L’ebook è arrivato per restare

13 Dicembre 2012 • Digitale • by

Tra tecnologia, incertezze e lettori di domani si è conclusa a Roma la quattro giorni di PiùLibriPiùLiberi. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Editori (AIE) sta nascendo il piccolo editore digitale: a giungo 2012 gli editori con ebook in commercio erano infatti 523 e sono diventati a inizio dicembre quasi il 40% in più (cioè 729).
Oggi gli ebook in Italia coprono circa l’1% del mercato trade e sono letti da circa il 3% degli italiani.

L’Ejo ha parlato del futuro dell’editoria con Giuseppe Marchetti Tricamo, per trent’anni alla guida di Rai Eri, ora docente di “Gestione e marketing delle imprese editoriali” alla Sapienza di Roma e direttore di “Leggere:tutti”.

 Come cambia il mestiere dell’editore al tempo del digitale?

 “Il libro di carta, che sfiora i 560 anni di lusinghiera e onorata carriera si trova oggi a competere con un avversario molto temuto: l’e-book. Da quando Gutenberg nella sua officina di Magonza utilizzò per la prima volta la sua invenzione la tecnologia di stampa è rimasta invariata con qualche piccola innovazione, in realtà furono solo semplificati alcuni passaggi della preparazione e della stampa ma il prodotto libro rimase sempre “quello di prima”. Le nuove tecnologie, internet e web 2.0 hanno, invece, portato, in editoria e nella comunicazione, molti cambiamenti con conseguenze non meno importanti della “rivoluzione di Gutenberg”. Cambiamenti che in un primo momento hanno riguardato: la produzione, la distribuzione e anche il supporto per la fruizione da parte dei lettori, cioè la promozione e il marketing, ma non i contenuti e il linguaggio. Gli editori – coscienti che il percorso della storia dell’editoria è lastricato dei cadaveri di colleghi geniali che anticipavano splendide idee di cui il pubblico non sentiva l’esigenza – si sono mossi con grande cautela. Oggi di fronte alla diffusione dei nuovi supporti elettronici ogni prudenza va messa da parte. L’editoria – tra carta e mutazione digitale – sta saggiando il futuro di se stessa. I mestieri dell’editoria sono tantissimi e ognuno di essi necessita di una specifica preparazione, maggiormente oggi, in presenza di questi mutamenti epocali. Cambiano i contenuti che non vanno più pensati per essere racchiusi nei limiti del supporto del “libro cartaceo”, ma estensibili, cioè funzionali a essere utilizzati su diversi dispositivi di lettura; cambia la forma, perché i contenuti non sono solo da leggere, ma da vedere e da ascoltare e si giunge ad un’ibridazione dei linguaggi; cambia la diffusione, non soltanto attraverso le librerie-negozio, ma tramite librerie on-line indipendenti o gestite da editori. Forse oggi l’editore non si fa più soprattutto col cuore, come in anni lontani (1949) scriveva Arnoldo Mondadori a Salvatore Quasimodo, ma soprattutto con la testa. E gli editori la testa devono assolutamente usarla, devono cogliere le grandi potenzialità di internet, impegnare nuove figure professionali in grado di sfruttare le grandi potenzialità che vengono loro offerte dalle nuove tecnologie. Insomma l’editoria vuol respirare aria nuova”.

Sul rapporto fra e-book e cartaceo, future evoluzioni editoriali, si è scritto molto. Il web trabocca di articoli sull’argomento ma pochi si occupano di come le case editrici si stiano effettivamente comportando in attesa dell’inevitabile.

“L’e-book è arrivato per restare. Se si osserva il mercato del libro negli Stati Uniti si capisce che l’e-book non è un fenomeno transitorio. Gli editori di libri di carta devono incominciare a convincersene. Se gli editori vogliono difendere i libri stampati su carta devono restituirgli l’antico prestigio. Perché loro, gli editori, hanno una responsabilità nei confronti della società in cui vivono, cui devono proporre strumenti utili alla crescita collettiva. Quale che sia il supporto che intendono editare devono “garantire qualità” nei contenuti e nella veste del “prodotto”. Sappiamo che tutti gli editori, grandi, medi e piccoli, stanno mettendo a punto strategie per far fronte al mutare delle abitudini degli italiani: di leggere, di documentarsi, di acquisire informazioni. Gli editori sono coscienti che cambierà pure il mercato, che diventerà internazionale e utilizzerà non soltanto la lingua italiana ma anche altre più diffuse; muterà anche il modo di dare visibilità al libro attraverso i social network. È necessario, però, porsi il quesito sulle ripercussioni che un totale passaggio dalla tecnologia tipografica a quella digitale produrrà/produrrebbe su alcuni anelli della filiera editoriale: editori tradizionali, tipografie e librerie tradizionali”.

