Autunno rigido per la stampa italiana

7 Ottobre 2011 • Editoria • by

Un giugno non male, ma con l’incubo della crisi economica e del calo della pubblicità per il freddo inverno che sta arrivando.

Questi sono in sintesi i risultati dei dati di giugno di ADS http://www.adsnotizie.it/ che certifica i dati di diffusione e di tiratura della stampa quotidiana e periodica italiana. Il panel dei 65 quotidiani verificati da ADS ha perso in un anno dal giugno 2010 il 4,03% come diffusione e il 3,46% come venduto. Un dato quasi fisiologico della perdita di appeal dei quotidiani cartacei italiani.

I singoli quotidiani hanno avuto risultati diversi. Tra i big il Corriere della Sera (-1,5% venduto) e la Repubblica (-4,6%) hanno relativamente retto. Il Sole 24 Ore ha perso un 6,6%, La Stampa ha lasciato in un anno il 4,9% come vendite e il 5,3% come diffusione. Ottima la performance di Libero che è l’unico che può vantare un dato decisamente positivo (+15,1%). La maglia nera va invece a L’Unità che ha perso un pesante 15,2% rispetto all’anno precedente nel periodo dell’abbandono della direzione da parte di Concita De Gregorio. I dati non sono buoni neppure per i quotidiani sportivi perché perdono decisamente con il Corriere dello Sport Stadio a -9,5 di venduto e la stessa Gazzetta dello Sport a -6,9%.

Se però analizziamo le differenze a quattro anni dal 2008 al 2011 il quadro diventa pesante. In questo periodo il totale dei quotidiani di ADS ha perso il 22% come diffusione e il 16% come venduto. In pratica i giornali sono stati letti da un po’ di più dei tre quarti dei loro lettori originari.

La tabella 1 e la tabella 2 riportano le elaborazioni dei dati ADS per i quotidiani con più di 100 mila lettori. Dal 2008 al 2011 il Corriere della Sera e la Repubblica hanno perso più di 160 mila lettori ciascuno. Se analizziamo invece i giornali venduti la Repubblica ha perso 150 mila copie, il Corriere della Sera “solo” 70 mila copie. Ma la situazione è complessa anche per molti altri come il caso del Corriere dello SportStadio che perde il 34% in diffusione e il 22,9 % come venduto. Il Sole 24 Ore ha perso in 4 anni 70 mila copie con un pesante -34,4%.

I Quotidiani nazionali con dimensione anche locale si stanno salvando meglio come nel caso di Stampa e Messaggero che limitano le perdite del venduto intorno all 11-12%, anche se Stampa ha perso decisamente nell’ultimo anno.

Un altro dato interessante è valutare come si è modificato il rapporto fra diffuso e venduto nel corso degli anni (tabella 3). Per molti quotidiani il rapporto si è mantenuto invariato nel corso del periodo 2008-2011. Il Corriere della Sera ha accresciuto il rapporto negli ultimi anni probabilmente limitando la diffusione di omaggi e simili. Fra i quotidiani maggiori La Stampa ha il rapporto più basso segno di una promozione della diffusione spinta al di fuori della normale vendita. Il caso del Sole 24 Ore è poi completamente atipico con un rapporto diffuso/venduto sotto il 60%, molto basso rispetto agli altri, dovuto alla forte diffusione delle copie in abbonamento del maggiore giornale economico italiano.

Facendo una proiezione dell’evoluzione dei parametri per i prossimi anni, mantenendo nella simulazione costanti fino al 2020 i tassi di crescita, meglio decrescita, degli anni 2008-2011, la situazione comincia a tendere alla crisi più nera. Buona parte dei quotidiani vedono dimezzarsi diffusione e venduto.

Non siamo ancora all’ultima copia del New York Times profetizzata da Philip Meyer, ma alla drammatica difficoltà di aziende editoriali che dovranno tagliare costi e che faticheranno a stare in piedi con i piani industriali tradizionali, sperando che nel frattempo la conversione al digitale dia buoni frutti.

Il mercato della pubblicità non aiuta ad essere più confidenti nel futuro. I dati dell Osservatorio stampa Fcp http://www.fcponline.it/ sugli investimenti pubblicitari per il mese di agosto descrivono un calo rispetto all’anno precedente del -5,9% come fatturato e un +3,2% come spazio venduto, che vuol dire che i giornali inseriscono sempre maggiori superfici pubblicitarie, facendole però pagare mediamente di meno.

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