L’evoluzione dei media e della televisione di stato albanese appariva, fino a pochissimi anni fa, strettamente legata a un involontario tentativo di “soft power” culturale compiuto della Radiotelevisione italiana, una semplificazione che ho cercato di decostruire nel mio ultimo studio monografico dal titolo Ciao Shqipëria! Il secolo dei media nei rapporti culturali italo-albanesi, edito da Besa Muci.
La televisione come riscatto sociale
Fin dai tempi del regime comunista di Enver Hoxha, nonostante i forti divieti da parte del governo di seguire influenze culturali straniere, definite “manifestazioni aliene”, i contenuti delle trasmissioni italiane vengono puntualmente ritrasmessi e, in alcuni casi, clonati dalla televisione di stato albanese. Una fase di clandestinità svanita negli anni novanta quando è iniziata la cosiddetta fase di “italianizzazione sottile”, durante la quale non solo vengono utilizzati format e linguaggi in voga nella tv italiana – pubblica e privata -, ma molte emittenti albanesi si propongono come una vera e propria clonazione di Rai e Mediaset.
Nel 1998 vi è la prima legislazione e liberalizzazione del settore televisivo albanese: oltre all’emittente statale RTSH, nel 1999 si censiscono 31 stazioni televisive caratterizzate da forti investimenti di imprenditori intenzionati a condizionare l’opinione pubblica per fini politici. Seppur la nuova legge preveda l’obbligo della lingua albanese nelle trasmissioni, tale prescrizione non è sempre rispettata e il nuovo pubblico della Repubblica delle Aquile continua a preferire i programmi e le serie italiane o le telenovelas sudamericane.
I talk show svolgono, in questa nuova fase, un compito molto importante per la ridefinizione del sé, favorendo l’autostima dei soggetti e il mutamento del proprio status sociale: la televisione viene vista come un riscatto per entrare nei canoni della società.
Negli anni duemila il pluralismo televisivo diventa sempre più centrale nella “new economy” albanese, i tycoon della televisione sono aiutati e sostenuti dall’amministrazione comunale di Tirana e dal governo centrale, trasformando numerosi locali del vecchio regime, ormai in disuso, in uffici a disposizione di questi new media. Come ricorda l’attuale premier Edi Rama: “Sono fiero di aver dato la possibilità ad alcuni proprietari di media, Klan, Top Albanian Radio e Top Channel, News 24 e Gazeta Shqiptare, di prendere in affitto grandi locali di proprietà dello Stato per svolgere le loro attività e trasformare radicalmente il mondo mediatico albanese, trasformando il quarto potere in un potere esercitato attraverso una infrastruttura ideale per l’Albania”.
La bolla televisiva
L’indipendenza editoriale in Albania risulta carente, sia nei media pubblici che privati, in parte a causa della mancanza di meccanismi di autoregolamentazione. Si potrebbe parlare, infatti, di “bolla televisiva”: spesso le emittenti non sono attività sostenibili economicamente ma sopravvivono grazie al sostegno dell’establishment e del gotha imprenditoriale della repubblica balcanica. Solitamente, i proprietari delle emittenti investono in altri settori, sfruttando i media solo come strumento per perseguire i propri interessi commerciali e amplificare la propria fama.
Nonostante si tenti l’emancipazione dal modello italiano, risultano ancora presenti esempi di “italianizzazione silenziosa”: Fiks Fare, un programma di notizie satiriche trasmesso su Top Channel dal 2002, è una fedele riproduzione di Striscia la Notizia. I due programmi condividono scenografia, presenza scenica e la ricerca delle notizie, perseguendo lo stile dell’infotainment satirico. Il programma di Antonio Ricci risulta così cruciale per i palinsesti albanesi che nel 2015, per decreto presidenziale, Ezio Greggio ottiene la cittadinanza albanese per “meriti nella diffusione della cultura” televisiva in Albania; in quell’occasione il conduttore italiano è ospite proprio della trasmissione “figlia” Fiks Fare.
Prima di Fiks Fare, nella metà degli anni novanta un altro programma tracciava il format di Striscia la Notizia e andava in onda su un’emittente privata albanese: Letter mga populi (Letters from the People), una rubrica satirica condotta dall’umorista Philip Chako su Tv2000. Un’ ulteriore emulazione della trasmissione Mediaset è Stop- Emission Investigativ in onda nell’emittente privata concorrente di Top Channel, Tv Klan.
Uno storico legame
Il cittadino albanese rimane ancora oggi legato a storiche trasmissioni italiane come il Festival di Sanremo che nell’edizione del 2020 ha visto la co-conduzione di Alketa Vejsiu, anchorwoman di Tv Klan, o di C’è posta per te, presente nella versione albanese in due differenti emittenti e format, uno è “Dua të të bëj të lumtur” (Voglio farti felice) su Top Channel e “Kam një mesazh për ty” (C’è un messaggio per te), una rubrica all’interno del programma “E diela shqiptare” (Domenica Albanese ) in onda su TV Klan.
Nel corso del tempo si è creata una vera e propria agiografia laica nei confronti di anchorman e anchorwoman quali Raffaella Carrà, Pippo Baudo, Maurizio Costanzo, Mike Buongiorno e attualmente Maria De Filippi. Quest’ultima, grazie a programmi come Amici e Saranno Famosi, ha contribuito al successo di alcuni ballerini albanesi in Italia come Kleidi Kadiu, Leon Cino o Anbeta Toromani e, nel dicembre 2005 , è stata premiata dal Presidente della Repubblica albanese Alfred Moisu con una medaglia di riconoscimento a motivazione della quale si riconosce “’l’importante contributo nella promozione dell’arte e degli artisti albanesi e di seguito anche dell’immagine positiva dell’Albania in trasmissioni televisive di grande impatto pubblico”.
