Giornalismo e attivismo: l’importanza delle differenze

22 Agosto 2022 • Cultura Professionale, Giornalismi, In evidenza, Più recenti • by

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Nel corso degli anni, un numero sempre crescente di giornalisti si è unito alle proteste popolari, come quelle legate al cambiamento climatico, alla guerra, al Black Lives Matter (BLM) e ad altri movimenti per i diritti civili, non solo per raccontarle ma anche per sostenerne il cambiamento. Tuttavia, l’idea del giornalista come attivista è talvolta problematica, come si legge nel manuale di giornalismo di Tim Vos. Ci si aspetta infatti che i giornalisti rimangano obiettivi e imparziali nel loro ruolo di produttori e e garanti dell’informazioni pubblica.

I partecipanti al DW Global Media Forum, ospitato dall’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle (DW), hanno deciso di affrontare questo tema in un panel intitolato “Journalist Gone Activist? Exploring the red line between news reporting and advocacy“. Tra i relatori sono intervenuti la giornalista investigativa brasiliana Patricia Campos Mello, il giornalista ambientale keniota Kiundu Waweru e il direttore generale di DW, Peter Limbourg.

Reportage e diritti umani

Secondo Waweru, i giornalisti devono avere la possibilità di decidere se dare o meno risalto a una storia. “A volte si vuole raccontare una storia, ma è impossibile senza diventarne un attivista”, ha affermato. Mello, tuttavia, la vede diversamente, sostenendo che l’attivismo e il giornalismo non possano coesistere. “Possiamo imparare dagli attivisti, e sostenerli nelle loro battaglie”, ha spiegato, “ma si tratta pur sempre di due modi d’agire e di comunicare che devono rimanere separati”.
Secondo Limbourg, si dovrebbe fare attivismo solo quando si tratta di diritti umani e democrazia, mentre si dovrebbe tracciare una linea di demarcazione quando si tratta di altre questioni. Secondo Limbourg se i giornalisti si concentrano troppo sull’attivismo, potrebbero accrescere ulteriormente il problema della polarizzazione mediatica. “C’è già troppa polarizzazione, quindi passiamo ai fatti”, ha detto.

Due facce della realtà

Intervistata al Forum, la Mello ha riconosciuto che “un reportage imparziale al 100% è un’utopia”, ma questo non significa che la stampa non debba sforzarsi di riportare i fatti nel modo più equilibrato e imparziale possibile.

“È questa la differenza tra attivismo e giornalismo”, ha detto. “Se sei un attivista, hai già una posizione che sai di dover difendere”. Come giornalista, invece, non si deve difendere un punto di vista, ma informare il pubblico in modo imparziale e “il più possibile concreto”, in modo che possa trarre le proprie conclusioni.

Ha inoltre sottolineato che imparzialità non è sinonimo di falsa parità: “Alcuni pensano che si debba dare uguale spazio anche a chi difende non dei punti di vista ma delle bugie, ma non è così, perché non esistono due facce del medesimo fatto”.

Trasparenza e giornalismo costruttivo

La Mello ha poi affrontato il tema della trasparenza nell’informazione pubblica. Alcune persone, ha sottolineato, “non capiscono la differenza tra fatti e propaganda”. Ha spiegato che, sebbene il pubblico possa decidere a quali fatti credere, è importante che i giornalisti continuino a riferire in modo accurato, indicando sempre i fatti e le fonti. “Mostrare i documenti, scattare foto…. tutto deve essere molto concreto, perché è così che si aumenta la credibilità”, ha detto.

Nonostante le diverse opinioni dei relatori, tutti e tre hanno concordato sulla necessità di coinvolgere i cittadini nel dibattito pubblico, riconoscendo i problemi esistenti e riportando correttamente i fatti. “La verità appartiene alla gente”, ha detto Waweru.

Durante il dibattito, Limbourg ha aggiunto che i giornalisti devono mostrare l’intero quadro della situazione, anche se ciò si rivela complicato. E se è troppo difficile da capire o afferrare, allora i giornalisti e le redazioni “devono essere più chiari nel loro messaggio”.

Dopo aver ascoltato i partecipanti, una cosa sembra certa: attivismo e giornalismo non sono la stessa cosa e,  anche se possono sostenersi a vicenda, c’è una linea sottile che li separa. Ma dove va tracciata questa linea? Nel corso della discussione, Limbourg ha fatto riferimento all’affermazione di un tirocinante di DW, secondo cui “il giornalismo riguarda l’interesse pubblico e l’advocacy riguarda un interesse parziale”, suggerendo che non appena si inizia a fare pressione per qualcosa di specifico, invece di essere critici e obiettivi nei confronti di tutte le prospettive, si diventa attivisti e non giornalisti.

In effetti, come suggerito da Mello, la trasparenza è fondamentale per affrontare il problema dell’attivismo nel giornalismo, ad esempio rendendo chiaro quali sono i fatti e quali le opinioni. In particolare, Limbourg, nel suggerire come affrontare la questione, ha fatto riferimento al cosiddetto “constructive journalism”, in cui i giornalisti non si limitano a raccontare le sfide del mondo, ma si concentrano anche sulle possibili soluzioni a questi problemi.

Articolo tradotto dall’originale inglese.

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