Tanto impegno, nessuna remunerazione. La storia di Mayhill Fowler, popolare blogger dell’Huffington Post
La notizia che è balzata in queste settimane agli onori della cronaca dei media americani è il trasferimento all’Huffington Post di Howard Fineman, prestigiosa firma di Newsweek e popolare volto della Msnbc. In un articolo apparso sul New York Times la notizia del passaggio di Fineman dal mondo della carta stampata all’online, viene accolta come il segno di una nuova maturità per l’Huffington: se fino ad ora ha fatto in prevelenza affidamento su un esercito di giovani blogger, Arianna Huffington vuole ora investire in veri giornalisti.
“La nostra missione – afferma Huffington – sin dal primo giorno in cui è iniziata la nuova avventura online, è sempre stata quella di far convergere il meglio del vecchio e del nuovo sistema, print e online… Per fare questo servivano soldi, soldi che cinque anni fa non avevamo.. Ora il sito sta crescendo (una media di 11 milioni i visitator unici per mese) e abbiamo la capacità di assicurarci il meglio del vecchio mondo. E Fineman non è meno entusiasta: l’assunzione all’Huffington è un immersione nel futuro.. Un futuro che invece non esiste più per la signora Mayhill Fowler, popolare blogger del sito dal lontano 2007, nota per alcuni scoop (vedi articolo Washington Post) realizzati durante la campagna presidenziale di Obama.
Nel carteggio con il management dell’Huffington. pubblicato dalla signora Fowler sul proprio blog vengono spiegate le ragioni. “Vorrei essere pagatra per il tempo e gli sforzi dedicati, o quanto meno ottenere una minima remunerazione per le spese sostenute per produrre contenuti originali. Non mi aspetto di essere pagata per i post, le opinioni all’Huffington non hanno valore. Lo so, il modello di business è sempre stato basato sulla gratuità delle opinioni, ma i servizi giornalistici da me realizzati in tutti questi anni non sono opinioni, sono servizi che credo abbiano onore di essere remunerati”.
All’Huffington l’esercito dei blogger è costituito da 6.000 volontari, citizen journalist, esperti, giornalisti che vivono ormai fuori dal mercato protetto e contrattualizzato e che producono complessivamente una media di 300 post al giorno. “Senza paga e senza alcun supporto editoriale non vedo altra soluzione se non quella di lasciare… ritengo di essere una giornalista e come tale essere riconosciuta.. non è tanto una questione di denaro, quanto di dignità professionale”.
Mayhill Fowler denuncia la solitudine in cui si trova a lavorare il citizen journalist, nessun senso di appartenenza alla comunità del giornale, nessun supporto editoriale… Fineman – conclude Fowler – avrà uno stipendio a 6 cifre, sicuramente meritato.. possibile che non un singolo centesimo possa essere investito per dare dignità al mio lavoro?
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