Aggiornare, rimettere a fuoco e andare oltre. Sono queste le direttrici attorno alle quali il Donald W. Reynolds Journalism Institute dell’Università del Missouri ha invitato giornalisti e ricercatori a riflettere sul futuro del giornalismo. Il programma della conferenza “Five Years Past/Five Years Forward: next Steps to Sustain Journalism” ha compreso dibattiti sull’innovazione, sulla tecnologia, sulla privacy, le startup, la libertà di espressione e la protezione contro le persecution dei governi, tema di grande attualità, soprattutto negli Usa travolti dallo scandalo Datagate.
Il primo panel, “The Practice of Journalism: Privacy, Security and the First Amendment”, ha toccato le crescenti preoccupazioni riguardo all’intrusione della privacy e degli eccessi dei governi in questo senso. “Mai nella storia di tutte le amministrazioni Usa, e in particolare quelle democratiche, si è assistito a una tale attacco ai whistleblower usando l’Espionage Act”, ha detto Craig Newman della Freedom2Connect Foundation. Per via di questo clima, i giornalisti devo affrontare difficili decisioni etiche, cercando di bilanciare il diritto del pubblico a sapere e il bisogno di proteggere le informazioni segrete. Hawley Johnson dell’Investigative Dashboard Project ha invece aggiunto che i media, nelle democrazie più giovani, sono ancora più vulnerabili, di fronte a questa sfida.
Mentre gli “scudi”, come la “shield law” su cui si dibatte negli Usa, che pur hanno il potenziale di proteggere al meglio i giornalisti e le loro fonti, sollevano altre questioni spinose: in tempi in cui chiunque in possesso di una connessione a Internet è in grado di produrre notizie, chi deve essere considerato un giornalista? E chi merita protezione? I partecipanti al panel hanno misurato le difficoltà che limitano le vecchie legislazioni, quando applicate in un contesto più recente, definito dai media digitali. Ci sono alternative efficienti ai contesti legislativi e costituzionali di media regulation nel “Wild Wes”t dell’innovazione dirompente?
Ma il sostegno al giornalismo significa anche sostegno al giornalismo come business. Strategie da questo punto di vista sono state dibattute nel secondo panel, “The Funding of Journalism: Practice, Research and Future”. Pekka Pekkala (Usc Annenberg School for Communication and Journalism) ha presentato i risultati del suo progetto di ricerca “Sustainable Business Model for Journalism” che ha seguito il lavoro di alcune startup giornalistiche in tutto il mondo. Secondo lo studio, la pubblicità rimane ancora la maggiore fonte di guadagno per i media d’informazione, nonostante la crescente retorica dell’innovazione. Pekkala, che scrive proprio di tecnologia e startup, ha dichiarato “Si tratta di un risultato piuttosto sorprendente, almeno per me, scoprire che le startup vendono ancora pubblicità”. Altre fonti di revenue, come il marketing relativo agli eventi, consulenze, fusioni, mostrano tutte alcuni segnali promettenti, ma seguono la vendita di inserzioni pubblicitarie nella graduatoria. Il report ha anche scoperto che molti giornalisti che lavorano nelle startup non hanno competenze finanziarie: per gli intervistati, uno dei passi più impegnativi è stato riconoscere che per rendere una startup profittevole, occorre occuparsi anche della parte di business, e non solo di quella strettamente giornalistica.
La session ha anche toccato la questione della personalizzazione dei contenuti sulla base delle cronologie degli utenti, le loro preferenze e i comportamenti individuali. Da un lato, le redazioni vogliono tessere i loro contenuti per gli utenti individuali, dall’altro percepiscono il bisogno di soddisfare la loro missione di servire il bene pubblico. “Non dobbiamo oscillare tra nessuna personalizzazione e personalizzazione verso una sola persona”, ha dichiarato Bill Densmore, consulente del Rji, e ha aggiunto che “dobbiamo creare delle community di interesse, all’interno delle quali personalizzare l’informazione per indirizzarla dove c’è un interesse e dove le persone percepiscono un’appartenenza”.
La chiusura della conferenza è stata lasciata invece a Rob Barrett, Vice President for News and Finance di Yahoo!, che ha parlato della sua visione del giornalismo, riassunta nel keynote “After the Media Establishment: Who Will the News Players Be in 2018?”. Nelle previsioni di Barrett, i grandi nomi dell’informazione dovranno necessariamente aprirsi alle piattaforme social come hub per i loro contenuti e per la loro diffusione: “solo poche testate potranno sopravvivere senza una relazione d’uso con le piattaforme social”, ha dichiarato Barrett. Inoltre, le grandi testate dovranno riconoscere l’importanza di agenti liberi nel processo di creazione delle notizie. Allo stesso tempo, Barrett ha anche sottolineato l’importanza dei giornalisti professionisti: “le esperienze e le competenze delle organizzazioni mediatiche e delle persone con formazione giornalistica è di grandissimo valore in un universo social guidato dalla tecnologia”.
Le session della conferenza sono disponibili qui.
Articolo tradotto dall’originale inglese
Photo credits: Nick Olejniczak / Flickr CC
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