Tutto il web ne parla, Wolfgang Achtner ce la farà?

12 Gennaio 2012 • Digitale, Etica e Qualità • by

Tra sarcasmo e indignazione Wolfgang Achtner in un’intervista all’EJO parla del giornalismo e della professione giornalistica in Italia intravedendo poche speranze per il futuro se non nella rete.  Ad ogni modo lui ci prova, a cambiare il giornalismo nel bel Paese, e si autocandida a nuovo direttore del TG1.

Achtner è un giornalista con un’esperienza più che ventennale nelle maggiori testate giornalistiche internazionali (Abc News, Cnn, Press tv), autore di diversi documentari, docente universitario e autore di diversi libri tra i quali “Il reporter Televisivo” e “Democrazia e telegiornali: il giornalismo come servizio pubblico” in cui spiega come i telegiornali italiani non siano al passo con le grandi testate internazionali come BBC o CNN e consiglia ai giornalisti italiani di seguire i principi etici del giornalismo americano. Con gli occhi dell’osservatore straniero delle vicende di casa nostra dà un giudizio crudo e preoccupante sul mondo del giornalismo in Italia. Se ai giovani italiani consiglia di andare a studiare e lavorare all’estero, lui ha scelto però di continuare ad esercitare la professione in Italia cercando di portare la sua esperienza e i suoi insegnamenti al servizio di un informazione migliore. Intento che ha espresso chiaramente in questi giorni autocandidandosi alla direzione del Tg1. Il 12 dicembre scorso Achtner ha inviato una lettera al presidente della Rai, Paolo Garimberti, e a tutto il consiglio d’amministrazione per presentare la sua autocandidatura, ignorata fin’ora dai media mainstream ma molto seguita e diffusa sul web. Ed è nella rete che Achtner intravede una speranza per il futuro del giornalismo in Italia e per un’ informazione più libera. Di questo e di altro abbiamo parlato direttamente con lui.

La prima edizione del testo “Il reporter televisivo” risale al 1997: in quindici anni quanto è cambiato il lavoro del giornalista televisivo e come si è evoluto con l’arrivo delle nuove tecnologie?

“Il cambiamento fondamentale avvenuto alla fine degli anni Novanta è stata la rivoluzione digitale. In particolare le attrezzature digitali sono diventate molto meno care, più piccole e semplici da usare. Questo ha permesso una svolta rivoluzionaria per quanto riguarda l’accesso a questi strumenti, soprattutto per il montaggio perché prima le attrezzature erano abbastanza care. Oggi il vantaggio è che l’accesso diventa popolare, chiunque può comprare videocamera, microfoni e cavalletto con pochi soldi e anche il montaggio può essere fatto su qualsiasi portatile che abbia buoni programmi anche gratuiti. Ma le differenze rispetto a qualche anno fa non sono poi così tante. Alla fine siamo nella stessa situazione di prima in cui tutti avevano la matita ma questo non ti rende né Michelangelo né Shakespeare, la cosa fondamentale è imparare a utilizzare in maniera professionale questi strumenti. E ci sono i principi etici, quelli sono rimasti fondamentalmente gli stessi. Un altro aspetto della rivoluzione digitale è che rispetto a prima c’è una complicazione in più perché oggi per fare un servizio video esce una persona sola, per contenere i costi, mentre prima ne uscivano 4 o 5, e deve saper fare tutto da solo, riuscire ad essere concentrato, lavorare bene e velocemente. Chiunque voglia fare oggi il giornalista dovrebbe imparare a lavorare in maniera perfetta con il video, perché è partendo da qui che si hanno tutti gli elementi per fare ogni altro tipo di servizio, le foto, il racconto, l’audio. E internet è diventato un contenitore, un mezzo di distribuzione che contiene tutti gli altri mezzi”.

È americano di nascita ma italiano d’adozione, vive infatti nel nostro paese dal 1958, e conosce bene la situazione del giornalismo in Italia, confrontandola con quella degli altri paesi in cui spesso è stato corrispondente. Quali differenze ha riscontrato?

“Il giornalismo anglosassone e americano hanno una grande qualità sia giornalistica che tecnica, rispettano i principi etici e soprattutto le famose 5 W (Who, What, Why, When, Where) e l’How, ogni notizia ha sempre una fonte, in Italia non è così”.

In questi giorni sul web circola l’annuncio della sua autocandidatura alla direzione del primo telegiornale nazionale, dopo l’allontamento di Augusto Minzolini, mentre sui media tradizionali tutto tace. La sua vuole essere una provocazione o che cosa vuole dimostrare?

“La mia non è una provocazione, solo in Italia può sembrare tale perché tutti sono abituati a un sistema di selezione deciso dai partiti e comunque non trasparente. Questo è inconcepibile in un altro paese occidentale, per esempio la Bbc fa la migliore informazione possibile senza curarsi se il governo sia di centro, di sinistra o di destra. Un tg per funzionare deve essere indipendente dal potere. Assurdo poi che si prenda a dirigere il tg persone provenienti dalla carta stampata perché la tv ha caratteristiche e necessità sue. La notizia della mia candidatura è stata nascosta ai cittadini italiani da tutti i media tradizionali. Per fortuna, il web ha cambiato le cose e anche in Italia il vecchio sistema non può più impedire che una notizia venga diffusa”.

Come vede il futuro dei giornalisti italiani?

“Dico spesso che l’espressione “giornalista italiano” sia un ossimoro. A nessuno interessa la qualità del prodotto, se paragoniamo i servizi televisivi italiani con quelli stranieri notiamo subito che non sono conformi agli standard internazionali sia dal punto di vista tecnico che giornalistico. Il problema è che la selezione parte dopo l’esclusione dei migliori, una discriminante pesante è l’esclusione del merito. Il livello è scarso perché non c’è un mercato aperto, non c’è interesse a utilizzare persone capaci, oggi la maggior parte dei giornali sopravvive con il denaro dello Stato oppure sono merce di scambio per tutelare i propri interessi. Vorrei dare un contributo positivo alla situazione italiana perché sono cresciuto qui. La mia candidatura al tg1 potrebbe avere un effetto dirompente e un impatto positivo perché creerebbe un precedente”.

Fonte immagine di copertina: fanpage.it

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