Ogni giorno nel mondo, in media, vengono effettuate su Google circa 3,5 miliardi di ricerche (Google Trends) e una buona parte di queste è sempre più legata alla ricerca di notizie.
Attorno a questi numeri si aprono una serie di considerazioni che, già da anni, hanno portato la categoria degli autori ed editori a chiedere un riconoscimento remunerativo per quel che concerne la fruizione dei propri contenuti online, divulgati poi attraverso motori di ricerca, primo su tutti, in Europa e non solo, Google. Il primo barlume in tal senso è stata l’approvazione della nuova legge europea sul copyright, approvata il 26 Marzo 2019, con 348 voti favorevoli, 36 astenuti e 274 contrari che ha dato vita alla cosiddetta Direttiva UE per il diritto di autore in rete.
La direttiva promossa dal Parlamento Europeo ha rinnovato quella precedente, ferma al 2001 e contestualizzata quindi in un mondo diverso sotto tutti i punti di vista, soprattutto per quel che concerne l’informazione. In particolare, secondo l’articolo 15, qualunque piattaforma utilizzi parti o estratti di notizie pubblicate su altri siti può farlo solo dopo un accordo economico con gli editori.
News Showcase: il caso francese
Le conseguenze della nuova direttiva si sono viste il mese scorso (21 gennaio 2021) con il primo accordo tra Google Francia e Alliance de la Presse d’Information Générale, comunemente conosciuta con l’acronimo APIG, che raggruppa circa 300 testate francesi. Prima di questo punto d’incontro la società tech aveva preso accordi e avviato trattative con singole testate in Francia, come Le Monde e Le Figaro, ma anche in Germania con il gruppo Spiegel o in Brasile con Diarios Associados.
Il “difficoltoso” ma ufficiale accordo tra le parti segna un punto di non ritorno nel panorama mondiale rispetto alla fruizione dell’informazione online anche se con svariate complicazioni e scenari in costante evoluzione. Google in Francia ha quindi accettato di riconoscere, alle testate rientranti nell’accordo, un corrispettivo economico (la cui cifra resta sconosciuta) per i contenuti online riproposti su Google News Showcase, ovvero rassegna di notizie, il nome del nuovo prodotto del colosso digitale che nel mondo al momento conta circa 450 testate incluse su licenza.
Seppur non sia noto ai più il quantitativo economico coinvolto, che permetterebbe di effettuare svariate analisi rispetto al panorama mediatico, l’evento porta con sé una serie di aspetti positivi e cruciali per la sopravvivenza stessa del giornalismo.
Gli accordi per le notizie online tra speranze e pericoli
All’accordo di Google in Francia fa eco quello di Facebook News, il servizio vetrina del social network, che dopo gli Stati Uniti è approdato in UK a fine gennaio, come riporta il Guardian: anche qui ci sono stati accordi con i più importanti (non tutti) media del Regno Unito.
È bene sottolineare che, come è noto e riporta il Reuters Institute Digital News Report 2020, l’informazione dal 2013 al 2020 è sempre più migrata sull’online e sui social media. In particolare, secondo i dati del sopra citato report, nella sola Germania l’audience che accede all’informazione lo fa per il 39% attraverso i social media, nel 2013 era solo il 18%, e per il 69%, includendo anche i social, attraverso strumenti online.
La carta stampata è in caduta libera al 26%, in Argentina al 30%, negli Usa al 16%, e, ad esempio in UK al 18%. Senza dubbio, quindi, gli accordi sono coerenti con il panorama mediatico, anche a livello internazionale. Di per sé il futuro, seppur incerto, sembra dare il timone della propagazione dell’informazione ai giganti del tech e la firma di certi accordi potrebbe essere la chiave per accontentare tutti, seppur con alcune e doverose considerazioni.
Il corrispettivo che gli editori ricevono o riceveranno deve permettere di migliorare la qualità del giornalismo e coprire le spese. In caso contrario si rischierebbe di instaurare il vituperato e annoso rapporto tra giornali e collaboratori dove i primi danno lustro e i secondi forniscono i contenuti che compongono l’edizione del momento (non più solo del giorno come accadeva quando a primeggiare era la carta stampata pubblicata il giorno seguente) ma permangono nella loro condizione di precarietà.
In quest’ottica i media che forniscono lustro e notorietà, riferendoci al mondo digitale odierno, diventerebbero le vetrine di Facebook e Google mentre i collaboratori i media stessi che agevolerebbero solamente un vortice di interdipendenza senza via di uscita che replica gli errori del passato.
Un’altra considerazione è legata alla possibilità che in questi accordi rientrino anche i giornali locali di piccole realtà ancora foriere di storie, racconti e curiosità che nel grande medium non hanno sempre, per ovvi motivi, il giusto spazio.
Infine, poter abbattere il muro della quantità a favore della qualità e quindi riuscire a controllare le fake news: più accordi (vantaggiosi) Google o Facebook, o chi per loro, stringeranno più, idealmente, le notizie riproposte sulle vetrine tech potrebbero essere validate e verificate al meglio e successivamente proposte al lettore. Se è vero che il futuro del giornalismo è online (per la maggior parte) deve essere anche vero che il lettore deve potersi fidare di ciò che gli viene proposto e ad oggi non è sempre così.
Stop a Google in Australia, casus belli o trattativa?
In Australia, ad esempio, la lotta per l’accordo editori-Google non è completamente risolta e certi scenari finora ipotizzati e palesatisi già in certe geografie potrebbero andare più a rilento. Come riporta un articolo de la BBC, il potenziale accordo tra Google Australia e gli editori potrebbe protrarsi perché c’è un nuovo attore in gioco: ovvero le leggi australiane.
Infatti, il governo vorrebbe che venissero negoziati contratti vincolanti tra i giganti tech, in questo specifico caso Google, e gli editori ma in relazione non solo agli articoli proposti da Google News Showcase ma anche per quelli che compaiono sulla base delle ricerche degli utenti, potenzialmente infiniti considerando la miriade di keywords utilizzate per le ricerche.
Nel frattempo Google ha proseguito con la sua offerta iniziale, accettata come visto in Francia e singolarmente in altri paesi, assoldando diverse emittenti locali australiane ed anche minacciando di lasciare la terra dei canguri se non si dovesse raggiungere un accordo. Gli accordi, dopo continui tira e molla, sembrano comunque destinati ad avverarsi come scrive il Guardian: una delle più importanti Media Company australiane, Seven West Media, ha infatti firmato un milionario contratto con Google il 14 febbraio 2021.
Lo stesso destino, anche se per ora privo di commenti ufficiali, dovrebbe toccare a Facebook News. Il percorso per un’omogeneità d’intenti (e di risultati) su scala mondiale, a prescindere dai rinnovati segnali di comprensione reciproca, è ancora tortuoso e complesso anche se, per ora più sulla carta che nella realtà online, qualcosa si muove. E indietro non si torna.
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non rispecchiano necessariamente quelle di tutto l’EJO
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