Come lo vede il libro tra 10-15 anni? Magari un oggetto da collezione, un’opera d’arte…

“Ecco guardo “nella palla di vetro”… Vedo che nasceranno associazioni clandestine di lettori del libro cartaceo: agli adepti – che si riuniranno nella Biblioteca Angelica di Roma – verrà chiesto di giurare sul primo libro stampato in Italia, a Subiaco, da  Sweynheym e Pannartz il “De oratore” di Cicerone, che è custodito in quella biblioteca; verranno lette ad alta voce pagine del volume “Non pensate di liberarvi dei libri” di Umberto Eco, inebriandosi del profumo di carta ed inchiostro. E parafrasando Vitaliano Brancati dico che tra 10 – 15 anni ciascuna persona avrà sotto il braccio il libro che si merita”.

Come giudica l’attuale quadro normativo in materia di copyright? Insomma, è ancora attuale o andrebbe riformato? Sono ormai molti a premere per l’abolizione di enti come la Siae…

“Il copyright è figlio della storia e della tecnologia in un determinato periodo storico, ritengo pertanto che nell’era digitale si debba immaginare un copyright più flessibile non avulso dai processi culturali, sociali, economici che hanno caratterizzato gli ultimi anni nell’ambito dell’editoria, della comunicazione, di internet”.

Nel mondo degli eBook si sono affermati venditori elettronici e dispositivi di lettura come Amazon e i suoi kindle. Tuttavia, spesso le condizioni d’uso di questi colossi espongono a situazioni paradossali, con l’azienda che decide di togliere dal suo archivio alcuni volumi e gli utenti che, dopo averli comprati, non li trovano più nei loro device. Insomma, oltre al diritto d’autore c’è da rivedere anche il diritto di proprietà nell’era digitale?

È successo ma non dovrebbe succedere. Non si può gestire un mezzo altamente democratico con comportamenti che vanno nella direzione opposta e che risultano incompatibili con la democrazia e la libertà. Se internet ha reso più facile la diffusione ampliando l’utenza di un prodotto culturale ha anche allargato lo spazio dove andare a “rovistare” per acquisire contenuti. Oggi, si è creato un flusso di idee, di prodotti, di servizi dai quali selezionare gli elementi più interessanti da rilanciare su propri canali locali o globali. Ma se continuerà ad esistere una frattura tra i fautori della proprietà intellettuale in senso restrittivo e i sostenitori della creatività libera non sarà possibile registrare progressi significativi sia per i modelli di business sia per una più ampia circolazione dei saperi”.

Secondo il 46esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2012, oggi meno di un italiano su due (il 49,7% della popolazione) legge almeno un libro all’anno, con un calo rispetto all’anno precedente per la prima volta molto netto: – 6,5%. Non era mai successo prima di scendere sotto la soglia del 50%. Oltre all’avvento del digitale, bisogna fare i conti anche con il calo dei lettori, come reagisce la piccola e media editoria? Come si sopravvive?

“Parigi è l’unica città al mondo dove anche i mendicanti leggono. Ho visto un mendicante raggomitolato in un cartone, appoggiato al muro e con le gambe avvolte in una coperta; aveva i capelli lunghi e grigi, una folta barba grigia, un’età indefinita e stava leggendo un libro dalla copertina sudicia…” E’ un episodio eccezionale raccontato, qualche anno fa, dallo scrittore spagnolo Javier Cercas in un articolo sul “Corriere della sera”.

Noi conosciamo la situazione italiana che è quella che descrive lei. E c’è, infatti, molto da fare affinché l’Italia si allinei agli altri paesi dell’Europa, dove al libro viene riservata la giusta considerazione.

In presenza di un trend di vendite negativo i medi e piccoli editori non devono aspettare che sia una legge a risolvere i loro problemi, devono continuare a caratterizzare la loro presenza sul mercato con la qualità dei loro progetti editoriali. Loro, i medi e i piccoli editori, sono una ventata di freschezza in un ambiente saturo di aria viziata. Potrebbero poi mettere a reddito le loro rispettive competenze consorziandosi, associandosi, creando dei servizi in pool (stampa,  marketing, promozione, librerie…).

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