La reazione al risultato del referendum inglese sulla Brexit è stata generalmente negativa da parte del Daily Mail, del Telegraph e del Guardian, secondo l’analisi realizzata dall’European Journalism Observatory sulla copertura giornalistica del voto da parte della stampa inglese. Persino il Daily Mail e il Telegraph, che avevano sostenuto con entusiasmo il “Leave” prima del voto, hanno avuto una reazione neutrale e pragmatica dopo la votazione.
Dei 489 articoli dedicati alla Brexit apparsi nei tre giornali tra il 25 giugno e l’1 luglio (edizioni domenicali incluse), la maggior parte (39%) di questi ha avuto un atteggiamento negativo rispetto alla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea, il 34% uno neutrale, mentre il 27% uno positivo. Questa copertura prudente riflette chiaramente come l’esito della votazione fosse fortemente inaspettato, persino da parte dei giornali generalmente pro-Brexit. Non era il momento di “compiacersi”, ha sostenuto uno dei giornali, ma al contrario di riferire “in maniera sobria e realista”. Anche le priorità commerciali hanno influenzato le decisioni editoriali: i giornali ammettono ora di essere stati riluttanti di fronte alla prospettiva di allontanare i lettori favorevoli alla permanenza, in un periodo in cui il Regno Unito era profondamente diviso dal risultato.
L’analisi dei giornali inglesi, parte di un progetto più ampio condotto dall’Ejo in Europa, ha indagato su tre questioni principali: l’impatto diretto della Brexit sull’Inghilterra, quello della Brexit sull’Unione europea e se l’Ue potrebbe incontrare dei miglioramenti o dei problemi dall’uscita del Regno Unito.
Giornali pro-Brexit incerti
La maggior parte degli articoli relativi all’uscita dell’Inghilterra dall’Ue, apparsi sui giornali inglesi dopo il referendum, erano incentrati sul possibile impatto del voto sul Paese. Il Daily Mail ha pubblicato 50 articoli (30% del totale) che sostenevano come Brexit potesse essere “un bene per l’Inghilterra” nei sette giorni esaminati dallo studio. Il Telegraph ne ha pubblicati 52 (38%) e il Guardian solo sei (3%). Gli articoli che discutevano Brexit come “un bene” per l’Inghilterra sono stati classificati come positivi se includevano frasi come “questo rafforzerà l’economia inglese”, “l’Inghilterra ora può decidere con fare affari”, “niente più quote d’immigrazione dall’Ue”, “l’Inghilterra ora può controllare i suoi confini”, e “l’Inghilterra riacquista la propria sovranità”.
Al contrario, il Guardian ha pubblicato 113 articoli (56% del totale) che affermavano l’opposto, cioè che la Brexit sarebbe stata un male per il Paese. Questi articoli contenevano titoli o frasi come “la sterlina si indebolirà”, “gli investitori si ritireranno”, “aziende lasceranno l’Inghilterra”, “la disoccupazione aumenterà”, “aumenterà il razzismo”, “questo aumenterà le divergenze all’interno della società” e simili. Spesso il Daily Mail era della stessa opinione e ha pubblicato 25 articoli (19%) di questo tipo nei sette giorni coperti dallo studio. Il Telegraph ne ha pubblicati 18 (10%) di questo sampi e 81 (46%) di taglio neutrale.
Brexit: un male o un bene per l’Ue?
Rispetto all’impatto della Brexit sull’Unione europea, il Guardian ha sostenuto che questa fosse “un male” (10% di tutti gli articoli su Brexit); Il Daily Mail, invece, non ha pubblicato alcun articolo di questo tenore, riflettendo forse la sua copertura principalmetnte nazionale, mentre il Telegraph ne ha dati alle stampe quattro (2%). Questi articoli includevano espressioni come Brexit “causerà caos economico in Europa” o “minaccerà la pace in Europa”, o ancora “questa è una vittoria per gli estremisti di destra”, “Brexit aumenterà le disparità tra ricchi e poveri nel Paese” e simili.
L’Ue ha bisogno dell’Inghilterra?
