Nelle Filippine stretta sulla libertà di Internet

19 Ottobre 2012 • Digitale, Libertà di stampa • by

Con i suoi 28 milioni di internauti, pari al 30% della popolazione complessiva, le Filippine sono da sempre state tra le prime venti nazioni al mondo nell’uso di Internet. Un primato che si manifestava anche nel tasso di libertà della Rete che quest’anno aveva fatto valere al paese asiatico la definizione di “libero” nel più recente report di Freedom House. La situazione, però, potrebbe presto cambiare e peggiorare per via di una nuova legge, la Cybercrime Prevention Act, votata a inizio ottobre e contestata a tal punto in patria che la Corte Suprema di Manila ha deciso di sospenderne l’approvazione per 120 giorni, invitando il governo alla riflessione sul tema alla luce delle 15 petizioni di protesta consegnate contro la nuova legge. La discussione, ha fatto sapere la corte filippina per bocca della sua portavoce, riprenderà il prossimo 15 gennaio.
La legge introduce nuove norme per quanto riguarda alcuni reati online che comprendono la pornografia minorile, la violazione dei network e arrivano fino alla diffamazione per mezzo Internet. Le pene, per questo ultimo caso, oscillano da ammende per circa 19mila euro fino a 12 anni di reclusione. La pena, scrive RT, si potrebbe applicare anche al semplice post di un commento sui social network giudicato offensivo. Secondo i critici nelle Filippine la legge rischia di criminalizzare attività comuni in Rete, come appunto la discussione su Facebook e Twitter, mettendo a repentaglio la libera espressione su Internet.

Oltre alle pene aspre introdotte, molte Ong denunciano l’ampissimo range di poteri concessi alle autorità nel tracciare e controllare le attività dei cittadini in Rete: per scopi d’indagine le informazioni private sui social network potranno essere raccolte e conservate e addirittura saranno possibili le intercettazioni durante le conversazioni su Skype. Il Dipartimento di giustizia, infine, potrà rimuovere materiale giudicato offensivo o oscurare interi siti senza che alcun tribunale ospiti un processo. A spaventare maggiormente i critici della nuova legge, però, è l’introduzione della criminalizzazione della diffamazione. Come ha dichiarato Brad Adams, Direttore per l’Asia di Human Rights Watch, questi casi dovrebbero “essere materia di diritto civile” mentre le nuove norme, semplicemente, allargherebbero a Internet le già molto criticate disposizione in fatto di diffamazione vigenti nelle Filippine. Proprio Human Rights Watch in più occasioni aveva chiesto a Manila di intervenire per alleggerire le sue leggi in questo campo, senza mai ottenere risposta.

Il rischio è che anche tra i media e gli internauti nelle Filippine entri in gioco la dinamica dell’autocensura preventiva per non incappare in possibili sanzioni, impoverendo la libera discussione nel Web. Questo scenario ha già scatenato le proteste nel paese, nelle piazze e in Rete, insieme ad attacchi hacker ai siti Internet governativi. Lo stop imposto oggi al percorso legale della nuova legge fa bene sperare che le Filippine non si muovano nella direzione della stretta sulla Rete. A battere la legge, ha dichiarato Jacques Gimeno di Freedom House alla CNN, potrebbe essere proprio la sua impopolarità. Le forze politiche filippine vorranno prendersi questa responsabilità?

 

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