Nuove Fonti di Ricavo
per l’Industria dell’Informazione

2 Aprile 2012 • Digitale, Editoria • by

Il tentativo di recuperare le revenues perse dalla carta attraverso l’online è IL problema, l’aspetto cruciale in attesa di una soluzione sostenibile.

Ambito che da tempo ho definito come il dilemma del prigioniero, pietra miliare della teoria dei giochi, poiché  illustra egregiamente il falso paradosso della probabilità contro la logica. Un modello che pare perfettamente calzante all’attuale difficoltà di definire se e come sia possibile rimpiazzare i ricavi della carta con quelli del digitale.

Aspetto che alla luce delle tendenze emerse dal recente rapporto del PEW Research Center’s Project for Excellence in Journalism: “State of the News Media 2012″, che evidenzia la crescente rilevanza di smartphones e tablets, accentua, pare, invece di risolvere come da più parti si è sostenuto a lungo.

A cercare di dare una mano a risolvere i loro problemi ci prova ora Google che cerca così, anche, di smentire la fama di vampiro, di parassita dell’industria dell’informazione che tanti problemi e conflitti ha creato nel tempo tra l’impresa di Mountain View ed il comparto editoriale in tutto il mondo.

Dopo Google One Pass, sistema di remunerazione che consente agli editori di vendere abbonamenti digitali a condizioni migliori rispetto a quelle proposte da Apple, viene ora lanciato Google Customer Surveys.

 Alan Rusbridger, editor-in-chief del Guardian, durante l’open weekend promosso dal quotidiano anglosassosone, chiedeva cosa le persone fossero disposte a dare ai giornali in cambio delle notizie, elencando come scelte possibili: soldi, tempo e informazioni.

E’ proprio su questo terzo aspetto, la raccolta di dati, di informazioni, che, come suggerisce il nome, si concentra la nuova proposta di Google. Soluzione alternativa concettualmente al paywall che propone un breve questionario al quale il lettore deve rispondere per poter avere accesso all’articolo completo, già adottata da una ventina di testate quale, ad esempio AdWeek, che pare entusiasta della soluzione.

Secondo quanto riportato, Google riconosce all’editore della testata online cinque centesimi di dollaro per ogni risposta, una media di 15$ per ogni mille pagine viste che rappresenta sicuramente un valore interessante che a livello di CPM poche, forse nessuna, delle testate riuscirebbe a spuntare. Valori che Google da parte sua come minimo raddoppia, arrivando sino a dieci volte tanto, in termini di proposta di vendita alle aziende interessate a questo tipo di servizio, a cavallo tra la promozione, la brand awareness e la ricerca, il sondaggio.

Pare che il servizio agli editori, ed alle aziende, sia già disponibile in tutto il mondo, Italia compresa, e che ci sia, come sempre avviene in questi casi, come in quello dei paywall, chi ha trovato il modo di aggirarlo e di leggere comunque gli articoli senza rispondere utilizzando l’ad blocker che molti browser hanno come plug in.

Insomma la ricerca di soluzioni per il recupero contributivo continua ed anche nel nostro Paese si stanno già sperimentando forme di “curation sponsorizzato” che sembrano davvero interessanti.

 Dalla prossima settimana analizzerò il caso di una testata, i modelli di pagamento adottati per ciascuna piattaforma raccogliendo le opinioni dei responsabili, per approfondire questo tema centrale per tutto il comparto editoriale.

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