Renzi è il primo ministro italiano che applica le regole dello spin e dunque della manipolazione mediatica. La sua loquacità è spontanea ma l’uso degli slogan, la costruzione delle frasi a effetto, il richiamo ai luoghi comuni e non da ultimo la conoscenza dei tempi dei media sono chiaramente il frutto di un approccio professionale, agli italiani sconosciuto.
Qualcuno dirà: ma Berlusconi… Vero, Berlusconi è uno straordinario comunicatore che però non si è mai fatto guidare da altri. Quando era al governo faceva sempre di testa sua, lasciandosi ispirare solo dal suo fiuto. Il suo portavoce Bonaiuti aveva il non facile compito di assecondarlo e di cercare di rimediare alle gaffe o alle uscite inopportune, tipiche di chi comunica di istinto senza programmare troppo. Il portavoce di Renzi, invece, è Filippo Sensi, uno spin doctor professionista che si è formato nel mondo anglosassone, il quale, peraltro, come molti spin doctor, è un ex giornalista.
Lui e Renzi non lasciano nulla al caso: calibrano tutto, salvaguardando l’apparenza di una comunicazione semplice e accessibile, che invece è il frutto di un attento calcolo. Se le cose vanno bene, il ruolo dello spin doctor è relativo: quando aveva il vento in poppa, Matteo (come già Berlusconi), avrebbe potuto fare tutto da solo. Lo spin doctor diventa invece decisivo quando si tratta di gestire la comunicazione di un governo, i cui ritmi sono asfissianti, e soprattutto quando bisogna affrontare difficoltà impreviste.
Da quando è scoppiato lo scandalo della Banca Etruria, ad esempio, il premier e Sensi applicano chiaramente tecniche di spin difensivo, che ho evocato nel mio saggio Gli stregoni della notizia.
Sottoposti a un attacco o di fronte a uno scandalo, bisogna cercare di:
a) Negare
b) Se non è possibile negare, minimizzare
c) Se non è possibile minimizzare, screditare
d) Se non è possibile screditare, distrarre.
Ora, pensate a come si è comportato il governo Renzi nell’ultimo mese e troverete pieno riscontro alla mia analisi. Il premier dapprima ha cercato di far finta di nulla, poi di minimizzare l’accaduto, poi di trovare un capro espiatorio, ma quando è esplosa la “bomba Boschi”, che ha vanificato ogni manovra, è stato costretto a ricorrere all’arma suprema: la distrazione.
Un paio di settimane fa il premier ha bloccato il rinnovo automatico delle sanzioni europee alla Russia. Non sapevamo le ragioni della svolta che, nonostante alla fine non sia stata accolta dal Consiglio europeo, era autentica. Oggi possiamo intuirle: servivano anche – anzi, soprattutto – a distrarre gli italiani, a far apparire Renzi come l’unico leader che ha il coraggio di parlare contro una sempre più impopolare Europa.
Lo stesso è accaduto pochi giorni fa. Quando ho letto sui giornali italiani titoli straordinariamente retorici del tipo: “Renzi contro la Merkel “, “La sfida è tra Germania e Italia”, non mi è stato difficile leggere la trama, tecnicamente perfetta: intervista al Financial Times, subito ripresa dai media italiani, da sempre molto sensibili alle pressioni non sempre amichevoli di Sensi, grande emozione in patria, seguita da una molto meno reclamizzata precisazione diplomatica a una Germania tutt’altro che turbata, ben conoscendo l’italico premier, il quale è tanto spavaldo in patria, quanto timido e ininfluente sulla scena internazionale. Insomma, una tempesta in un bicchiere d’acqua a fini puramente mediatici.
L’obiettivo principale a cui mirava il tandem Renzi-Sensi, però, è stato raggiunto: per qualche giorno lo scandalo bancario è stato scalzato dai titoli di testa. Oggi è il 23 dicembre, domani la Vigilia, poi finalmente è il 25 dicembre. E l’Italia si ferma. Anche Gesù Bambino e Babbo Natale, loro malgrado, aiutano a distrarre; dunque a prender tempo. Ha anche fortuna, il “bomba”.
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