Giornalismo militante o giornalismo indipendente?

27 Aprile 2011 • Etica e Qualità • by

Che delusione il giornalismo italiano. Esiste una qualche forma di indipendenza di pensiero? Sembrerebbe proprio di no. Quanto meno se si ascoltano i volti più noti, quelli delle prestigiose firme della carta stampata che si avvicendano negli inconcludenti raduni televisivi promossi dai talk show di prima serata.

Giornalisti e politici a confronto. Dovrebbe essere chiaro distinguere gli uni dagli altri. E invece si fa sempre più fatica a capire chi esercita l’una o l’altra professione. Ci sono giornalisti politici e politici giornalisti. Intercambiabili.

Negli ultimi anni si è sempre più accentuata la polarizzazione tra destra e sinistra e, di riflesso, la contrapposizione tra stampa di opposizione e  stampa di governo. Esistono linee editoriali che corrispondono a logiche di partito. Eppure si vorrebbe che la partecipazione di un giornalista introducesse elementi di riflessione non allineati. Non può esistere una realtà in bianco e nero. La ragione, le ragioni, non appartengono di diritto a uno schieramento culturale politico predefinito.

Esiste un conformismo preoccupante che non lascia spazio alla creazione di opinioni libere da condizionamenti di partito. Il dibattito è appiattito su assunti precostituiti. Ma la politica è politica e il giornalismo è giornalismo. Si dovrebbe restituire dignità all’una e all’altra categoria.

Nulla di diverso accade sulla carta stampata, dove spesso non si presentano le notizie dalle quali il lettore possa crearsi una sua opinione. Esiste la notizia-opinione, dove un certo evento viene confezionato per essere metabolizzato acriticamente così da creare consenso attorno all’uno o all’altro schieramento.

Le notizie che non fanno notizia, quelle che non necessariamente innescano un senso di appartenenza ideologica, ma creano i presupposti affinché si possa dubitare sull’operato dei nostri politici, chiunque essi siano, sono sempre più rare.

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