Riguardo alla possibilità che l’Unione europea come istituzione possa trarre dei benefici dall’uscita dell’Inghilterra, il Telegraph ha fatto registrare un numero pari di articoli che sostenevano come l’Ue potesse essere migliore (quattro articoli) e peggiore (quattro) senza l’Inghilterra. In un articolo del 26 giugno, ad esempio, il redattore per l’Europa Peter Foster ha scritto: “Angela Merkel non ha cercato di eludere la gravità della situazione, ammettendo candidamente che la partenza della quinta economia più forte al mondo e contribuente fondamentale della Nato è stata un ‘colpo’ per il processo di unificazione europea che non può essere ignorato”.
Il Guardian ha pubblicato tre articoli che ribadivano il ruolo dell’Inghilterra come membro chiave dell’Ue, ma nessuno che sostenesse che l’Ue potesse migliorare senza il collega britannico. Il Daily Mail è stato invece leggermente più convinto di come l’Unione abbia bisogno dell’Inghilterra per avere successo, anche se il numero di articoli era comunque basso (quattro articoli sostenevano questa posizione, tre erano contrari). Espressioni come “l’Inghilterra bloccava l’integrazione europea”, “Inghilterra considerata il monello d’Europa” sono state considerate pro-Brexit, mentre quelli che hanno riferito dell’Inghilterra come membro chiave dell’Unione europea e importante per il suo successo sono stati considerati anti-Brexit.
Procedere con cautela
La copertura neutrale del Telegraph nei giorni successivi al referendum riflette la decisione editoriale di “procedere con cautela”, secondo una fonte interna al giornale contattata dall’Ejo. “Sarebbe stato sbagliato cominciare a compiacersi e dire ‘ve l’avevamo detto’. È stato un evento importantissimo e dovevamo trattarlo seriamente. Eravamo pro-Brexit prima del referendum, ma eravamo anche pragmatici, volevamo esporre entrambe le parti del dibattito ai lettori. L’atteggiamento pragmatico è continuato dopo la votazione”, ha dichiarato la persona interpellata, “mentre il giornale credeva che lasciare l’Ue fosse la miglior scelta per il Paese, l’esito della votazione lo ha invece diviso e ci sembrava che avesse bisogno di riunificarsi. La decisione era stata presa e dovevamo assicurare che i prossimi passi fossero quelli giusti”.
Il Telegraph non voleva inoltre allontanare i lettori favorevoli alla permanenza nell’Ue: “dovevamo portare dalla nostra parte il 48% della popolazione e il 30% dei nostri abbonati che erano anti-Brexit. Per questo le nostre decisioni editoriali sono state basate poco sugli interessi commerciali, ma di più sull’idea che un approccio sobrio e realista fosse la cosa migliore per il Paese”, ha spiegato la fonte all’Ejo.
Compromessi
Subito dopo la votazione, alcuni giornali hanno iniziato a parlare di compresso. La copertura in questo caso è stata caratterizzata da un atteggiamento costruttivo. Tutti i giornali, inoltre, hanno scritto di divergenze post-votazione tra i votanti pro o contro Brexit: coloro che avevano votato di restare hanno accusato coloro che avevano votato di uscire di essere xenofobi, mentre i pro-Brexit hanno accusato le circa quattro milioni di persone che hanno firmato una petizione, chiedendo una revisione dell’esito della votazione, di essere “elitiste” e “viziate”.
Una caratteristica peculiare della Brexit è stata anche che gli attori fondamentali erano ex-giornalisti che ancora tenevano una rubrica su qualche testata (Michale Gove e Boris Johnson) o persone imparentate o sposate con giornalisti. La moglie di Michael Gove, Sarah Vine, tiene ad esempio una rubrica nel Daily Mail, mentre la sorella di Boris Johnson, Rachael Johnson, scrive anch’essa per lo stesso giornale. Questo ha fatto sì che il dibattito pubblico tra le due parti spesso sembrasse di natura personale. Nella sua rubrica, Sara Vines ha spesso scritto di dettagli dietro alle quinte della campagna “Leave” parallelamente alla sua visione personale sul modo in cui gli anti-Brexit elaboravano la votazione persa: “sono abituati a vincere e la loro rabbia è scioccante”, ha scritto ad esempio in un articolo.
