Dopo aver ricevuto la prima mail d’invito da parte del prof. Stephan Russ-Mohl per dare vita all’Ejo anche in Albania, come è nella natura umana, all’inizio ho esitato. Non potevo sapere, quattro anni fa, che accettando l’invito a collaborare con l’Università della Svizzera italiana sarei stato parte di un progetto che avrebbe avuto un impatto fondamentale sull’attività del Dipartimento di giornalismo e comunicazione dell’Università di Tirana, in particolare sulle ricerche riguardanti i media in Albania e sul curriculum degli studi effettuati dal nostro dipartimento. La collaborazione tra l’Università di Tirana e l’Ejo si articola grazie al programma di ricerca SCOPES (Scientific co-operation between Eastern Europe and Switzerland) – finanziato dal Fondo Nazionale svizzero per la ricerca scientifica e dalla Dsc (Direzione dello sviluppo e della cooperazione), con lo scopo di aumentare la cooperazione scientifica tra la Svizzera e l’Europa dell’Est.
Uno dei nostri interrogativi principali era come intraprendere degli studi sui media, quando spesso i media – soprattutto nelle nuove democrazie – criticano tutti, ma non accettano di essere criticati. In Albania, come in altri paesi della regione, i media hanno infatti un potere ideologico e professionale sullo spazio pubblico molto forte, che permette di controllare tutte le voci e che spesso bandisce chi osa criticarli. E come “importare” in modo solido la filosofia dell’Ejo anche da noi, diventando il “cane da guardia” del “cane da guardia”? Se i media sono veramente il Fourth Estate (il “quarto Stato”, concetto di solito reso un po’ riduttivamente con “quarto potere”), come costruire un “quinto Stato” per difendersi dal quarto ed equilibrarlo? Anche per risolvere questi dilemmi, io e un paio di miei colleghi (allora dottorandi), Jonila Godole e Rrapo Zguri, ci siamo messi al lavoro, accettando di collaborare con l’Osservatorio dell’Usi. La collaborazione ci ha dato nuovo slancio nell’analizzare le diverse sfide che il giornalismo albanese sta attraversando.
I media del nostro paese sono infatti confrontati con numerosi punti critici: il potenziale delle nuove tecnologie non è compreso e pertanto non è valorizzato nel contesto di modelli di business adeguati e al passo con i tempi; per questa ragione i lettori diminuiscono progressivamente, insieme alle entrate pubblicitarie rallentate anche dalla grave crisi economica e finanziaria; la formazione di molti professionisti è tuttora non solida e occorrerebbe rinnovare nelle sua fondamenta la cultura giornalistica stessa, adeguandola alle nuove esigenze di interattività e specializzazione, andando quindi oltre i cliché legati al vecchio concetto di professione.
Sullo sfondo, ma di certo non meno importante, la relazione ancora simbiotica tra i media e la politica impera tutt’ora in Albania, non permettendo una regionalizzazione democratica dell’informazione.
Speciale 10 anni di Ejo:
“Osservando il quarto potere”, di Stephan Russ-Mohl
“Quel ponte tra redazioni e accademie”, di Marcello Foa
“La sfida di Internet all’informazione”, di Matteo Airaghi
Il sito albanese dell’Ejo, qui.
Articolo pubblicato originariamente su Square, il magazine dell’Università della Svizzera italiana
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