Corriere del Ticino, 25.08.2008
La crisi iniziata in Danimarca nel 2005 fa ancora vittime – Come valutarla?
È dello scorso giugno la notizia di un altro attentato ad un’ambasciata danese in Pakistan, ad Islamabad. Bilancio: 8 morti e 20 feriti. Si tratta dell’ennesimo atto di violenza per punire «l’infedele Stato della Danimarca», come rivendicato da al Qaida, «per le vignette insultanti contro il profeta Maometto».
«La pubblicazione delle vignette faceva parte di un dibattito tutto danese sul tema dell’auto-censura nei media. Nel testo che accompagnava le caricature il giornalista affermava che i danesi non osavano ormai più confrontarsi apertamente con gli immigrati musulmani presenti in Danimarca, citando il caso di uno scrittore che non era riuscito a trovare in tutto il paese un illustratore disposto a collaborare ad un suo libro sull’ Islam. La pubblicazione delle vignette va quindi inserita nel contesto di una discussione politica legata alla situazione danese».
Vi sareste aspettati reazioni tanto violente?
«Quando il 30 settembre del 2005 il giornale pubblicò le caricature nessuno era in grado di prevedere le forti reazioni del mondo islamico. Ci vollero diversi mesi prima che il mondo musulmano reagisse e nel mentre il governo danese (compreso il primo ministro Anders Fogh Rasmussen) sottovalutò la questione rifiutando di incontrare gli ambasciatori dei paesi musulmani per discutere il caso. La ragione era in qualche modo di principio: il governo non poteva e non voleva controllare la stampa danese».
«Credo che Rasmussen avrebbe dovuto trovare il tempo per incontrare gli ambasciatori, cosa che peraltro fece quando il caso scoppiò in tutta la sua portata. Va detto che le proteste e i boicottaggi furono basati su una documentazione manipolata fornita da personaggi di spicco del mondo islamico danese, che la divulgarono ai governi e alle organizzazioni musulmane gettando così benzina sul fuoco. Questo portò alla richiesta di alcuni esponenti del mondo musulmano di un rispetto assoluto per Allah e per il profeta Maometto, pretesa che venne portata anche alle Nazioni Unite e in altre organizzazioni internazionali»
«Credo che i musulmani danesi dovrebbero accettare lo stesso tipo di humor e satira che accettano i cristiani in Danimarca. Non accetterò mai di accordare uno speciale rispetto per determinate figure religiose: qui la libertà di stampa e di espressione sono molto importanti. Credo inoltre che tutti debbano essere rispettati in quanto cittadini, non per la loro appartenenza a gruppi che godono di diritti particolari. Alcuni musulmani, secondo me, così facendo mettono in discussione centinaia di anni di illuminismo europeo e io non sono pronto a tornare al Medioevo. Credo però che sia nostro dovere essere presenti ad ogni incontro, mostrarci aperti alle discussioni e spiegare il nostro punto di vista. Ma non dobbiamo cedere. Boicottaggi o no».
La sua è un’opinione condivisa nel suo Paese?
«La comunità giornalistica è divisa, il caso delle vignette ha radicalizzato le opinioni di ognuno di noi sul significato e l’importanza della libertà di stampa: l’effetto è che oggigiorno ogni giornalista danese è più consapevole sulle implicazioni di questo diritto costituzionale rispetto al passato. Questo vale sia per coloro che appoggiano la pubblicazione, sia per i più critici».
«Sì: l’indagine è ancora in corso, ma sembra che un piccolo gruppo di musulmani progettasse di
Tutti devono essere rispettati in quanto cittadini, non per la loro appartenenza a gruppi che godono di diritti particolari
assassinare uno dei caricaturisti. Ogni giornalista dovrebbe battersi per la libertà di stampa quando individui o organizzazioni cercano di uccidere giornalisti o vignettisti con i quali sono in disaccordo».
Questo caso ha aggravato la frattura tra cristiani e musulmani?
