendo anzi ogni occasione per metterne in luce le debolezze, sottolinearne gli errori, trasformarne le timidezze in peccati e in passi falsi. Per i media “Ratzi” è stato un Papa impopolare, freddo, distante e duro con quel suo accento nordico e algido. Poi gli scandali di pedofilia, Vatileaks, i corvi minacciosi che non hanno aiutato una situazione già compromessa. A nulla è valso riorganizzare la strategia comunicativa del vaticano che più di una volta durante il pontificato di Ratzinger si è mostrata inadeguata e lenta. Prima con l’incarico a Greg Burke, ex corrispondente di Fox News a Londra, di dirigere la strategia comunicativa presso la Segreteria di Stato vaticana, poco dopo con il tentativo di fare di Ratzinger il primo Papa tecnologico via twitter – che però non twitta – a gennaio la nomina del nuovo direttore del Centro Televisivo Vaticano.
Ratzinger nonostante tutto, è rimasto fino alla fine un Papa impopolare, fino a quel 28 febbraio quando ha annunciato le sue dimissioni.
E’ presto per dire se – come è stato per Papa Giovanni Paolo II – Papa Francesco I riuscirà a farsi amare dai media. La prima impressione è stata positiva, la scelta del nome ben accolta, il suo umorismo apprezzato quando ha detto “I miei fratelli cardinali sono andati a prendere il vescovo alla fine del mondo”, le sue parole ascoltate quando ha chiesto al popolo in Piazza S. Pietro di benedirlo prima che lui benedisse il popolo. “E’ un uomo di una grande sensibilità, profonda spiritualità, molto vicino alle persone con difficoltà nel cammino della vita” ha detto di lui Monsignor Claudio Maria Celli. “E’ un gesuita, una persona buonissima e sono sicura che adesso la Chiesa è in buone mani” ha detto una ragazza tra la folla di San Pietro.
Se così fosse ne saremmo lieti ma solo il tempo ci dirà di che tempra e di che spirito è fatto davvero il nuovo Papa.
Per ora possiamo dire, d’accordo con Tornielli, che la scelta di un Papa latinoamericano esprime una forte volontà di cambiamento. Che le prime elezioni papali al tempo dei social media sono state emozionanti e appassionate. C’è chi non ne poteva più di leggere di fumate bianche e foto del gabbiano sul comignolo. C’è chi per annunciare l’identità del Papa ha semplicemente scritto “Francesco!” e condiviso. Chi lo ha definito subito simpatico perché sorridente. Chi ha aspettato che dall’account @pontifex partisse il primo tweet “Habemus Papam Franciscum” che ha avuto 13.000RT in un minuto.
Auguriamoci che i media, comunque vada, trattino questo Papa con più rispetto di quanto hanno fatto con il precedente, che scelgano di parlarne con chiarezza ed equilibrio, senza schierarsi, senza avere con lui un rapporto di totale odio o totale amore. E colgano invece l’occasione di avere un Papa sudamericano per gettare luce su una parte del mondo che è un cono d’ombra dell’informazione.
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