Un nuovo giornalista chiamato a garantire la correttezza e l’imparzialità dell’informazione
Il 21 giugno il New York Times ha nominato il nuovo public editor del giornale ovvero l’ombudsman chiamato a garantire la correttezza e l’imparzialità dell’informazione. Arthur S. Brisbane è il quarto giornalista nella storia del prestigioso quotidiano a ricoprire questo ruolo e vanta un curriculum di tutto rispetto: 34 anni di esperienza dapprima come reporter e editor al Washington Post, editor e publisher al Kansas City Star ed infine senior executive alla Knight Ridder.
Non da meno i suoi predecessori che a partire dal 2003, quando il giovane reporter Jayson Blair venne scoperto a falsificare, inventare e copiare articoli, si sono succeduti sulla poltrona del public editor, nel quotidiano della famiglia Sulzberger. Lo scandalo che ne seguì, oltre a costare il posto a due top news executives e allo stesso Blair, diede il via ad un ripensamento degli standard etici e di qualità all’interno del giornale. Tra le misure adottate l’introduzione della figura del public editor, nome con cui il NYT indica il garante dei diritti dei lettori, generalmente noto come ombudsman (http://it.ejo.ch/?p=233).
Provenienti da esperienze e formazioni differenti, questi “cani da guardia dei diritti dei lettori” hanno in comune la provenienza dal mondo dell’informazione e una consolidata carriera alle spalle: 25 anni come editor di magazine e scrittore di libri il primo, Daniel Okrent (public editor dal dicembre 2003 a maggio 2005), top editor al Wall Street Journal il secondo, Byron Calame (maggio 2005 – maggio 2007), e una carriera all’ufficio di Washington della Knight Ridder, prima come vice president for news e poi come Washington editor il terzo ed uscente, Clark Hoyt.
Al NYT il public editor è di norma un outsider. Oltre ad essere scelto al di fuori della cerchia dei giornalisti della redazione, lavora all’esterno della struttura redazionale quotidiana, agendo come una sorta di “divisione affari interni”, come Clark Hoyt, il garante uscente, ha definito se stesso, lo scorso 13 giugno, nella sua ultima rubrica dal titolo “A Final Report from Internal Affairs”(http://www.nytimes.com/2010/06/13/opinion/13pubed.html?ref=thepubliceditor).
L’indipendenza, presupposto fondamentale per il lavoro dell’ombudsman, viene al NYT garantita tramite un contratto particolare e limitato nel tempo: due, massimo tre anni e non rinnovabile, onde evitare che il garante possa essere sospettato di avere degli interessi nell’ “ingraziarsi” l’editore ai fini di un rinnovo dell’incarico.
Il public editor, i cui articoli non sono soggetti all’approvazione di nessun news executive all’interno del quotidiano, né tanto meno da parte dell’editore, può inoltre essere licenziato per due sole ragioni: il venir meno allo svolgimento del suo lavoro e la violazione degli standard etici sanciti dall’editore.
Brisbane, il nuovo arrivato, ha già dichiarato che fra i numerosi argomenti di cui si occuperà, che andranno dall’analisi delle pratiche giornalistiche interne al quotidiano (e degli errori commessi dal giornale, principale compito d’indagine degli ombudsman), ai più generali temi dell’etica e della deontologia giornalistica, ampio spazio sarà dedicato agli standard dell’informazione on-line. L’articolo che annunciava la sua assunzione (http://www.nytimes.com/2010/06/22/business/media/22times.html), riportava infatti questa sua affermazione: «I think that journalists and editors are struggling with establishing standards for digital news. Are those standards different from content in print? And if they’re different, how do we justify that they’re different? I expect that is a problem that will be with us for a while.»
Una dichiarazione che si dimostra di buon auspicio, all’insegna del futuro e dell’importanza di poter garantire, anche sul web, la stessa affidabilità e autorevolezza di cui si fa portavoce il New York Times, anche tramite la stessa figura del public editor. In un mondo sempre più digitale, dove si discute da tempo della possibilità che il web soppianti definitivamente la carta e dove l’informazione, grazie al fenomeno del citizen journalism, è sempre meno monopolio di una categoria professionale, appare di importanza fondamentale il riuscire a tracciare una linea di demarcazione fra l’informazione di qualità e i rumors che possono rimbalzare e propagarsi nella rete. Il tema è sentito e catalizza l’attenzione di molti. Di sicuro è all’ordine del giorno all’interno dell’ONO – Organization of News Ombudsmen – l’organizzazione internazionale che raduna i garanti dei lettori, che, non a caso, ha deciso di dedicare la sua ultima conferenza annuale, dal titolo “Expanding ONO’s Influence in a Digital Age”, proprio alla sfida proveniente da internet.
Tags:Etica e Qualità, New York Times, ombudsman, Public editor