È stato pubblicato la scorsa settimana “The new normal for news. Have global media changed forever” titolo scelto per la sesta edizione del rapporto annuale di Oriella-PR-Network, realizzato per la prima volta nel 2008, che offre una fotografia dell’utilizzo dei social media e delle tecnologie digitali nel mondo dei media.
La ricerca di quest’anno è stata realizzata tra aprile e maggio 2013 in base alle risposte di 550 giornalisti in 15 paesi tra cui Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Russia, Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti, con una media di 38 giornalisti intervistati per ogni singolo paese.
Il rapporto conferma le tendenze evolutive in corso e le difficoltà legate alle stesse sia come abitudini di lavoro che di approccio culturale nel suo complesso. Insomma il nuovo avanza ma a fatica.
In particolare emerge che:
Un quarto dei giornalisti intervistati esegue più versioni di una stessa storia, adattandone i contenuti in funzione della piattaforma, mentre un quinto ha dichiarato che il giornalismo partecipativo, il citizen journalism, ha per la propria testata la stessa credibilità delle testimonianze tradizionali. Se certamente si tratta di un’evoluzione altrettanto certamente resta comunque una minoranza in entrambi i casi.
Lo studio rileva che i giornalisti utilizzano i social media per raccogliere notizie, ma le fonti attendibili e le relazioni pre-esistenti vengono considerate come le più rilevanti. Per esempio, il 51% dei giornalisti dichiara che la propria fonte di notizie sono i microblog, come Twitter e Weibo, ma solo quando la fonte è già considerata attendibile da altri. Quando la fonte è sconosciuta, l’utilizzo da parte dei giornalisti è dimezzato, circa il 25%. Al contrario, il 59% degli intervistati ha dichiarato che gran parte delle notizie che trattano derivano da “conversazioni con esperti del settore.”
Cresce l’utilizzo dei social media, ed in particolare quello di Twitter che passa a livello globale dal 47% dell’indagine del 2012 all’attuale 59%, ma è una dinamica che continua ad interessare l’Italia in maniera inferiore rispetto alla media generale, ed ancor più rispetto a Nazioni come USA, Uk e Francia. Infatti nel nostro Paese sia l’utilizzo di un blog personale che quello di Twitter e Google Plus sono nettamente sottodimensionati attestandosi rispettivamente al 19%, 38% e 8%.
L’unità di misura del successo degli articoli prodotti per l’online restano gli utenti unici e le pagine viste, solamente in Francia viene utilizzato come parametro il numero di follower quale elemento di engagement del lettore.
Circa il 50% dei giornalisti intervistati affermano che la parte più rilevante della propria audience è online ma, giustamente, restano perplessi di fronte alle reali opportunità economiche che questo comporta. Soprattutto è più della metà dei rispondenti ad affermare che comunque la carta stampata resta più prestigiosa rispetto all’online.
Diceva Woody Allen in Without Feathers: Non c’è dubbio che ci sia un mondo invisibile. Il problema è, quanto dista dal centro storico e qual è l’orario di chiusura? Potrebbe essere raccolta in questa frase la sintesi delle difficoltà verso la nuova normalità per l’ecosistema dell’informazione.