Non appare quindi priva di senso la scelta del premier Edi Rama, durante le proteste del 2019, culminate con le dimissioni dei parlamentari dell’opposizione, di trascorrere ventiquattro ore in Italia per spiegare il suo punto di vista “in italiano agli albanesi”, agli “albanesi d’Italia” e agli “italiani d’Albania” partecipando al programma Porta a Porta e ad altre due trasmissioni, una di Mediaset e una di La7, come a sottolineare la sua autorevolezza nel paese definito dallo stesso presidente come il primo partner commerciale (“Ad oggi abbiamo uno scambio economico di mercato con l’Italia che ammonta a 2,6 miliardi di euro all’anno. L’Albania esporta circa 1,2 miliardi di euro all’anno in Italia.”).
Un viaggio “mediatico” che ha scatenato l’opinione pubblica albanese e i dibattiti dei talk show per intere settimane. Per non parlare della viralità del video girato dallo stesso premier Rama all’aeroporto di Tirana durante l’emergenza Covid 19, annunciando l’invio di medici ed infermieri a sostegno dello Stato italiano. Un discorso che riprende la retorica della vicinanza fra i due paesi e le due culture, ricordando come “Laggiù è oramai casa nostra da quando l’Italia e le nostre sorelle e fratelli italiani ci hanno salvati, ospitati e adottati in casa loro quando l’Albania versava in dolori immensi”.
Tra sport e diglossia
Nonostante l’attenzione mostrata verso l’Italia dalla classe dirigente e da una generazione di non più giovanissimi, non si può tornare indietro ad una televisione “italiana” in Albania. Per queste e tante altre ragioni, nel 2013 l’esperimento di Agon Channel del tycoon Francesco Becchetti si dimostra fallimentare, nonostante la faraonica “campagna acquisti” di professionisti sia italiani che albanesi,come Simona Ventura, Alessio Vinci, Pupo e Antonio Caprarica.
“Agon” significa alba, anche se questo esperimento che si propone come una nuova televisione italiana in Albania, si è rivelato soltanto un modesto tramonto.
Tuttavia, nel linguaggio mediatico odierno ci sono molti termini estrapolati dall’italiano, come annunciare che diventa “annuncioi”, “anunçoj”. È un fenomeno di diglossia perfetta: la parola viene usata nel quotidiano, ma non esiste nel dizionario, nel quale i vocaboli esistenti, come “parashtroj” e “lajmëroj”, stanno invece scomparendo. Oggi però questi italianismi, dilaganti nei programmi della seconda metà degli anni novanta e degli anni duemila, si trovano a dover resistere all’ondata di anglo-albanesismi sempre più frequenti.
Non si può nascondere, però, come soprattutto a Tirana e a Valona siano ancora presenti fenomeni di italianità diffusa. Ad esempio, nei centri scommesse, ufficialmente vietati dal 1° gennaio 2019, o nei numerosissimi bar dove si celebra la cerimonia laico-religiosa del calcio, parafrasando Marc Augè si guarda tuttora la Serie A ma non è più un’esclusiva, la si osserva laicamente e non più religiosamente, insieme agli altri campionati: è finito il tempo in cui il Milan sconfigge l’Albania con mezzo stadio che tifa per il club italiano durante il Torneo Taçi Oil, organizzato dal controverso petroliere ed ex socio dei rossoneri Rezart Taçi nel 2009.
Sono passati dieci anni, ma sembra passata un’eternità. Adesso si preferisce la Premier League degli “shipetari di Svizzera” Shaqiri e Xhaka o la Bundesliga tedesca. Il calcio è interessante per gli albanesi come lo è stato per gli italiani migranti, poiché la scelta della squadra di una città è come un segno di accettazione di zoòn politikon: un atto di identificazione.
Rimane però curioso come nei telegiornali sportivi si trovino dei mini-servizi sui giocatori più rappresentativi della nazionale albanese che militano in Serie A, con gli highlights personali dei vari Hysaj, Berisha, Djimsiti, Asslani e gli altri numerosi calciatori spesso in possesso anche del passaporto italiano o nati nel Belpaese. Ma anche in questo caso la “filoitalianità” sta scemando sia in nome dell’exploit della Premier League dove milita Armando Broja, calciatore più rappresentativo e sia perché l’attenzione maggiore viene riservata ai calciatori della nazionale e agli altri giocatori albanesi che hanno scelto di giocare per le rappresentative del Kosovo o della Svizzera, molto seguiti dal pubblico calciofilo shipetaro.
Il cambio di guarda degli interessi culturali-sportivi ha raggiunto anche la guida della nazionale di calcio, ora allenata dal brasiliano proveniente dalla Premier League Silvinho, sdradicando l’egemonia calcistica italiana che ha regnato per decenni. Sulla panchina si sono susseguiti personaggi come Dossena, Panucci e Reja, ma il grande exploit rimane quello di Gianni De Biasi che, nel 2016, è riuscito a portare per la prima volta nella storia la nazionale albanese agli Europei, ricevendo per questo la cittadinanza onoraria “per meriti sportivi portati alla nazione”.
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