Durante i movimenti rivoluzionari avvenuti in alcuni paesi arabi nel 2011, molti esperti si sono detti certi di una cosa: Internet aiuta i cittadini a ottenere informazioni indipendenti e contribuisce alla democratizzazione dei paesi. Ma l’accesso libero a Internet si traduce davvero automaticamente nell’ottenimento di contenuti affidabili? E le audience nei paesi autoritari o meno liberi chiedono davvero che i media si comportino da watchdog del potere?
Florian Toepfl della London School of Economics and Political Science ha affrontato la questione in un paper recentemente pubblicato dall’European Journal of Communication. Nello svolgere il suo studio, Toepfl si è concentrato all’audience dei media in Russia, considerando questo paese come “ibrido” e caratterizzato, da un lato, dalla fitta propaganda di stato da un lato e, dall’altro, dal libero accesso alla rete e, conseguentemente, a diversi media internazionali. Un primo risultato emerge in modo evidente: l’accesso all’informazione non si traduce in automatico nel fatto che le persone siano in grado di navigare con consapevolezza tra i diversi media digitali e in modo autodeterminato.
Per valutare i diversi modi di consumare le notizie, il ricercatore ha selezionato e intervistato un campione di 20 giovani russi tra i 18 e i 26 anni. Tutti studenti con accesso a Internet da casa e con diversa esperienza con i gadget elettronici. Toepfl ha poi paragonato i suoi risultati con quanto emerso da precedenti studi sulla media literacy in altri paesi del mondo occidentale, concentrandosi sul consumo dei notizie di politica. Secondo Toepfl l’audience in paesi meno liberali necessitano di una forma di media literacy nettamente più critica. In questi contesti è fondamentale che gli utenti dei media imparino a compiere scelte e a costruirsi un consumo di notizie che sia davvero autodeterminato. E questo richiede competenze ancora più ampie, nell’era digitale. Oltre alla sfida di saper utilizzare un computer o altre tecnologie, infatti, la media literacy digitale include anche competenze fondamentali come il sapere identificare e verificare la fonte di un’informazione in rete.
I media russi: stato, oligarchi, opposizione
Toepfl ha iniziato la sua analisi guardando i diversi gruppi di lobby all’interno del settore dei media che competono gli uni contro gli altri per attirare l’attenzione della audience. Identificando cinque sfere di attori nel caso specifico della Russia, Toepfl sostiene che strutture simili siano presenti anche in altri di quelli che lui chiama stati “ibridi”. La prima di queste sfere consiste nella macchina dei media ufficiali di stato. Si tratta, ad esempio, di broadcaster, giornali o pubblicazioni di proprietà dello stato, cui fanno capo anche molti blog personali di politici che diffondono i punti di vista del governo. Al fianco di questa sfera “ufficiale”, Toepfl identifica i mass media commerciali che criticano parzialmente le posizioni ufficiali del governo, ma sempre entro certi limiti: queste organizzazioni spesso appartengono a degli oligarchi connessi in un qualche modo al governo. Oltre a queste, esiste inoltre una terza sfera liberal-democratica composta da blog di opposizione e media civici o curati da attivisti, giornali e reti tv di opposizione che distribuiscono i loro contenuti via Internet. I media messi in atto da gruppo estremisti, secondo Toepfl, giocano invece un ruolo marginale.
Quando lo studio di Toepfl ha avuto luogo, i tre maggiori canali tv russi erano di proprietà dello stato e il 92% della popolazione riceveva informazioni e notizie molto spesso o quasi sempre tramite la tv. Solo il 23% del pubblico ha fatto registrare un consumo abituale di giornali e solo il 19% ha citato anche fonti digitali. Descrivendo questa situazione, Toepfl ha ricordato anche i tassi di crescita esplosivi dell’uso di Internet negli ultimi anni: tra il 2003 e il 2012, infatti, questo dato è cresciuto dal 4 al 48% tra la popolazione russa nel complesso. Siccome i media appartenenti alle diverse categorie sopra individuate sono tutti a un click di distanza: “in questo ambiente specifico”, scrive Toepfl, “la scelta di seguire o evitare uno specifico medium dipende quasi esclusivamente sulle decisioni intenzionali degli individui”. “Questa decisione”, continua il ricercatore, “deve essere presa sulla base di una conoscenza specifica dei mass media che si occupano di politica”.
Lo studio ha quindi cercato di ricostruire, in collaborazione con i suoi intervistati, il consumo mediale quotidiano dei giovani russi appartenenti alla categoria specifica di “avanguardia di Internet-savvy”. Mentre alcuni partecipanti hanno saputo identificare e analizzare diversi segmenti nel panorama dei media in Russia, alcuni, al contrario, non avevano alcuna idea di quale gruppo politico potesse fare da riferimento per un singolo organo di stampa. Di conseguenza, questi intervistati erano confusi sul ruolo giocato dai media nello scenario complessivo russo, Gli studenti, comunque, hanno sviluppato differenti strategie per far coincidere particolari media con gli ambiti di particolari gruppi politici.
