Uno dei primi settori ad essere colpito dalla profonda crisi economica dei giornali è stato quello delle pagine internazionali e dei reportage dall’estero. I giornali decisero di puntare di più sulle notizie locali, eliminarono gli uffici all’estero e tagliarono i corrispondenti con la motivazione che le stesse informazioni i lettori potevano trovarle in Rete. Oggi lo stesso accade alla cultura. Per lungo tempo fiore all’occhiello dei quotidiani, centro del dibattito culturale e politico della società civile, le pagine culturali, dopo avere vissuto un ventennio d’oro tra gli anni 80’ e i primi del duemila, sono cadute vittima di un processo di modernizzazione e di ristrutturazione della stampa. Un processo che pian piano ha sostituito quello che da sempre era il cuore dela sezione culturale e dunque la critica (teatrale, cinematografica, letteraria e artistica) e le recensioni, con pagine più generaliste e meno specializzate. Secondo Margaret McGurk, un tempo critica cinematografica per il Cincinnati Enquirer, oggi giornalista freelance, negli Stati Uniti il numero dei critici impiegati nei quotidiani non raggiunge neanche la metà di quello di qualche anno fa.
Le ragioni di questa tendenza le ha spiegate bene Michael Kaiser Presidente del John F. Kennedy Center for the Performing Arts: sempre meno persone leggono le notizie sui media cartacei; molti quotidiani sono convinti che la critica e le recensioni non siano più di interesse per i lettori, persino sul New York Times nella sezione dedicata alle Arti e alla Cultura un tempo ricca di critiche e recensioni, oggi si parla prevalentemente di tv, film e musica pop; e poi la grande influenza dei blog, dei siti dedicati alla cultura, all’arte, al teatro o quelli istituzionali che creano nuovi spazi del sapere e del confronto e fanno concorrenza in particolare ai quotidiani locali.
Come aveva previsto Thomas Steinfeld, direttore delle pagine culturali della Süddeutsche Zeitung, nel 2004, il giornalismo culturale sta affondando con l’intera nave. Accettare che i giornali riducano all’osso le redazioni culturali, sostituendo giornalisti preparati e specializzati con giornalisti generalisti. fa pensare che si è superato un punto di non ritorno. C’è chi crede che non si tratti di un momento passeggero e che i giornali in futuro non saranno mai più in grado di sostenere economicamente un giornalismo culturale di qualità e di spessore.
E di questo parere anche il giornalista svedese Lars Lönnroth docente di letteratura a Berkeley, Aalborg e Göteborg, direttore dal 1991 al 1993 della sezione culturale del quotidiano svedese Svenska Dagbladet. Nella dismissione dei critici a favore dei giornalisti generalisti egli vede l’epilogo di quella che definisce una “Lotta di classe” tra due categorie di giornalisti della carta stampata. In un suo recente articolo su Axess “La cultura è diventata un lusso” (tradotto e pubblicato da presseurop) spiega come il terzo maggiore quotidiano svedese abbia deciso di operare tagli drastici alla cultura e al personale proprio come da tempo accade negli Stati Uniti.
Lui ed altri collaboratori del quotidiano Svenska Dagbladet, in una lettera firmata dal nuovo responsabile delle pagine culturali Martin Jönsson e dalla nuova responsabile della pagina letteraria Lina Kalmteg, sono stati informati che è giunta l’alba di una nuova era e il quotidiano in futuro farà a meno delle loro critiche letterarie e di un numero eccessivo di giornalisti freelance. In altre parole la direzione del giornale punta a fare economia, rivedere al ribasso il budget dedicato alla critica letteraria e dare invece più spazio a “costume e società” e ad altri contenuti più leggeri. Lo stesso è accaduto ad alcuni giornalisti degli altri due più grandi quotidiani svedesi il Dagens Nyheter, e il Göteborgs-Posten.
Resta da chiedersi se nel lungo termine questa sia la soluzione giusta per la sopravvivenza dei quotidiani e se l’abbassamento del livello qualitativo dei contenuti offerti non determini la perdita di quei lettori colti ed istruiti che finora ha costituito un pubblico fedele mentre la maggior parte dei giovani abbandonerà del tutto i giornali cartacei per cercare informazioni solo sul web e i critici lasciati a casa apriranno un blog o un sito raggiungendo comunque i propri lettori. In Germania mentre i giornali locali tagliano sempre di più i loro contributi culturali, e anche settimanali come Die Zeit e der Spiegel si occupano sempre meno di critica, in rete ogni giorno nascono nuovi portali online che operano come dei quotidiani e dei settimanali.
Se è vero, come scrive Thomas Steinfeld, che ci sono dibattiti che possono avere luogo soltanto all’interno di un quotidiano, e alcuni di essi sono essenziali allo sviluppo della società e legati alle pagine culturali, perchè sacrificarli in nome dell’intrattenimento, del taglio dei costi e del coinvolgimento di un pubblico più giovane? Che cosa rimane al quotidiano di oggi se rinuncia ad essere il centro del dibattito culturale e politico della società civile? Se rinuncia all’autorevolezza e alla credibilità della critica giornalistica? Che se ne voglia dire, i lettori e i cittadini avranno sempre e comunque il bisogno, la curiosità, la voglia di sapere che cosa si nasconde dietro ad un libro ed al suo autore, se vale la pena andare a vedere uno spettacolo a teatro o quale significato si nasconde dietro ad una mostra e alle opere che espone. E non da un giornalista qualsiasi ma da chi è competente e preparato. Proprio da qui dovrebbero ripartire i giornali, dal costruire un nuovo rapporto con il lettore, invitandolo all’approfondimento più che all’evasione, a non propinargli romanzi che durano due mesi e subito scompaiono, ma appena pubblicati tutti bravi a gridarne le qualità. Dovrebbero tornare a stupirlo, fargli sentire che anche il suo parere conta, tornando a costruire un rapporto di fiducia e di stima reciproca tra chi scrive e chi legge. Che questo poi accada sulla carta o sul web poco importa.
*Pubblicato sul Corriere del Ticino il 04.02.2013
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