Secondo quanto riportato da uno studio internazionale sul cambiamento e l’innovazione del mondo dei media dal titolo «The Media Change & Innovation Division», condotto in Svizzera in partnership con l’Istituto di comunicazione di massa e ricerca sui media dell’Università di Zurigo, il panorama mediatico svizzero negli ultimi dieci anni ha subito notevoli cambiamenti ed evoluzioni. Per chi vive a queste latitudini e fa riferimento alla vita quotidiana di tutti i giorni, può sembrare poco evidente visto il contesto ristretto nel quale si stringono e hanno luogo relazioni interpersonali ancora fortemente definite da una prossimità e da una vicinanza che facilita una comunicazione diretta e personale. Ma le apparenze ingannano, in particolare se dal singolo Cantone si leva lo sguardo al resto della Svizzera. La ricerca, che studia e rileva l’impatto sociale, politico ed economico di Internet e delle altre tecnologie a partire dal 1999, pone innanzitutto l’accento sulla ricchezza e la concentrazione dell’offerta mediatica unica nel mondo per un contesto geografico come quello elvetico. Offerta che ai suoi cittadini permette l’accesso a 75 stazioni radiofoniche, 165 canali televisivi via cavo, 197 giornali tra quotidiani e riviste a pagamento, 180.000 applicazioni iphone e 192 milioni di domini registrati sul web. Poi mette in evidenza i cambiamenti portati da Internet e dalle nuove tecnologie: dal 2006 ad oggi i cinque maggiori quotidiani svizzeri hanno perso il 10% dei loro lettori mentre nello stesso periodo le rispettive edizioni online hanno invece duplicato il loro lettorato. Dal 2009 le inserzioni sulla carta stampata sono diminuite del 20% mentre in Internet sono incrementate del 38%. I cittadini svizzeri spendono più tempo in rete che nella lettura dei giornali. E se in Svizzera la radio ha impiegato ventisette anni per raggiungere un milione di utenti e la Tv quindici, Internet ha impiegato solo sei anni e facebook ancora meno, due.
Alla luce di questi dati, chi oggi vuole rimanere competitivo sul mercato, in qualsiasi settore, non può dunque prescindere da una strategia digitale. In questo senso è sicuramente positiva l’iniziativa della Neue Zürcher Zeitung di voler introdurre per fine marzo un «soft» paywall per la sua edizione online. Prima di lei ci ha già pensato il New York Times che ad un anno quasi dal lancio del paywall può dire che in termini di lettori è stato un successo avendo superato di gran lunga i tremila abbonamenti digitali che si era prefissato e facendo della testata il secondo quotidiano statunitense per numero di abbonamenti digitali alle spalle del The Wall Street Journal che vanta oltre 537 mila sottoscrizioni.
Per quello che è dato sapere il soft paywall della NZZ prevede per gli utenti la possibilità di scaricare gratuitamente dieci articoli al mese, superati i quali se ne potranno avere altri dieci registrandosi però al sito, superati i quali è necessario abbonarsi per accedere ad altri. E come per il NYT ci sarà invece l’accesso gratuito per chi arriva dai social media, ha rilevato Peter Hogenkamp, direttore del settore media digitali della NZZ.
Markus Wiegand, direttore della rivista Schweizer Journalist, come altri esperti del settore, saluta favorevolmente il paywall della NZZ e si chiede perché non ci si è pensato prima. Forse, dice, perché il quotidiano zurighese ha impiegato molto tempo a ristrutturarsi e a coordinare la sua offerta digitale. Ora, date anche le esperienze positive del New York Times a livello internazionale e di Le Temps nella Svizzera francese, è giusto fare questo passo e le prospettive sono senz’altro buone.
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