La titolazione dei giornali ostaggio dei search engine?

18 Febbraio 2011 • Digitale • by

Search Engine Optimisation o S.E.O. Sulla tecnica che permette di aumentare i flussi di traffico in funzione delle parole più ricercate sui motori di ricerca – Google, Yahoo! Bing – un articolo rivela come l’Huffington Post utilizzi in modo scientifico questa opportunità. Con esempi concreti, Claire Cain Miller, giornalista del New York Times, dimostra come le titolazioni dell’Huffington siano spesso costruite ad arte per sfruttare la popolarità di argomenti ricercati su internet. Introducendo in un titolo la parola che in un dato momento della giornata risulta la più gettonata l’Huffington riesce a mettersi nella condizione di apparire nei risultati di ricerca effettuati su uno o più motori di ricerca creando le premesse per far convergere sul proprio sito un numero maggiore di persone.

Nulla di realmente nuovo. Non è certo una tecnica utilizzata dal solo Huffington. Tutti i web publisher ne sono ampiamente a conoscenza. D’altra parte essere online significa sapere quali sono gli strumenti più efficaci per riuscire a fare aumentare i flussi di traffico. Nel caso della stampa italiana, in queste ultime settimane la parola Ruby non poteva non esser trascurata nelle titolazioni, essendo uno dei termini più ricercati su Internet. Ma una cosa è affidarsi al solo fiuto e a indagini e analisi casuali, altre è costruire una vera metodologia che sia parte integrante del sistema editoriale, come sembra appunto fare l’Huffington. Non a caso quest’ultimo risulta essere il web site che ha la più alta percentuale di traffico proveniente dai motori di ricerca, il 35% del traffico complessivo. Vale a dire 8.750.000 di visitatori sull’audience totale di 25 milioni.

Di fronte a questi casi viene spontaneo domandarsi quanto questi comportamenti possano realmente aiutare a sviluppare un migliore giornalismo. Essere condizionati prevalentemente dalla logica dei motori di ricerca può essere efficace da un punto di vista commerciale, ed essere coerente con una sostenibilità economica del web, ma nasconde il rischio di produrre articoli di scarsa qualità. Immaginatevi una redazione alla quale viene fornita giornalmente una lista delle key words più ricercate nelle ultime 24 ore: parole, termini che in qualche modo devono, possibilmente, rientrare nelle dieta giornalistica della produzione giornaliera.

Non solo, ma mettendo in moto un approccio ancora più scientifico l’elenco delle parole chiave potrebbe essere circoscritto alle singole sezioni del quotidiano: redattori che si occupano di politica, piuttosto che di cronaca, economia, sport, spettacolo, ciascuno avrebbe un proprio decalogo cui conformarsi. Un meccanismo che in qualche modo è suicida e tende ad appiattire l’informazione. Se, infatti, come dimostrato più volte, le fonti di informazione primaria risiedono nei giornali o media tradizionali, la tendenza a trarre ispirazione, nella titolazione come nel corpo del testo, dalle dinamiche dei motori di ricerca, può causare un corto circuito dell’informazione, sia in termini di originalità che di qualità delle notizie prodotte. Teoricamente, se la tecnica S.E.O. fosse attuata per tutte le notizie il sistema dell’informazione imploderebbe generando un meccanismo di autodistruzione.

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