Il mestiere del giornalista di viaggio

2 Agosto 2012 • Giornalismi • by

Dopo essersi laureato in Storia a Harvard e aver lavorato per il Louvre a Parigi, Brandon Presser ha iniziato a occuparsi di giornalismo di viaggio per arrotondare. Oggi non è solo un autore di Lonely Planet ma si occupa anche della formazione per le nuove firme della casa editrice.

Non è difficile trovare una posizione libera per i giovani in questo campo, ma trovare il modo migliore per “vendersi” alle case editrici non è facile quanto si potrebbe pensare. In verità, per diventare un autore di viaggio, bisogna essere come lui: dotati di un buon linguaggio, buoni ricercatori, comunicatori, intelligenti, pieni di entusiasmo ed essere pronti a bussare alle porte degli editori fino a quando non aprono.

Molte volte, invece, capita che le persone si sentano pronte a fare questo lavoro, ma in realtà non lo sono affatto. “Andiamo”, dicono a volte le persone a Presser che ci racconta come funziona il suo lavoro, “Brendon, questo è il lavoro migliore del mondo! Pensano che si abbia l’occasione di visitare i posti più fantastici del mondo, rilassarsi negli hotel più esclusivi, ubriacarsi sulle spiagge e infine pubblicare una guida turistica con il proprio nome in copertina. Non è così: viaggiare è il mio lavoro. Mi alzo presto la mattina, organizzo la giornata, faccio ricerche e cammino tra gli hotel dalle 11 alle 2 del pomeriggio, quando la maggior parte dei clienti ha già fatto check-out ma molti devono ancora fare check-in. A ciò segue un pranzo veloce. Se sono in una città in cui mi fermerò per pochi giorni e, per esempio, ci sono sei ristoranti interessanti, dovrò mangiare in almeno tre di questi. All’incirca l’80% della mia giornata è poi spesa a comunicare con perfetti sconosciuti. Devo studiare l’organizzazione dei trasporti pubblici, fare calcoli per pianificare i miei spostamenti nel modo più pratico possibile, facendo del mio meglio per ottenere informazioni sui prezzi per le offerte che si susseguono nel corso dell’anno. Si tratta di un lavoro bizzarro e include cose che un viaggiatore normale non vorrebbe fare”.

La formazione non è la cosa più importante

Presser non ha alle spalle una formazione giornalistica e, soprattutto, non crede che una laurea in giornalismo sia il fattore più importante nel suo lavoro, pur restando convinto che esso abbia a che vedere con molti aspetti giornalistici. Bisogna, ad esempio, evitare di esprimere la propria opinione a riguardo delle tradizioni locali, saper maneggiare analisi, interviste ed essere in grado di utilizzare tutti i sensi nel processo di raccolta e presentazione delle informazioni. Da ultimo, è fondamentale essere disponibili ad andare ovunque su commissione e sapere scrivere correttamente. In sostanza, bisognerebbe sempre pensare come un freelance: “Devi sempre fare del tuo meglio per convincere l’editore, per quale motivo dovresti essere proprio tu a essere spedito in quella destinazione e perché dovresti essere incaricato di creare una particolare guida turistica o una parte di essa. Una volta raggiunto questo, Lonely Planet ti fornisce dei soldi per i voli aerei, gli hotel e il cibo. Ma il resto viene pagato quando l’articolo è scritto”, ci fa sapere Presser.

Abbiamo chiesto a Brendan Presser la sua opinione a riguardo dei blog di viaggio curati da persone nella nicchia di questo genere. La firma di Lonely Planet ha sentimenti contrastanti: “Penso che almeno nella blogosfera anglosassone, la pratica di fare blogging sui viaggi abbia perso la sua centralità e che sia ora sul medesimo livello in cui si trovava prima della crisi del 2008. A parte questo, noto l’assenza di professionalità, soprattutto in termini di bella scrittura. E i blogger hanno, per forza di cose, una visione più ristretta: di solito stanno in un hotel solo, invece che visitarli tutti, come facciamo noi di Lonely Planet”.

Un’altra questione pressante riguarda l’affidabilità delle informazioni fornite dai blog o la possibilità che si tratti di contenuti pubblicitari pagati. “Sono consapevole”, continua Presser, “dell’esistenza di aziende che invitano i media e i blogger in quelli che vengono chiamati i viaggi stampa, dove tutto è pagato, ma non è questa la mia filosofia del viaggiare. Non mi va di accettare cose gratis in cambio di una mia opinione positiva. Mi piace l’idea di lavorare per un brand solido che mi può pagare per viaggiare”.

Sul futuro della professione, Brandon Presser ha le idee chiare: “Il giornalismo di viaggio è parte del mio percorso, ma non è la fine della strada”. Per quanto riguarda le guide della Lonely Planet, però, domina l’entusiasmo: “Penso che non scompariranno. So che la casa editrice è coinvolta in progetti molto ambiziosi per quanto riguarda le applicazione e le soluzioni Internet”.

Traduzione dall’inglese a cura di Philip Di Salvo

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