CC0 Public Domain / Pixabay
“Leggo il New York Times da 50 anni, e mi dispiace vedere cos’è diventato, se penso a cosa era prima”. Ecco un tipico commento lasciato da un lettore alla rubrica dell’ombudsman di un grande giornale Usa, un tema ora sotto osservazione da parte della ricerca accademica e oggetto di un paper pubblicato da Journalism. Stephanie Craft (University Illinois), Tim Vos e David J. Wolfgang (University Missouri) hanno esaminato 30mila commenti simili lasciati agli articoli online pubblicati degli ombudsmen di National Public Radio (Npr), Washington Post e New York Times, nell’arco di due anni. L’ombudsman è una figura indipendente nelle redazioni che si occupa di ascoltare le lamentele del pubblico nei confronti dell’operato del giornale al fine di rispondere alle osservazioni dei lettori. Negli Usa queste figure spesso possiedono anche una rubrica, diventando di fatto un anello di congiunzione tra la redazione e il pubblico, con cui sono in continuo contatto.
Dallo studio emerge come molti commentatori, per quanto non rappresentativi della maggioranza dei lettori, sembrino provare una certa nostalgia per un tempo in cui i valori fondamentali del giornalismo erano vissuti con più rigore. L’effetto di questi commenti, per quanto provenienti da una fetta di lettorato ridotta, non va sottovaluto, in quanto le critiche lì formulate si basano prevalentemente su criteri di qualità tradizionali e fondamentali come oggettività, imparzialità e neutralità. I lettori, ad esempio, criticano di frequente i giornalisti perché a loro dire agirebbero sempre più spesso come meri stenografi, riportando solamente i fatti senza analizzarne i contenuti o inserirli in un contesto più ampio.
Un tema dibattuto spesso dai lettori a emergere chiaramente dallo studio è ad esempio quello delle pretese e degli interessi degli inserzionisti e degli sponsor. A questo si aggiunge che, dal punto di vista dei commenti analizzati, i giornalisti si baserebbero sempre di più su fonti faziose e contenuti forniti dalle agenzie di pr. Secondo i ricercatori, i commenti mostrano quanto i lettori abbiano idee molto concrete rispetto a cosa aspettarsi dai giornalisti e questo spiegherebbe di conseguenza la sensazione di nostalgia. In definitiva, per molti lettori è evidente come la qualità dei contenuti offerti in passato fosse migliore dal punto di vista dell’oggettività e della neutralità.
L’idea alla base dello studio era stata sviluppata inizialmente nel 2012, quando il Direttore del New York Times aprì un intenso dialogo con i lettori, discutendo del ruolo e degli obblighi dei sui giornalisti. I ricercatori sottolineano l’importanza di momenti di questo tipo, in cui il vertice di un rinomato giornale chiede la collaborazione del pubblico per ridefinire il compito della sua testata. Prima di allora, non non c’era mai stata una tale occasione di partecipazione per i lettori.
Rispetto all’Europa, negli Stati Uniti molte più redazioni impiegano gli ombudsman. La National Public Radio (NPR) e il New York Times, in particolare, fanno parte di quei media i cui ombudsmen godono di speciale attenzione da parte del pubblico. La loro interazione con i lettori contribuirebbe anche a ridefinire gli standard della professione giornalistica, contrastando il calo di credibilità dei media. In particolare, gli ombudsmen sembrano valorizzare il postulato di Jürgen Habermas, secondo cui le condizioni delle prestazioni giornalistiche dovrebbero essere ridiscusse all’interno di un discorso pubblico.
Articolo pubblicato nel contesto del corso di “Economics of Journalism and quality management in newsrooms” del Master in Gestione dei media dell’Università della Svizzera italia
Articolo tradotto dall’originale tedesco da Georgia Ertz
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I commenti dei lettori come critica ai media
24 Febbraio 2017 • Cultura Professionale, Più recenti, Ricerca sui media • by Laura Meier
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“Leggo il New York Times da 50 anni, e mi dispiace vedere cos’è diventato, se penso a cosa era prima”. Ecco un tipico commento lasciato da un lettore alla rubrica dell’ombudsman di un grande giornale Usa, un tema ora sotto osservazione da parte della ricerca accademica e oggetto di un paper pubblicato da Journalism. Stephanie Craft (University Illinois), Tim Vos e David J. Wolfgang (University Missouri) hanno esaminato 30mila commenti simili lasciati agli articoli online pubblicati degli ombudsmen di National Public Radio (Npr), Washington Post e New York Times, nell’arco di due anni. L’ombudsman è una figura indipendente nelle redazioni che si occupa di ascoltare le lamentele del pubblico nei confronti dell’operato del giornale al fine di rispondere alle osservazioni dei lettori. Negli Usa queste figure spesso possiedono anche una rubrica, diventando di fatto un anello di congiunzione tra la redazione e il pubblico, con cui sono in continuo contatto.
Dallo studio emerge come molti commentatori, per quanto non rappresentativi della maggioranza dei lettori, sembrino provare una certa nostalgia per un tempo in cui i valori fondamentali del giornalismo erano vissuti con più rigore. L’effetto di questi commenti, per quanto provenienti da una fetta di lettorato ridotta, non va sottovaluto, in quanto le critiche lì formulate si basano prevalentemente su criteri di qualità tradizionali e fondamentali come oggettività, imparzialità e neutralità. I lettori, ad esempio, criticano di frequente i giornalisti perché a loro dire agirebbero sempre più spesso come meri stenografi, riportando solamente i fatti senza analizzarne i contenuti o inserirli in un contesto più ampio.
Un tema dibattuto spesso dai lettori a emergere chiaramente dallo studio è ad esempio quello delle pretese e degli interessi degli inserzionisti e degli sponsor. A questo si aggiunge che, dal punto di vista dei commenti analizzati, i giornalisti si baserebbero sempre di più su fonti faziose e contenuti forniti dalle agenzie di pr. Secondo i ricercatori, i commenti mostrano quanto i lettori abbiano idee molto concrete rispetto a cosa aspettarsi dai giornalisti e questo spiegherebbe di conseguenza la sensazione di nostalgia. In definitiva, per molti lettori è evidente come la qualità dei contenuti offerti in passato fosse migliore dal punto di vista dell’oggettività e della neutralità.
L’idea alla base dello studio era stata sviluppata inizialmente nel 2012, quando il Direttore del New York Times aprì un intenso dialogo con i lettori, discutendo del ruolo e degli obblighi dei sui giornalisti. I ricercatori sottolineano l’importanza di momenti di questo tipo, in cui il vertice di un rinomato giornale chiede la collaborazione del pubblico per ridefinire il compito della sua testata. Prima di allora, non non c’era mai stata una tale occasione di partecipazione per i lettori.
Rispetto all’Europa, negli Stati Uniti molte più redazioni impiegano gli ombudsman. La National Public Radio (NPR) e il New York Times, in particolare, fanno parte di quei media i cui ombudsmen godono di speciale attenzione da parte del pubblico. La loro interazione con i lettori contribuirebbe anche a ridefinire gli standard della professione giornalistica, contrastando il calo di credibilità dei media. In particolare, gli ombudsmen sembrano valorizzare il postulato di Jürgen Habermas, secondo cui le condizioni delle prestazioni giornalistiche dovrebbero essere ridiscusse all’interno di un discorso pubblico.
Articolo pubblicato nel contesto del corso di “Economics of Journalism and quality management in newsrooms” del Master in Gestione dei media dell’Università della Svizzera italia
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Tags:commenti, Giornalismo americano, New York Times, Npr, ombudsman, Washington Post
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