Un problema di media literacy
Quei partecipati che, ad esempio, tendono a dividere i media in due gruppi ben distinti – “di governo” e “indipendenti” – hanno fatto registrare la tendenza a evitare completamente gli organi di stampa governativi. Da loro, questi tipi di media sono stati descritti come “non affidabili” o di “bassa qualità”. Quelli che dividono i media in diversi segmenti, definiscono invece quelli di proprietà dello stato come alcuni tra i tanti non degni di fiducia, ma senza assegnare più qualità o veridicità ai media di opposizione. Sono queste nozioni a influenzare le scelte individuali di consumo delle notizie. Questo è stato particolarmente chiaro nel caso di uno studente che ha dichiarato di preferire la lettura di una fonte di news manipolata dallo stato, piuttosto che una manipolata da un oligarca, utilizzando l’affiliazione con l’establishment politico come l’unico motivo di preferenza per un organo di stampa statale. Alcuni studenti che hanno diviso i media genericamente tra “affidabili” e “non-affidabili” tendono invece a scegliere quelli di stato, ma non perché a conoscenza del background politico di questi organi di informazione, ma per il fatto che queste testate sarebbero prodotte in qualità apparentemente migliore, offrendo di conseguenza una sensazione di maggiore affidabilità. Nei loro criteri di scelta, i contenuti erano completamente irrilevanti.
Ancora più interessante era la totale inconsapevolezza da parte degli intervistati sull’influsso fatto che l’ownership di una particolare testata può avere sulle condizioni di lavoro di un giornalista. Secondo i risultati di Toepfl, alcuni degli studenti sapevano ben poco sugli strumenti e le tattiche usate di frequente per mettere pressione sui giornalisti russi o per metterli a tacere. Come esempi vengono citate le restrizioni legali, i processi guidati dalla politica contro i giornalisti di opposizione, la repressione fisica e psicologica, il coverage malevolo e la propaganda di governo pagata sui blog. Come conseguenza di queste lacune, gli intervistati non sanno come valutare quello che leggono e sono di conseguenza impossibilitati a dedurre conclusioni ragionevoli e indipendenti invece che essere coperti da effetti di brainwashing. A margine di questi risultati piuttosto negativi, Toepfl ha anche osservato una consapevolezza relativamente alta da parte di alcuni studenti sul fatto che i contenuti dei media non siano specchio della verità, ma di una costruzione. Alcuni studenti si sono attivati per avere punti di vista più oggettivi e differenziati sulla politica, consultando diverse fonti allo stesso tempo.
Il giornalismo deve fare da watchdog?
Infine, Toepfl ha voluto analizzare anche quanto i giovani russi che usano Internet richiedano un coverage critico e media davvero indipendenti e quali siano le funzioni richieste agli organi di informazione qualora la nozione di watchdog fosse rifiutata. Alcuni studenti hanno chiesto ai media di fornire maggiore trasparenza, informazionE indipendente e maggiore educazione per LA sfera pubblica. Altri non sono stati in grado di esprimersi su un qualsiasi meta-ruolo del giornalismo che andasse oltre al basico “fornire infomazioni”.
Alcuni dei ruoli attributi spesso ai media nelle società occidentali si sono dimostrati pressoché irrilevanti o completamente assenti nelle risposte degli intervistati. Solo pochi partecipanti allo studio hanno menzionato di aspettarsi che i media controllino il governo o che agiscano come necessario “quarto potere” nella vita del paese. Nessuno dei partecipanti ha citati i media come mercato libero per lo scambio di idee, ad esempio.
Al posto dell’idea occidentale dei media come watchdog del potere, alcuni studenti hanno abbozzato concetti alternativi che hanno ben poco a che vedere con le funzioni di sostegno alla democrazia. Ad esempio, uno degli studenti ha detto di aspettarsi che i media siano un trasmettitore delle idee delle élite. Altri hanno semplicemente affermato che, dopo vent’anni dalla caduta dell’Unione Sovietica, la società russa non è ancora in grado di maneggiare liberi media e la libertà di espressione. Secondo Toepfl, i rispondenti per lo più si aspettano di vedere il paese precipitare nel caos e nell’anarchia a causa dei possibili danni che un eventuale coverage critico potrebbe infliggere all’unità nazionale. In questo senso, è emerso come una funziona dei media sarebbe proprio quella di favorire la stabilità e la sicurezza.
Soprattutto questa aspettativa “normativa” è emersa come molto influente sul modo in cui i giovani intervistati consumano le notizie. Secondo uno studente interpellato, pienamente consapevole del fatto che i suoi contenuti fossero manipolati, la tv di stato sarebbe comunque una buona fonte di informazione, proprio perché uno dei doveri dei giornalisti sarebbe quello di rafforzare l’unità nazionale e garantirne la stabilità. Seguendo questo punto di vista, lo studente ha anche difeso la scelta dei media russi durante la crisi economica a partire del 2009, all’interno della quale i rischi per l’economia del paese non sono mai stati affrontati e le conseguenze più forti ampiamente minimizzate.
Complessivamente, lo studio di Toepfl ha riscontrato grandi buchi nella media literacy dei giovani russi intervistati. Nonostante alcune discrepanze, i risultati negativi hanno messo in ombra quelli positivi. Probabilmente, questa è la dimostrazione di come, proprio a causa delle difficoltà e le pre-condizioni del sistema mediatico di paesi come la Russia, la media literacy debba essere inculcata con ancora maggiore forza che in contesti meno difficili, proprio in virtù delle difficoltà che i giovani russi incontrano nel sapersi orientare tra fonti di notizie di così diversa estrazione. Solo tramite un processo del genere le giovani generazioni di questi paesi sapranno come far fruttare i potenziali della democratizzazione che i media digitali e la rete sono in grado di favorire.
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