Contributi all’editoria, una legge tutta da rivedere

12 Febbraio 2010 • Editoria • by

Crisi editoria e finanziamenti pubblici. A rischio l’esistenza di molte testate che sopravvivono grazie ai sussidi dello Stato

Il Governo italiano ribadisce la volontà di ridurre i contributi all’editoria. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: “Purtroppo dovremo arrivare a riduzioni dei fondi destinati al settore, c’è una crisi e bisogna andare avanti con il sistema della torta: quando in una famiglia i soldi diminuiscono, si tagliano per tutti fette più piccole, in maniera il più possibile proporzionale. Come si fa in tutti i settori, in tutti i paesi, ma ciò non significa che non si ami più l’editoria. Anzi, in questo modo la si difende”.

Non sembra dunque esserci spazio per far rientrare nel maxiemendamento al dl milleproroghe la norma la norma bi-partisan proposta da Pd, Pdl e Lega che punta a rinviare i tagli al settore.

In un momento di crisi dell’editoria la nuova stretta sui finanziamenti ai giornali suscita allarmismo, ma è indiscutibile che la legge vada riformata. Da quando 25 anni fa si stabilì che i giornali di partito dovevano avere un contributo di sopravvivenza, si è infatti trovato il modo, attraverso continue modifiche di legge nel corso degli anni, di dare direttamente o indirettamente soldi a tutti. Leggendo il servizio realizzato da Report nel 2006, ma sempre attuale, ci si può rendere delle tante anomalie che ha prodotto l’attuale legislsazione.

La contribuzione diretta è quasi interamente destinata a imprese editrici di quotidiani e periodici costituite come cooperative giornalistiche, in possesso di determinati requisiti, nonché a imprese editrici di quotidiani o periodici riconducibili a forze politiche e a organi di movimenti politici, costituitisi in società cooperative . Finanziamenti pubblici ”indiretti” arrivano però indistintamente a tutti i giornali e ai gruppi editoriali attraverso i rimborsi delle spese postali (abbonamenti), elettriche, telefoniche e per l’acquisto della carta. Finanziamenti questi ultimi che dovranno essere riconsiderati in seguito all’obbligo di recepire anche in Italia la direttiva europea sulla liberalizzazione del mercato il gennaio del 2011.

La FNSI sostiene che i tagli mettono a rischio 4 mila posti di lavoro. Il taglio sarebbe del 20%. Ma a preoccupare giornali come Il Manifesto, Avvenire, il Secolo d’Italia è soprattutto la cancellazione del diritto soggettivo che, fino al 2009, permetteva ai giornali di chiedere alle banche l’anticipo degli atuti, in attesa del pagamento effettivo da parte dello Stato, pagamento che, in genere, tarda un anno. Lega, Pdl e Pd auspicavano il rinvio al gennaio 2012 della stretta sui contributi all’editoria per i giornali di partito, le cooperative e le testate no profit e chiedeva l’impegno del governo a presentare entro il 30 giugno del 2012 un disegno di legge che introducesse norme di maggiore rigore nell’assegnazione dei contributi statali.

Secondo l’Antitrust è imprescindibile un sollecito intervento del legislatore volto a rinnovare il quadro giuridico del settore, eliminando le disposizioni che limitano o impediscono il libero esplicarsi di dinamiche concorrenziali. In una segnalazione a Parlamento e Governo l’Antitrust sottolinea come, nonostante gli aggiornamenti alle regole per le provvidenze varati nel 2001, il contesto con il diffondersi di Internet sia talmente mutato che serve una profonda revisione dei criteri che presiedono all’erogazione dei contributi pubblici all’editoria, in modo da ridefinire i soggetti potenzialmente beneficiari e la ripartizione fra questi delle risorse delicate.

Non si capisce, infine, per quale motivo, contributi finanziari, debbano essere erogati per agevolare la produzione di pubblicazioni cartacee quanto si potrebbe considerare e stimolare il passaggio al digitale, eliminando così costi superflui di stampa e distribuzione. In definitiva l’attuale sistema ha incentivato un modello di sviluppo su carta che ha prodotto delle aberrazioni. Si è puntato sempre e comunque sulla carta perché i finanziamenti potevano arrivare in rapporto alla tiratura – ecco spiegata la differenza inspiegabile tra tiratura e numero di copie vendute – senza promuovere i nuovi media digitali e alimentando così costi inutili.

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