Milena Gabanelli: “Serve un giornalismo europeo”

25 Marzo 2014 • 10 anni di Ejo • by

Milena Gabanelli è considerata un “osso duro”, una giornalista con la schiena dritta, esempio raro di quel giornalismo d’inchiesta sempre meno di moda, specialmente nel contesto italiano. Nel 2007 ha tenuto all’Ejo una conferenza intitolata “Possiamo ancora credere ai governi? La difficoltà di fare vero giornalismo”. La sua trasmissione Report, in onda su Rai3, non ha bisogno di presentazioni. In occasione del decennale dell’Osservatorio europeo di giornalismo, l’abbiamo intervistata per avere il suo punto di vista sul giornalismo investigativo

Fin da Professione Reporter, primo programma televisivo italiano ad introdurre il videogiornalismo, ha sempre innovato la professione. Cosa ne pensa ora dei social media? La loro diffusione ha cambiato il suo modo di lavorare?
L’accessibilità ai social media permette di divulgare più rapidamente un’informazione a una platea vasta e difficilmente raggiungibile altrimenti. Permette di divulgare una clip del programma, per esempio, che va in onda la sera dopo, e cominciare così ad alimentare la discussione. Nel mio mestiere i social media sono usati soprattutto come “volano” e anche per testare il gradimento di alcuni argomenti rispetto ad altri. Permette di capire in fretta quali “sensibilità” ha in quel momento il pubblico della rete. Quindi direi che può fornire informazioni sulla confezione dei contenuti di una testata come la nostra. In quanto ai contenuti invece prodotti “dentro” ai social media, certamente la quantità di notizie è gigantesca, occorre saper discernere la “roba buona” dalle sciocchezze e questo dipende dalla reputazione che ci si è costruiti. È infatti sempre bene ricordare che non sono i mezzi a produrre contenuti, ma le teste che li usano e su quelle le innovazioni tecnologiche, in genere, incidono poco”.

L’anno scorso ha rifiutato la candidatura a Presidente della Repubblica italiana da parte del Movimento 5 stelle, ricordando il diniego di Montanelli a essere nominato senatore a vita. Nell’arco della sua carriera, ha visto cambiare il rapporto tra media e “potere/poteri”?
Da quando ho iniziato a fare questo mestiere ho sempre visto “il potere” avere un debole per i media. Adesso però è diventata un’ossessione e non conta più quello che sai fare, ma come ti presenti. Non posso dire che i cosiddetti poteri (politico ed economico) mi mettano i bastoni fra le ruote: semplicemente mi evitano e poi si lamentano o mi portano in tribunale. La loro scarsa incidenza sulla direzione del mio lavoro è dovuta sicuramente all’autorevolezza e alla nota indipendenza della testata”.

Lei ha un’esperienza giornalistica anche internazionale. L’Osservatorio europeo di giornalismo ha come missione proprio quella di favorire lo scambio di idee tra culture giornalistiche anche molto differenti. Come definirebbe oggi quella italiana, su quali aspetti si potrebbe e dovrebbe investire? Quali differenze esistono rispetto al resto d’Europa?
Credo che sarebbe opportuno, per le maggiori testate europee (carta stampata e tv), investire in un giornalismo europeo. In ogni paese l’informazione dovrebbe essere accompagnata da un’edizione meno “locale”. Chi abita in Italia, in Francia o in Germania legge sui propri quotidiani o vede nei telegiornali notizie che riguardano solo la politica interna, la cronaca e le crisi (ad ognuno la propria), come se ad ogni popolo interessasse solo quel che avviene in casa sua. Occorre far entrare nella testa della gente che non siamo più in Italia, ma in Europa, e che quindi ogni scelta e decisione non deve essere presa a vantaggio o a danno di questo o quel paese, ma per la crescita di un’unica politica sociale, economica, fiscale. Siamo a un drammatico punto di stallo e non mi pare che il parlamento europeo abbia idee brillanti; forse l’impulso potrebbe arrivare da una maggiore consapevolezza di ciò che dobbiamo diventare per uscirne indenni. In questo senso l’informazione potrebbe veramente “alfabetizzare” i paesi, come è stato fatto negli anni 50″.

Articolo pubblicato originariamente su Square, il magazine dell’Università della Svizzera italiana

Photo credits: Ijf / Flickr CC

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