PARLA IL TURCO YAVUZ BAYDAR
«Iniziò tutto con uno scrittore di libri per bambini danese che voleva pubblicare un libro su Maometto e sull’ Islam. Con stupore venne a sapere che ogni illustrazione del profeta era proibita, cosa che peraltro non è del tutto vera. Ne parlò con la redazione culturale del giornale JyllandsPosten, che denunciò il caso all’opinione pubblica danese sottolineando esclusivamente l’aspetto della limitazione della libertà di espressione. Il giornale decise così di commissionare le famose vignette, con lo scopo di sfidare quella che considerava l’intolleranza dell’ Islam».
«Le caricature – alcune delle quali illustravano Maometto come terrorista e pazzo – hanno creato scalpore sia in Occidente, sia nei paesi musulmani. Nel corso del dibattito, alimentato da frange estremiste, furono organizzate marce di protesta e scoppiò la violenza. Alcuni giornalisti del mondo arabo che ripubblicarono le vignette furono arrestati e condannati. I dittatori e i regimi più autoritari trovarono così nuovi pretesti per mettere pressione su quella che vedevano come una stampa dissidente e pericolosa. Allo stesso modo in cui la tensione contribuì a rafforzare i pregiudizi tra cristiani e musulmani, gli estremisti trovarono terreno fertile per divulgare il proprio odio verso l’altro».
«Siccome credo fortemente nella libertà di espressione, non ho obiezioni di base su alcun tipo di forma di dissenso. Ma mi trovo spesso a chiedermi se nella situazione specifica io avrei deciso di difendere questo atto stupido, travestito da esercizio di libertà di espressione».
Atto stupido?
«Sì, credo che la decisione di pubblicare le vignette sia stato un tentativo grossolano di eroismo il cui unico risultato è stato danneggiare i sentimenti della gente senza necessità, alimentando inutilmente l’ostilità. Questa forte aderenza ai principi morali ha fuorviato anche personaggi di spicco nella selezione di cosa valga la pena di proteggere con il diritto alla libertà di espressione».
«A diversi livelli: si è sviluppata una catena di stupidità. Innanzitutto lo scrittore del libro per bambini avrebbe potuto facilmente trovare, se non avesse agito superficialmente, più di 1500 raffigurazioni di Maometto, eseguite principalmente da disegnatori e pittori musulmani. Queste sono disponibili anche nei paesi musulmani più radicali. L’autore avrebbe dovuto usare queste raffigurazioni, spiegando allo stesso tempo ai bambini che nel mondo musulmano si tende a non voler mostrare il viso di Maometto. Questo può sembrare irrazionale a persone di altre religioni, ma non lo è più di quanto non lo sia, per esempio, il fatto che gli induisti non mangiano carne di mucca. Ovviamente tutto questo processo di approfondimento non è stato fatto. C’è poi stato il giornalista, che ha deciso di sfidare l’intolleranza dei musulmani senza approfondire a sufficienza, sottovalutando gli aspetti irrazionali del credo religioso e finendo nella trappola dell’arroganza culturale ».
«Non nel caso specifico: è ciò che ha distinto, in senso negativo, la stampa danese dalla maggior parte del mondo, compresi i loro vicini. Il loro processo decisionale è stato dominato dalla rigidità di giudizio, da un duro modo di vedere il mondo, guidato dall’illusione di una sorta di superiorità. Hanno ignorato che la maggior parte dei sistemi dei valori sono basati anche su elementi di irrazionalità. E non si può sfidare il dominio irrazionale delle credenze con elementi razionali e secolari, nella speranza di superarli. Il ragionamento danese non tiene in considerazione il fatto che ogni religione monoteistica ha il proprio ciclo di evoluzione, che deve però aver luogo al suo interno. È sbagliato imporre le proprie norme. Questo è, in breve, ciò che secondo me costituisce la stupidità della decisione danese. Ed è anche la ragione per la quale – c redo – l a stampa anglosassone che si basa su una tradizione di evoluzionismo e multiculturalismo, ha evitato di unirsi all’iniziativa danese».