Rachel Johnson, sorella di Boris e ferma su posizioni anti-Brexit ha invece descritto il referendum come risultato di una “rivolta di contadini” e ha scritto commenti come “ancora adesso ho la sensazione che fosse una cosa sbagliata” o “i ‘partiti’ sono maniaci del controllo”. Molti degli articoli anti-Brexti pubblicati dopo il referendum erano a loro volta incentrati sull’aumento di attacchi e abusi razzisti. I giornali per lo più erano d’accordo sul fatto che questo fosse una conseguenza negativa di Brexit. Un titolo del Guardian diceva a questo proposito: “Follia e odio – come capire il razzismo di Brexit”. Nella seconda metà del periodo studiato, sono stati pubblicati inoltre numerosi articoli sulla politica interna e sul dibattito interno ai partiti. Questi sono stati contati nell’analisi solo se menzionavano specificamente Brexit e se giudicati neutrali.
Durante e dopo la campagna Brexit diversi giornali nazionali inglesi, inclusi il Daily Mail e il Telegraph, sono stati segnalati alla Independent Press Standards Organisation (IPSO) con l’accusa di copertura fuorviante e faziosa. IPSO ha ricevuto un numero particolarmente alto di lamentele a proposito della copertura del Daily Express, un tabloid non incluso nell’analisi dell’Ejo. Il giornale ha pubblicato una serie di prime pagine molto forti e negative nei confronti dei migranti durante le settimane precedenti il referendum. Mentre i tabloid sono stati accusati di essere schierati, molti si sono lamentati invece di come la Bbc fosse troppo bilanciata. Ivor Gabor, Professore di giornalismo alla University of Sussex, crede che la Bbc abbia valutato male la sua copertura della Brexit.
Nel suo articolo Bending Over Backwards, the BBC and the Brexit Campaign, Gabor ha espresso la visione di molti scrivendo come “il problema era che praticamente ogni servizio news radiofonico o televisivo della Bbc che ho ascoltato o visto conteneva un formato di notizie ‘bilanciate’ che era sorprendentemente prevedibile. Un’affermazione della campagna propensa a restare nell’Ue o di quella propensa all’uscita veniva automaticamente contraddetta da un’obiezione dell’altra parte. Primo, questo ha reso l’ascolto e la visione tediosi, secondo, probabilmente ha confuso molti degli spettatori e, terzo, li ha lasciati vulnerabili a slogan semplicistici”.
I giornali britannici sono ancora influenti?
L’opinione dei giornali è ancora importante? Non proprio, ha scritto recentemente Stig Abell, ex managing editor del The Sun, sul New York Times. Abell, ora redattore del Times Literary Supplement, ha scritto che la decisione dell’Inghilterra di lasciare l’Unione europea potrebbe essere considerate come “la vittoria di Pirro finale del giornalismo stampato inglese” e che “i giornali ferocemente partigiani, prevalentemente di destra” del Paese avevano sia nutrito che risposto al mood anti-immigrazione e pro-nazionalista dell’Inghilterra nella corsa al referendum.
La decisione ampiamente inaspettata di lasciare l’Ue potrebbe inoltre avere indotto alcuni giornali britannici, già in difficoltà con tirature e entrate in calo, a riflettere più a fondo sul probabile impatto dell’uscita sulla stampa stessa. Anche recenti previsioni secondo cui Bexit potrebbe causare un’ulteriore riduzione di 200 milioni di sterline in reddito pubblicitario nei media potrebbero avere avuto un effetto calmante sulla copertura post-Brexit.
Lo studio
Questa analisi fa parte di un progetto più ampio dell’European Journalism Observatory in 14 Paesi europei e negli Stati Uniti. I giornali, scelti per rappresentare un ampio spettro di opinioni politiche, sono stati analizzati in Albania, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Russia, Svizzera, Ucraina, Stati Uniti e Regno Unito. Per questa ricerca giornalistica collaborativa, la classificazione è stata basata sul tema predominante che caratterizzava i singoli articoli. Ogni articolo è stato giudicato secondo criteri di classificazione predeterminati come negativo (anti-Brexit), positivo (pro-Brexit) o neutrale. Le domande di ricerca sono state: quale l’impatto di Brexit sull’Unione europea, se l’Ue starebbe meglio con o senza l’Inghilterra, e quale l’impatto percepito di Brexit sull’Inghilterra.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Georgia Ertz
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