Il Corriere del Ticino, 16.12.2006
Sorpresa, anche i giornali italiani scoprono l’etica, almeno in parte. Fino a qualche tempo fa quando un quotidiano pubblicava inesattezze, anche con grande enfasi, prevaleva la tendenza a sorvolare o a minimizzare con rettifiche affogate nelle pagine interne. Da qualche tempo, invece, più di una testata dimostra la volontà di «lavare i panni sporchi» pubblicamente.
Sempre il Giornale mercoledì ha pubblicato in prima pagina la protesta di una lettrice, turbata dalla pubblicazione della foto di tre bambini uccisi a Gaza, con le scuse del direttore Belpietro, il quale, peraltro, poche settimane fa aveva rettificato l’errore in cui era incappata la redazione romana che aveva attribuito al ministro Livia Turco un progetto di legge per legalizzare l’eutanasia che invece era stato presentato dal deputato Maurizio Turco.
Sembra esserci, insomma, un insolito rispetto nei confronti del lettore e per una volta senza distinzioni ideologiche: destra, sinistra, centro, uniti nell’autocritica o perlomeno nella critica. Ben venga la svolta. Già, ma perché proprio ora? Qualcuno pensa che sia merito di internet e dei blog, i siti individuali, implacabili nel cogliere in fallo i media. E l’ipotesi appare verosimile: la stampa tradizionale ha perso il monopolio dell’informazione e ora si scopre costretta a essere più professionale e soprattutto credibile per mantenere rispettabilità e dunque il proprio pubblico, sempre più sedotto dalla Rete, come dimostra il calo sia dell’audience televisiva, sia delle tirature dei giornali. La barra è improvvisamente più alta: occorre essere diversi e soprattutto migliori. O si muore.
Il fenomeno riguarda tutti i Paesi occidentali, inclusa la Svizzera, dove aumentano le riflessioni. Tra queste l’ultima, perlomeno in Ticino, è di Edy Salmina, direttore della Rete 1 della Radio svizzera di lingua italiana, con un accurato saggio sul «risk management pubblicistico, controllo della qualità e organizzazione dei media», pubblicato nel recente volume « Diritto senza devianza», dedicato al costituzionalista Marco Borghi. Salmina sostiene che la sentenza del Tribunale federale sull’applicazione dell’articolo 322 del codice penale sulla responsabilità dei media introduca importanti novità, ma non sia esaustiva per una ragione in fondo semplice: la libertà di stampa oggi va «delineata all’interno di una relazione, necessariamente complessa, di convivenza-sinergia-concorrenza, fra varie libertà e molteplici diritti, ognuno portatore di una sua legittimità». Ovvero: gli schemi del passato non valgono più e i media devono imparare a interagire in modo più dinamico e responsabile con la società. Il direttore della Rete 1 auspica che si apra un vero dibattito su un tema tanto importante. La stampa italiana un primo passo lo ha fatto. Ed è quasi un miracolo, considerate le consuetudini del Belpaese.
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