Dalla periferia del sistema al centro del cambiamento: la televisione web oltrepassa il confine e si fa protagonista. Una trasformazione che si è toccata con mano nei tre giorni bolognesi di “Meeting PuntoIT – le Italie digitali fanno il punto”, un evento organizzato da Altra tv e a cui l’Osservatorio ha aderito come supporter. Il mondo delle web tv è giunto da tutta Italia per fare rete al raduno bolognese dal 18 al 20 aprile che ha visto in tutto 700 partecipanti accreditati, 74 relatori a confronto con videomaker e editori digitali in 38 differenti incontri. Tra questi abbiamo seguito da vicino “Social tv: guida alla nuova web tv” dove il popolo delle web tv ha incontrato il popolo della tv vecchio stampo e “TeleVISIONI del mondo: web tv, social tv, mobile tv, sat tv, smart tv, connected tv”. Di più ancora sull’evento e sulle web tv, domani, sempre sul sito EJO, con una interessante intervista.
Giampaolo Colletti e Andrea Materia hanno presentato la neotelevisione fatta sul web e con il web. La parola d’ordine è “social tv”, quella televisione che come ha spiegato Materia è “strettamente legata alla penetrazione dei social network e ad applicazioni di secondo schermo come quelle installate su tablet e smartphone che consentono una esperienza sincronizzata con la tv”. Un fenomeno già noto nel mondo anglosassone e ancora poco sfruttato in Italia. Questione di anni, hanno pronosticato i due, lasciando all’Italia almeno una consolazione: pochi ma importanti casi innovativi come quello di Servizio Pubblico di Santoro e la declinazione social di fiction come “I Cesaroni”. La novità che la “social tv” potrebbe portare nel Belpaese è grande anche in termini di profitti: alla frammentazione di ascolti, la nuova tv risponde mettendo in gioco la partecipazione, fidelizzando gli utenti e ricreando attraverso i dispenser virtuali quei momenti collettivi che in inglese si chiamano water cooler moments, l’equivalente delle nostre chiacchiere in pausa caffè. Grazie al digitale insomma gli introiti pubblicitari della tv promettono di crescere: alla formula del canone e dell’abbonamento si accosta quella della community fidelizzata, la nicchia di interesse, peraltro più facilmente monitorabile perché a portata di app.
LE REGOLE D’ORO
Se la web tv è ormai il presente, con 590 canali in Italia nel 2011 mentre nel 2003 ci si attestava su 36, la social tv promette allora di essere il futuro. E per stare sintonizzati sugli anni a venire, può essere utile seguire alcuni accorgimenti. Sono le “regole d’oro” secondo Colletti e Materia. Si parte da quelle per la web tv: specializzarsi stringendo un “patto dei forti”, poi schierarsi con un buon piano editoriale presidiando la rete, creare un team commerciale che dialoghi con pubblica amministrazione, piccole e medie imprese e terzo settore. E ancora: serializzare l’offerta invece di limitarsi agli eventi, vivere i social network in modo virale come dialogo e non solo vetrina. Puntare sui devices mobili con apps, incentivando i download. Fare rete, oltre che essere in rete. A questi sette comandamenti se ne aggiungono altri cinque mirati per la nuova social tv: anzitutto non considerare i social media come accessorio eventuale, ma integrarli nei cicli produttivi e assegnargli un budget adeguato. E poi pensare transmediale, senza paura di spezzare il dogma della linearità, perché l’audiovisivo esiste live ma anche ricreato, riciclato, rivissuto… E ancora: riposizionare il brand studiando e sfruttando le specificità della tv multischermo, oltre che dare alla declinazione social di ogni format un’esistenza autonoma. Last but not least, aprire le piattaforme, prestare attenzione alle interfacce e ai nuovi talenti che arrivano dal web.
VECCHIA E NUOVA TV
E se negli Usa anche Oprah Winfrey si è allenata a star dietro ai tweet durante il suo show, in Italia la tv generalista sarà in grado di stare al passo? Ne hanno parlato Piero Gaffuri (Rai Nuovi Media), Roberta Enni (Rai5), Claudio Semenza(MSN), Domenico Castagnano (TGCOM24 – Mediaset), Fabrizio Viscardi (Eutelsat),Bruno Pellegrini (TheBlogTv), Luisa Pronzato (Corriere.it e 27esima ora), con Luca De Biase del Sole24Ore come coordinatore durante il panel “TeleVISIONI del mondo: web tv, social tv, mobile tv, sat tv, smart tv, connected tv” . È bastato un giro di tavolo, e soprattutto un’occhiata ai tweet proiettati in diretta, per intendere che il dialogo che si sta giocando riguarda piuttosto le possibili relazioni tra i grandi player e le (ormai non tanto piccole) web tv che erano presenti in sala. Alcuni tweet sono impietosi con la vecchia tv e anche con quella di mezza età: “livello di coinvolgimento nemmeno paragonabile con la presentazione social di prima, adesso la web tv langue”, ha twittato ValeReggio. “La tv fa la corte al web perché è a corto di spettatori e di idee”, ha fatto il coro un altro. I relatori hanno messo avanti le buone intenzioni, come Roberta Enni di Rai5 che ha ammesso: “per fare la tv ci vorrebbe la patente e alcune non andrebbero rinnovate”. O Viscardi che ha pronosticato il crollo della tv generalista nel giro di 5 anni senza usare il condizionale. Ma le reazioni di molti nel popolo delle web tv hanno lasciato intendere la paura di essere fagocitati dai “big”. Secondo Roberto Bernoni di Telecountry News il rischio è far la fine della radio, Cristina Bonavin ha chiesto invece se non c’è il rischio di venir fagocitati dalla tv generalista. Qualcun altro ha twittato: “non è che per collaborazione intendete cessione di diritti gratis?”.
RIVOLUZIONI
Insomma gli ultimi sette anni, la primavera della web tv che matura e si emancipa, hanno restituito una voce più consapevole, mentre nel frattempo la tv generalista domina ancora ma guarda al futuro con molte più incertezze. Non basta più immaginare uno scambio di contenuti o una scatola cinese di tv in cui quella grande detta le regole. Tra gli interventi più applauditi in sala c’è stati non a caso quello di Iacopo Venire di LiberaTv. “La tv come l’abbiamo conosciuta esclude pezzi importanti di informazione”, ha spiegato. E se la web tv arriva dove altri non arrivano, non basta vendere i propri contenuti per creare una nuova strada. “Non potete pensare a noi delle web tv solo come l’informazione a cui da soli non arrivate”, ha continuato Iacopo, “perché l’idea per molti di noi è anche quella di ribaltare le priorità”. Insomma cambiare la gerarchia delle notizie, fare spazio al nuovo. E se è vero che “l’informazione costa e deve essere pagata, io credo che ciò debba avvenire anche maturando una cittadinanza che riconosca che se vuole altri contenuti deve anche sostenere questi progetti editoriali”.
Insomma il popolo delle web tv a farsi fagocitare non ci pensa proprio, il dialogo è intenso e lo hanno percepito in molti. “Mi sembra uno scontro come quello in musica tra le indie e le major”, ha commentato uno dei relatori. “La tv tradizionale ha preso un grosso schiaffo. Ma porge l’altra guancia”, sentenzia caustico un tweet.
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