Ieri sera è andata in onda la prima puntata della nuova trasmissione di Giuliano Ferrara. “Qui Radio Londra” dura cinque minuti e segue l’edizione serale del Tg1. Si tratta di uno spazio televisivo importante quanto a prestigio e share, un tempo riempito da “Il Fatto” di Enzo Biagi. Il format è vecchio e risale al 1988, anno in cui la trasmissione andò in onda per la prima volta su Canale 5, poi sempre diretta da Ferrara su reti Mediaset fino al cruciale 1994. La prima puntata ha avuto come Leitmotiv la tragedia del Giappone. Il conduttore ha invocato nipponica calma e capacità di “controllare la paura” di fronte al dibattito sul nucleare e la riflessione sulla possibilità per l’Italia di riaprire a questa fonte energetica. Il destino della centrale di Fukushima è diventato nel discorso di “Qui Radio Londra” la cartina tornasole sulla presunta sicurezza o pericolosità dell’energia nucleare. Se la centrale giapponese dovesse salvarsi, in sostanza, avremo la prova dell’effettiva affidabilità di questa fonte energetica; se il nocciolo, al contrario, dovesse andare incontro a fusione, dovremo “pensare molto bene” prima di prendere decisioni in merito.
Scegliendo questo argomento e decidendo di non toccare questioni di politica interna italiana, almeno non in modo esplicito, il conduttore si è messo al riparo da polemiche. Si è presentato come “uomo di parte” ma ha saputo, in questa sua prima apparizione dopo tre anni di assenza dagli schermi televisivi, sciogliere la sua posizione in merito all’atomo, lasciandola trapelare in modo sfuocato con la smussatura un po’ furba del dubbio di fronte alla paura. Il Ferrara polemista che aveva fatto scalpore per il suo ritorno in televisione e in particolare in Rai, ieri sera insomma non si è visto. Dietro la calma invocata e ostentata, a farsi notare è stata soprattutto l’obsolescenza del formato “sermone”. “Il Fatto” era uno spazio riflessivo, di riassunto. I cinque minuti di “Qui Radio Londra” sono apparsi invece ben più lunghi della loro effettiva durata e il continuo appello alla moderazione da parte del conduttore è sembrato forzato. Il “sermone”, come da più parti è stata ribattezzata la puntata di ieri, poco si adatta alle modalità fruitive della televisione e dei media nell’era digitale. Interessante piuttosto l’esperimento di “Social TV”del Post che tramite friendfeed ha commentato in diretta la trasmissione insieme ai suoi lettori. Una rapsodica discussione contro la passività dell’ascolto televisivo. Tra un programma pensato ventidue anni fa e ripreso dal cassetto, e il dibattito sul nucleare che ritorna, l’unica certezza è che la televisione generalista e una buona fetta di paese si ostinano a non volere uscire dagli anni ’80 e a guardare avanti.
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